Live report di Antonio Asquino
La serata è caldissima e lo spazio chiuso pieno di gente non aiuta a godersi pienamente il live ma per i Tre allegri ragazzi morti si fa questo ed altro anche se, in realtà, a differenza di altre volte che li ho visti dal vivo non sono riuscito a lasciarmi andare e se durante un concerto non ti senti coinvolto e rifletti troppo, non è mai un buon segno.
La musica sul palco comincia con Gli Angeli Che Si Divertono, progetto del chitarrista Luca Cartolano, accompagnato sul palco da Simone Olivieri al synth e alle percussioni. I cinque brani suonati dai due faranno parte di un lavoro in uscita ad ottobre e tra psichedelia, sperimentazione, folk da camera (o cameretta) il set procede morbido e affascinante malgrado qualche ripetitività che però non intacca il valore assoluto del progetto, Aspetto di riascoltarli sulla lunga distanza per avere un’idea più approfondita male prospettive mi sembrano buone.
Veniamo ai Tre Allegri Ragazzi Morti, loro sono uno di quei gruppi che ho sempre apprezzato, al di là degli aspetti meramente tecnici, per la loro indubbia capacità di creare e mettere in musica un immaginario unico, ben preciso e delinearlo con i suoni giusti, i ritmi adeguati e le parole appropriate. Una perfetta eterna adolescenza insomma, purtroppo la “svolta” dub di pochi anni fa li ha privati della freschezza, ha notevolmente rimpicciolito la vastità di questo universo e dal vivo si vede (lo dice uno che li ha visti parecchie volte e li ascolta fin dal disco d’esordio).
I live dei TARM fino al tour de La Seconda Rivoluzione Sessuale erano esplosioni di punk, beat e pop’n’roll di altissimo livello, erano messe in scena di rituali perfetti come solo pochi gruppi rock hanno saputo fare senza risultare artefatti e stucchevoli: ti ci riconoscevi e ti emozionavi, ora è sopraggiunto tanto mestiere (anche troppo) e la fissazione di cimentarsi con un genere che di esplosivo non ha nulla per sue stesse caratteristiche intrinseche e in cui il gruppo non mi sembra a proprio agio.
Intendiamoci, la band è affiatata e svolge bene il suo compito ma la sensazione è quella di trovarsi di fronte a degli attori che stanno recitando un ruolo che li ha snaturati. Non è un caso infatti che i momenti migliori del live siano quelli in cui il trio (ormai diventato quartetto con l’aggiunta di Andrea Maglia alla chitarra) rispolvera i vecchi pezzi come Il Mondo Prima, Occhi Bassi o Francesca Ha Gli Anni Che Ha e le reazioni del pubblico non lasciano addito a fraintendimenti, il problema è che dopo una sequela di pezzi dub banalmente carini ma statici e innocui anche i brani vecchi sembrano venire suonati tanto per dare il contentino ai vecchi fan mentre quelli nuovi scimmiottano passi reggae e braccia alzate in perfetto stile da dancehall, cose che ad un live di quello che è (è stato?) un signor gruppo rock’n’roll non vorremmo mai vedere.