Live report di Nadia Merlo Fiorillo
Che sia lei la pasionaria del rock nessuno si azzarda a negarlo, come nessuno può negarle quella “punk poet queen” con cui il Guardian l’ha definita. Ma a 66 anni Patti Smith è più icona di uno sciamano maudit o di una poetessa americana cresciuta a suon di pop art warholiana, Rolling Stones e Maria Callas. A 66 anni Patti Smith è più icona di se stessa.
Mancava da Napoli da 10 anni, esattamente dall’edizione 2003 del Neapolis Festival che la vide duettare con i REM, se si esclude la sua partecipazione solo un anno fa alla sedicesima edizione del Neapolis, trasferita però a Giffoni Valle Piana. Si dice sia stata lei a chiedere di tornare a Napoli già quest’anno, perché intimamente colpita dall’incendio che nel marzo scorso ha distrutto Città della Scienza.
Così, dopo un inizio spudoratamente ed energicamente rock del suo live, che di fronte a quasi duemila persone ha visto succedersi Ask The Angels, April Fool e Redondo Beach, la sacerdotessa del rock dedica a Napoli e a Bagnoli poche ma incisive parole:
Condividiamo con voi, con ciascuno di voi, il dolore per aver perso Città della Scienza. Ma noi la ricostruiremo. Sì, la ricostruiremo. Perché i nostri ragazzi hanno bisogno di arte, cultura, matematica e scienza.
Perché oltre alla sua vicinanza a Ginsberg, Borroughs e Rimbaud, sono l’impegno sociale e la pertecipazione politica ad aver reso Patti Smith una rocker di culto per almeno due generazioni di fan, quegli stessi fan che rispondono in preda ad una vera e propria estasi corale a My Blakean Year e a Summertime Blues, accompagnando quasi in una unio mystica quest’artista dal carisma magnetico e selvaticamente ieratico, che rapisce chiunque sia lì ad ascoltarla.
È l’entusiasmo a connotare il mood di questo live esuberante, un entusiasmo che avvolge ognuno quando, sulle note di un medley suonato e cantato dai suoi musicisti, la Smith decide di scendere tra il suo pubblico per abbracciarlo e per stringere la mano a chi s’è conquistato le prime file: in una ressa emotiva che quasi impressiona chi vi partecipa a distanza si misura tutta la vis suggestiva di un’artista che sa catalizzare in un’orgia di fascinazione collettiva chi la ama da tempo, ma anche chi per la prima volta la vede esibirsi on stage.
Lei sa bene come muovere l’esaltazione, come trascinare in un urlo ipnotico le aspettative, che sia in una ballata o nella fin troppo nota, ma attesa Because The Night, riuscendo a scatenare una partecipazione delirantemente gioiosa chi la segue cantando. È così che incontri Linda, una settantenne di Cleveland trasferitasi da anni a Napoli, che in piedi su un improbabile cubo segue il ritmo del pezzo e ne accenna il coro. E che, alla domanda “perché Lei è qui?”, non può che rispondere “perché questa è storia del rock, del mio rock.”
Io me ne torno a sedere sul punto più basso di una struttura tubolare, di quelle che circondano un palchetto posto su uno dei lati del palco e lì capisco, sul finale affidato a People Have The Power, che ogni rivoluzione è prima di tutto uno stato d’animo.
E Patti Smith lo ha sempre saputo.
Foto di Riccardo Piccirillo