Recensione di Skanderbeg
Quali pensieri potrebbero stravolgere il nostro karma mentre, affacciati al balcone, infuria un uragano? Onestamente in questo momento non sappiamo cosa rispondere, però potremmo girare il quesito all’ex cantante e chitarrista dei Sonic Youth Lee Ranaldo, che accompagnato dai The Dust, ha da poco realizzato il suo nuovo album Last Night on Earth.
Decimo album solista del chitarrista e cantante “nuiorchese”, Last night on Earth è un album pretenzioso e a tratti affascinante. Seguito intimista e introspettivo del precedente Between the times and the tides uscito nel 2012, l’ultimo e complesso album di Ranaldo riporta fedelmente le sensazioni ed i tormenti dell’ormai “ex ragazzo” cresciuto nell’underground della Big Apple.
Le tematiche care a Ranaldo si sviluppano così in tutta la loro virulenza e armoniosità, le due facce si contrappongo e si uniscono rendendo questo lavoro sperimental-melanconico piacevole all’orecchio ma un filino troppo esasperato. La traccia d’apertura Lecce, leaving ci riporta alle assolate spiagge pugliesi che Ranaldo ha visitato durante la scorse estate. Un pezzo delicato e allegro, in controtendenza rispetto agli brani, dove si alternano sonorità acustiche a riff decisamente fuzzy.
Home Chds è l’unica traccia in cui il virtuoso della “spin guitar”, affronta l’argomento politico condiviso durante le battaglie di Occupy Wall Street. “Every time I wait for a revolution to come” è il verso che apre questo pezzo ma che sul finale viene offuscato da una sentenza piuttosto decisa: “every night I think it’s here and then it’s gone”.
La title track è uno dei pezzi sicuramente più riusciti dell’album. Una struttura pop e orecchiabile che ricorda molto, moltissimo i REM. Il testo è influenzato dall’esperienza di Ranaldo nella sua New York durante l’uragano Sandy che per una settimana ha costretto l’artista a un ritiro forzato dentro casa. Episodio determinante anche per la composizione di By the window e soprattutto Blackt out, pezzo in cui è fortissimo l’eco dei Grateful Dead e dei Doors.
Ambulancer, invece, evidenzia lo slancio riflessivo di quest’album ed è un tributo alla più nota Ambulance Blues di Neil Young. Lee Ranaldo and The Dust vantano sicuramente un curriculum da mozzare il fiato: Steve Shelley (ex Sonic Youth) alla batteria, Alan Licht alla seconda chitarra e Tim Lüntze al basso garantiscono un risultato eccellente, un ritmo controllato e armonioso con tratti di pazzia. Davvero notevoli le linee di basso di Lüntze che si diverte a stare dietro a due chitarristi così istrionici; Shelley accompagna tutto con la consueta veemenza. I continui controtempo, però, sono un po’ ridondanti e a volte pletorici.
L’ascolto dell’album prolungato nell’arco di 2/3 giorni e su sopporti differenti ci fa apprezzare il mixing e il sound. Last night on Earth è un buon prodotto di alt, post, indie, insomma è un disco che incamera dentro di sé le tendenze rock degli ultimi anni e una serie di particolarità ereditate dalla ottima post-produzione. La lunghezza – a volte ingiustificata – di alcune tracce e qualche “licenza” musicale di troppo non ci permettono, però, di inserire Last night on Earth tra i migliori prodotti degli ultimi anni.
LAST NIGHT ON EARTH – LEE RANALDO & THE DUST
(Matador, 2013)
- Lecce, leaving
- Key/Hole
- Home Chds
- The rising tide
- Last night on Earth
- By the window
- Late descent
- Ambulancer
- Blackt out
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