Recensione di Eleonora Montesanti
War Tales è molte cose.
War Tales è l’apertura del mantovano Luca Righi, in arte ThreeLakes, all’accompagnamento dei Flatland Eagles, agglomerato musicale generatosi appositamente per l’occasione, formato da Andrea Sologni (produttore di questo album e membro dei Gazebo Penguins) al wurlitzer, Raffaele Marchetti alla batteria, Lorenzo Cattalani alla chitarra elettrica e Paolo Polacchini al basso.
War Tales è un salto verso una direzione artistica ben precisa. War Tales è un inizio che sancisce il passaggio da una dimensione puramente acustica ad una più arricchita e coesa. È un insolito esperimento di folk-rock, genere decisamente poco tradizionale nel nostro Paese, le cui sonorità profumano di internazionalità estemporanea. È un viaggio intimistico in un’epoca storica a noi apparentemente lontana, quella della guerra, che ci accompagna nella scoperta di tutte le sfumature che soltanto i racconti di un nonno scappato dai tedeschi con la sua fisarmonica in spalla possono svelare.
Il brano che apre l’album, Wild water, racchiude già in sé tutti i propositi raccolti nelle dieci tracce: pulsioni elettriche che si alternano armonicamente ad accordi scarni e pacati. In questa canzone si parte per un viaggio, nella speranza che, durante le fasi di abbandono forzato volute da qualsiasi partenza, qualcuno o qualcosa sorvegli sempre i nostri passi incerti.
Il cammino procede, letteralmente, con The walk, che ci accompagna lontano dalle nostre case e ci butta a muso duro contro The lonesome death of Mr. Hank Williams, ossia nei panni di chi lascia questo mondo. Il parallelismo tra Hank Williams (padre della country music) e la caduta in battaglia non è così folle: Williams, secondo Luca Righi, rappresenta la sconfitta bruciante e inevitabile di un certo tipo di musica da parte della tecnologia.
Un’altra metafora dell’abbandono è The day my father cried, indubbiamente una delle tracce più emozionali di War Tales, i cui arrangiamenti fanno pensare all’influenza di Neil Young: qui un padre in lacrime saluta un figlio nella sala d’attesa di un aeroporto dei nostri giorni. C’è invece un po’ di Nick Cave in By my side, un vero e proprio grido d’aiuto, la cui inquietudine è intuibile sin dalle prime note. Perché alla fine stare da soli è terribile. Insieme, infatti, si può diventare eroi senza volerlo: nella delicata D-day veniamo guidati nell’immaginare i pensieri più profondi dei ragazzi che hanno trovato la morte sulle spiagge della Normandia nel 1944. Scie melodiche amare, ma affascinanti.
Giungiamo alla fine di questo viaggio, nel quale ci siamo fatti sicuramente distrarre dalle cose brutte, ma abbiamo incrociato anche molte cose belle, per le quali vale la pena non smettere mai di costruire. Il disco si chiude con Rose, una ballata dalla dimensione paradisiaca, destinata a chi non viaggia e rimane, in sospeso, tra luce e buio.
In sostanza si tratta di un disco propositivo e molto maturo, è infatti difficile immaginare che dietro a questo testamento in bilico tra tormento e pacatezza ci sia un gruppo di giovani musicisti. L’emotività e l’intimità con cui vengono affrontate tematiche così crude sono da considerarsi una scelta vincente, poiché nonostante si tratti di qualcosa di apparentemente lontano dalla nostra epoca, il risultato è pressoché perfetto: si può parlare di guerra e conflitti anche in riferimento alla nostra quotidianità.
WAR TALES – THREELAKES & THE FLATLAND EAGLES
(Upupa Produzioni, 2013)
- Wild water
- The walk
- The lonesome death of Mr. Hank Williams
- To do
- The day my father cried
- By my side
- D-day
- March
- Horses slowly ride
- Rose
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