Live report di Graziano Giacò
Compound è deflagrante, l’atmosfera è da teatro delle crudeltà, siamo traslati all’interno della galleria degli orrori, il coinvolgimento da parte del pubblico è totale, l’adesione è un fuoco e sigilla una simbiosi che non lascia scampo. Emidio è il condottiero e ci guida con la sua voce dirompente mentre Egle e Stefano devastano il paesaggio sonoro con incursioni all’aroma di napalm, Vittoria scandisce il ritmo e a noi non resta che indossare l’elmetto di Joker in Full Metal Jacket.
La notte non lascia scampo, i suoni sono precisi, s’avvinghiano allo stomaco e ti trascinano nel baratro oscuro pieno di fantasmi che stanno per affondare; ma la notte stessa rimane l’unico appiglio nel buio, poiché ritorna costante, come la voce di Emidio, un faro che permette a noi fragili vascelli di approdare tra le sue braccia. Litio è un affondo nelpassato mai (tra)passato di moda, trascinante e affascinante, non a caso una delle migliori composizioni di Cattive Abitudini. Aspettando i barbari è un lento incedere che conduce all’esplosione emotiva dei versi centrali (“La notte è una lama illuminata”) per poi tornare a una tranquillità che profuma d’inquietudine.
Dopo esserci acconciati come spose in onore di Emidio è il momento de La cena, le chitarre sono taglienti e s’incastrano alla perfezione in un crescendo di rimandi evocativi, la batteria è una mitraglia che costringe con le spalle al muro, Mimì dipinge sui nostri occhi le zone d’ombra della cena mentre il potere ingoia le nostre personalità. In Dymaxion Song Clementi indossa la pelle di Buckminster Fuller e si lancia in un urlo liberatorio, quel “vi piaccia o no” che diventa rito collettivo di fluidità, alla ricerca del proprio spaziossigeno oltre le stelle, tendendo alla massima tensione dinamica, oltre tutte le classificazioni musicali.
Photo credits: Angelo Sindaco
Le nostre ore contate fa da antipasto a Dio delle zecche, uno di quei brani che dal vivo t’entrano in vena, la voce furiosa di Emidio fulmina le nostre debolezze. Il nemico avanza è lo stargate che ci teletrasporta in Vietnam, ogni suono si fa metallico, dilaniante, la voce è distante ma colpisce al cuore il bersaglio. In Vic Chesnutt c’è l’unica concessione in inglese di Emidio, quel “bad habits” che lo fa dimenare e noi gli vediamo l’anima in controluce. Silvia Camagni s’è seduta insieme a noi per ascoltare il racconto dettagliato della sua fuga berlinese.
Nonostante Faust’O l’abbia accusato di fare la stessa canzone dal ’94, Emidio non rinuncia al suo omaggio per l'(ex?) amico (Fausto). La chiusura è affidata a Da dove sono stato (“io vi saluto e pieno di rispetto vi dico addio”). Noi tutti li invochiamo e loro tornano Sotto il cielo (di Livorno). Con Coney Island sembrano dire “restiamo ancora un po’” ma subito dopo con Altri nomi ci ricordano che “è venuto il momento di andare”.
Joyce cambiò la vita a Carmelo Bene. I Massimo Volume live potrebbero cambiare le vostre.