Live report di Graziano Giacò
Il Circolo come un flipper impazzito, teste oscillanti e corpi in trance ipnotica: questo l’effetto prodotto dalle scudisciate degli orsi canadesi [i Suuns]. Nonostante il pienone riusciamo a infilarci fin sotto la pancia del mostro, per carpirne i segreti; le loro atmosfere siderali sono delle opere noise macchiate da schizzi d’avanguardia impressionista: impossibile dimenticare il fascino discreto dei ritmi conturbanti, i soffusi afflati vocali che disegnano arabeschi magnetici ed un sound minimale ove s’incastrano, con precisione degna di Eastwood nei film di Sergio Leone, chitarre allucinogene, bassi sciamanici e una batteria che frusta l’aria e conduce il gruppo verso il galoppo psichedelico.
Immagini da un futuro distorto: gente chiusa a riccio in bolle di sapone, occhi rigorosamente sigillati, potenza di fuoco ai massimi livelli, i nostri eroi inscenano un mantra costruito su dettagli avvolgenti, tendenti all’ossessività spiazzante; dopo averci sedotto, ci cullano nel limbo celestiale mediante un tappeto elettronico sublime per poi sviare con prepotenza verso deragliamenti di rock futuristico.
Due cose che dovete assolutamente sapere: la prima è che i Suuns non concedono bis. Quindi se siete delle persone distratte, evitateli. Oppure portatevi dietro il giradischi, acquistate il vinile, concedetevi tutti i bis di questo mondo, senza stare ad assillarli. Risparmierete tempo e voce. Seconda e ultima cosa: vedere i vari componenti del gruppo passare attraverso il giardino del Circolo degli Artisti, in mezzo a noi comuni mortali, come fossero della comitiva “tutte pigne al Pigneto”, con in mano strumentazione quasi a confondersi con gli addetti al service, è qualcosa che va al di là di ogni tecnicismo verbale.
Ascoltatevi Images du future e portate la vostra donna/il vostro uomo a un live dei Suuns. E ricordatevi di portare la lingua di scorta. Sulla lingua sta il verme. Se la mela lo sapesse. See Suun(s).