RECENSIONE: Corde Oblique – Per le strade ripetute

Recensione di Andrea Barbaglia

Il primo pensiero dopo l’ascolto di Per le strade ripetute corre ai Saint Just della mai troppo celebrata Jenny Sorrenti; il secondo, più letterario, ci riporta dritti all’Eneide di Virgilio e ai tanti racconti a cavallo tra storia e mitologia che si sono sedimentati nella nostra memoria.

I Corde Oblique giungono al loro quinto album con un intento ben preciso: quello di raccontare un magico viaggio attraverso i luoghi più rappresentativi della Campania, loro terra di origine e culla di civiltà. Per farlo suoni (no synths, no keybords) e suggestioni (no samplers) si accompagnano con calibrata misura ai ricordi personali intrecciandosi senza soluzione di continuità a miti e luoghi reali.

Capitanato da Riccardo Prencipe, chitarrista classico già fondatore del progetto neofolk Lupercalia, l’ensemble campano – aperto come sempre a numerosi contributi e collaborazioni – si affida questa volta a un quartetto di voci evocative capaci di condurci per mano attraverso la realtà per entrare in contatto direttamente con il mito. Alle ormai veterane Caterina Pontrandolfo e Floriana Cangiano, già apparse infatti sui precedenti lavori discografici sempre con ottimi risultati, si affiancano per la prima volta le altrettanto suggestive voci di Annalisa Madonna e Lisa Starnini, nomi probabilmente poco noti al grande pubblico eppure da un punto di vista qualitativo del tutto funzionali all’elegante discorso concettuale intrapreso dai Corde Oblique.

Tutto qui è essenziale e votato alla causa. Per esempio un interludio strumentale come In the temple of echo – registrato presso l’area archeologica di Baia (NA) all’interno del tempio di Mercurio, sfruttandone il naturale riverbero per quello che, con un volo pindarico, ci ricorda da vicino il portentoso Your very eyes firmato dal duo Iriondo-Mimmo qualche anno fa presso la chiesa di Santa Maria alle Malve in Matera – diventa altissimo momento lirico, carico di illuminante profondità e misticismo; ponte onirico sospeso su un baratro spazio-temporale infinito e tramite tra due realtà temporalmente distanti anni luce.

È questa la sintesi popolare operata da Prencipe e i suoi colleghi; quella di evocare tramite la musica immagini di un mondo scomparso solo agli occhi dei più ciechi, ma che in realtà è ancora lì, vivo, imponente, magari nascosto da cumuli di detriti, pronto tuttavia a parlarci di nuovo mentre silenziosamente ci guarda e giudica nell’incessante fluire delle età. Da Portici a Torre del Greco (Il viaggio di Saramago), precipitati nelle profondità psicologiche di Averno, tornati in superficie attraverso le tranquille montagne avellinesi protagoniste in My pure amethyst, sostando esausti in compagnia dei Daemonia Nymphe nei pressi del tempio di Era a Paestum (Heraion), dissetati da Le fontane di Caserta e pronti per correre a perdifiato al suono delle ariose Due melodie che contraddistinguono il sentiero degli Dei lungo la costiera amalfitana, i Corde Oblique ci immergono in una natura occasionalmente matrigna (Ali bianche) che ha saputo lasciarsi perlopiù addomesticare dall’uomo ai tempi di una leggendaria età dell’oro.

Melodie. Ritmo. Impalpabili sfumature. Anche i piccoli suoni si amplificano per le strade ripetute assumendo una forza comunicativa verace e senza tempo. “Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto.” Solo il viaggiatore ha una fine; non altro. Dunque “bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre.” È l’eterno ritorno (Uroboro) per mezzo del quale il viaggio non avrà mai termine. Alla Bellezza, d’altro canto, non si può opporre resistenza.

PER LE STRADE RIPETUTE – CORDE OBLIQUE
(The Stones Of Naples Records, 2013)

  1. Averno
  2. Il viaggio di Saramago
  3. My pure amethyst
  4. In the temple of echo
  5. Bambina d’oro
  6. Heraion
  7. Due melodie
  8. Le fontane di Caserta
  9. Requiem for a dream
  10. Ali bianche
  11. Uroboro

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