Recensione di Graziano Giacò
Il disco ideale per stonarvi di prima mattina: colazione synthetica, voci acide da spalmare su basi morfiniche, pennellate lisergiche che disegnano ambienti sonori dilatati, introspettivi, spettrali. Fatevi prescrivere Novotronik dal vostro Freudifiducia.
L’ascolto prolungato può indurre a smodato senso di eccitazione post-industriale e sfociare in coltellate di ghiaccio caldo che si conficcano nelle schiene disegnando nuove diramazioni sentimentali. Rock atomico, psichedelia alla Simenon (Il porto delle nebbie) arabeschi elettrosognanti, treniperspaziali che trafiggono l’apparato digerente, lasciandoci in paranoia da overdose.
Leggere bene le controindicazioni: la voce struggente e le basi magnetiche causano dipendenza. Se Blade Runner uscisse domani, Harrison Ford li ingaggerebbe per affidargli la colonna sonora (fuggendo insieme dalle alienazioni a cui ci obbliga l’obsoleto linguaggio moderno).
Plutocrazia, archi tesi ad accecar l’occhio sbagliato della luna, lame farfuglianti, mani di ricambio nel cassetto d’insicurezza, abolizione del corpumano, fumarsi Escher sottocoperta con Hemingway, liberare una bici dalla direzionalità passiva delle proprie ruote, leggersi il dizionario dei sinonimi all’incontrario, sbronzarsi di latte nerothello. Cristo rubava barzellette ai due ladroni.
Inseguendo Amleto nel regno d’Elsinore, ove la musica, senza dubbio, risplende immortale.
Prendete Kurt Cobain, infilategli una felpa dei Joy Divison, rasatelo a zero come Lindo Ferretti: otterrete il personalissimo carnal sound dei MinimiTermini.
NOVOTRONIK – MINIMITERMINI
(Autoproduzione, 2013)
- What I think about love
- Come on over
- Kansas City
- Isabel control
- Black milk
- Abioghein
- NYC sky
- My little Sunday morning
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