Recensione di Andrea Barbaglia
Paolo Saporiti è ormai una realtà consolidata. Paolo Saporiti è una certezza. Paolo Saporiti è il prototipo del cantautore moderno dal respiro internazionale che sa fondere melodia italiana usata in maniera non convenzionale a parole e intuizioni sonore ugualmente trasversali.
Oggi, dopo anni passati a sperimentare con la lingua inglese, ha deciso – una volta ancora – di svoltare. E per farlo ecco che l’attenzione si è concentrata direttamente sul linguaggio dopo la rivoluzione sonica operata con il precedente (e convincente) L’ultimo ricatto. In un paese (o forse mondo?) in cui la parola è come la pietà – morta – Paolo va quindi una volta ancora controcorrente, a testa fieramente alta, determinato, sicuro di sé e del suo percorso artistico sempre in evoluzione, caparbio mix di testardaggine e buona volontà. E non si tratta di un cambiamento fine a se stesso o studiato a tavolino: semplicemente è l’ennesima accurata taratura, il nuovo mirato accorgimento, l’ingegnosa audace manovra finalizzata al raggiungimento di quello che, avanti di questo passo, avremo presto fra le mani: il disco definitivo di Saporiti, quello in cui equilibrio e scompensi saranno naturalmente bilanciati, espressione di un’anima fiammeggiante indomita, sintesi perfetta dell’essenza artistica che alberga in lui.
Consolidato il proprio background internazionale, la scelta del canto in italiano a cui oggi l’irrequieto milanese approda è la soluzione più semplice per raggiungere il maggior numero di persone possibili sul suolo italico, senza fraintendimenti lessicali o superficiali interpretazioni. Al suo fianco, una squadra che vince e non si cambia; al massimo la si amplia. Così, riconfermati il sempre più decisivo tocco di Cristiano Calcagnile alla batteria (Come Hitler, la controversa Ho bisogno di te) e l’amico Xabier Iriondo – non solo a tutti gli ammenicoli sonori che esaltano l’album, ma anche in fase di produzione artistica – ecco l’aggiunta di nuovi colori provenienti da nuove tavolozze. Sassofoni (con Stefano Ferrian direttamente dai Psychofagist), bouzouki (il polistrumetista Roberto Zanisi, confermato stabilmente per il tour), viole, violini, violectre (per mano del talentuoso improvvisatore sonoro Luca D’Alberto) intervengono per dare tocchi di irrequieta profondità (l’ottima L’effetto indesiderato di una violenza, la vibrante Sangue), solidità ritmica (Come venire al mondo) e arcadica classicità frastagliata (l’antica Erica).
In maniera misurata ma fantasiosa, senza prevaricazioni; in modo deciso, creativo e essenziale. Non ci sono più mezze misure. Paolo dà. Paolo pretende. Come quegli insegnanti all’apparenza burberi e severi, ma in realtà infaticabili divulgatori di pensiero, innamorati della propria materia, ragione di tutta una vita, lucidamente schietti e autorevoli. Mai autoritari. Ecco perché questo nuovo album non avrebbe potuto intitolarsi diversamente da Paolo Saporiti. Specchio dell’anima, idea italiana applicata al folk occidentale, esso è una rinascita continua, una crescita costante, che porta con sé la maturità di un essere umano incapace di piegarsi a marketing e briefing “strategici”, che rifiuta sordidi magheggi e biechi giochi di prestigio, capace piuttosto di porre l’accento sulla purezza delle cose, mirando alla loro essenza e alla loro intensa genuinità.
Non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse. Paolo lo sa: la sua vita, il suo viaggio su questa terra parlano sistematicamente per lui.
PAOLO SAPORITI – PAOLO SAPORITI
(Orange Home Records, 2014)
- Come venire al mondo
- Io non ho pietà
- Cenere
- Sangue
- Come Hitler
- L’effetto indesiderato
- Ho bisogno di te
- Erica
- In un mondo migliore
- Caro presidente
- Il vento che dice addio alla luna
- P.S.
[youtube=http://youtu.be/06GN-0wSeNI]
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