Live report di Francesca Amodio
Siamo al Quadraro, quartiere romano rastrellato, abbandonato da politica e urbanistica ma non certo dalla musica: la nona edizione del Quadrarock, all’interno del coloratissimo e rinnovato CSOA Spartaco, ce lo conferma alla grande.
L’irriverente cantautore romano Giancane e le rockeggianti Mia Wallace scaldano magistralmente il palco per quello che si rivelerà un live catartico, quello degli Operaja Criminale. Quando si parla di Giancane e del suo disco d’esordio Carne si parla di un cantautorato fotografico squisitamente satirico: immagini di realtà quotidiane, straordinaria attenzione ai dettagli (Ma tu no) e sovvertimento della logica del “buon viso a cattivo gioco” (La vita). Il tutto su un egregio sfondo musicale country-rock con la presenza, per l’occasione, della sapiente chitarra elettrica di Guglielmo Nodari.
Le Mia Wallace, invece, suonano un rock in italiano quasi tutto al femminile (eccezion fatta per il batterista Pasquale Montesano), targato dal trio Alessandra Annibali, Valentina Carta e Micol Del Pozzo. Da un look tutto paillettes e luccichii – alla Brian Slade di Velvet Goldmine, per intenderci – trasuda un cantautorato rock convincente negli inediti (Va meglio) e credibile nelle cover (Tainted love).
Dopo gli opening act, la catarsi Operaja ha inizio. A dispetto del nome depistante, l’unico reato dei “criminali” Matteo Scannicchio, Andrea Ruggiero, Giorgio Maria Condemi e Vieri Baiocchi è quello di radiografare gli impulsi e le passioni umane, operazione certo più elaborata e sofisticata di una mera denuncia sociale. Colpevoli del reato di denuncia dei sentimenti, le parole e le tastiere di Scannicchio, quelle di Ruggiero col suo violino, il suono squarciante della chitarra elettrica di Condemi e il ritmo della batteria (in origine di Federico Leo) hanno fatto sì che il loro disco d’esordio, Roma, guanti e argento, si riappropriasse del significato primario del sostantivo “disco”: dieci tracce che come i tentacoli di una piovra rispondono finalmente a una testa coerente che sa perfettamente dove nuotare.
Non a caso il tremore dei palmi stanchi di un padre riscoperto da un figlio che si riprende i suoi occhi di bambino ne La routine dei guanti, lo si ritrova in forma diversa in corpi che tremano due volte nei brani Tremore#3 e Tremore#2, pezzo che nel disco vede uno splendido featuring di Ilenia Volpe, la quale non fa altro che accrescere il magnetismo già sublime della voce di Scannicchio. Forse la sola cosa che i pupilli di Giorgio Canali – cui spetta il merito della produzione del disco – rubano ai suoi CSI è la catarsi estatica che creano nei loro live, nei quali il pubblico assiste a uno spettacolo di purificazione e rigenerazione delle emozioni, a un dignitoso riscatto della lingua italiana finemente realizzato.
Scannicchio scandisce bene quello che Ruggiero scrive e poi sussurra in Torino, pezzo che chiude il live, brano bellissimo, cinematografico, di quelli che evocano la sceneggiatura di un film, uno dei tanti di Dario Argento in cui l’esoterica città piemontese impera sovrana, e che, come uno schiaffo che non ti aspetti, culmina in un finale rock struggente. Negli Operaja Criminale c’è l’epistemologia della sfera completa delle emozioni, e soprattutto nei testi di Ruggiero, dal pozzo dell’ermetismo, si affacciano parole che incarnano la durezza di una bestia ferita mista alla tenerezza di un fanciullino pascoliano, poiché non ha paura di affidare alla violenta e dolce schiettezza dell’italiano la stesura dei suoi sentimenti.
A parere di chi scrive, gli Operaja Criminale rappresentano, nell’attuale panorama musicale italiano, quella goccia nell’oceano di gomma di cui parlava Manuel Agnelli anni fa.
Foto di Enrica Martiradonna