Live report di Claudio Delicato, tutte le foto di Scanner FM salvo diversamente indicato
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Il mio risveglio del 31 maggio 2014, complice il minore livello alcolico, è migliore di quello della mattina precedente (se per “mattina” intendiamo le tre del pomeriggio). Ciò che davvero sembra non andare è lo stomaco, che fra hamburger, burrito, kebab e fried noodles è in okkupazione fin dalla prima sera (“VOGLIAMO DIRITTI! VOGLIAMO VERDURE! VOGLIAMO LA LIBERTÀ!”). Dopo il consueto caffè da Jorge opto quindi per un pranzo salutare e mi reco a Barceloneta, dove c’è un buon ristorante consigliato da un’amica (chiuso), qualche altro che fa pesce (chiuso) e un ultimo localaccio più economico con un cameriere pedante che mi sfascia le palle fra una forchettata e l’altra chiedendomi di insegnarli un po’ d’italiano (aggiudicato). Di fronte a un’orata alla griglia con contorno di verdure mi illudo di star facendo la cosa giusta, poi mi guardo allo specchio e mi dico “ma chi cazzo voglio prendere in giro?”, mi sfondo due Estrella e torno al Parc del Fòrum di Barcellona per la terza e ultima serata del Primavera Sound.
Condizioni climatiche
Da paura.
Condizioni igieniche
Insospettabilmente positive.
Condizioni alcoliche
Livello “arrapamento moderato”.
Condizioni alimentari
Livello “mangiare sano per crescere in forma, ma bevendo solo birra”.
Hashtag del giorno
#seinamerda
Performance del giorno
Nine Inch Nails
Arrivato al Parc del Fòrum e schivate le retate di polizia ai danni dei Cingalesi mi trovo già di fronte a una dura scelta: il nostrano Teho Teardo con Blixa Bargeld all’Auditori Rockdelux o i Television che eseguono per intero Marquee Moon al Sony. A malincuore, e fiducioso di poter vedere il buon Teho in Italia a breve, non mi lascio sfuggire la troppo ghiotta occasione di vedere la band di Tom Verlaine suonare uno dei capolavori della new wave newyorkese. E la scelta si rivela azzeccata: i Television dal vivo sono un grande spettacolo. I virtuosismi chitarristici di Verlaine e Richard Lloyd danno al tutto un’atmosfera vagamente prog, un prog che fortunatamente si colloca al di sotto della soglia di irritazione tipica del genere.
Appena dopo i Television, malgrado il gradito incontro con Giulio e Margot di MATRIOSCA, c’è il mio momento di maggiore buio al Primavera Sound 2014: non essendo certo di voler vedere Caetano Veloso ma sicuro di non perdermi i Godspeed You! Black Emperor mi faccio trascinare – convinto da un amico – al palco Heineken, dove si stanno esibendo gli Spoon con il loro electrorock sbarazzino, una delle formazioni più imbarazzanti che abbia visto al festival. Praticamente i Blink 182 rapportati alla dance suonata, talmente inutili da risultare irritanti. Decido quindi di recarmi dal buon Caetano ma, dovendo far fronte a improrogabili impegni che non sto qui a descrivervi, mi perdo praticamente tutto il suo concerto, con grande rammarico.
“Stavi cagando?”
“Tu lo dici.”
Non riesco neanche a prenotarmi per vedere i Buzzcocks – che suoneranno all’Heineken Hidden Stage alle 11 – e ho quasi l’impressione che la mia carriera al Primavera sia in una fase più che discendente. Per fortuna ci pensano i già citati Godspeed You! Black Emperor a risollevarmi il morale. La band canadese è una delizia: prende il palco in mano e fa scuola per un’ora e mezza. Ogni loro canzone è un crescendo d’intensità caratterizzato da una ricchezza sonora sconcertante; tutta sostanza e pochissima forma, viste anche le scelte – credo deliberate – di non approfittare degli schermi a lato del palco e mantenere al minimo le luci, in modo che l’attenzione non si concentri sui singoli musicisti ma sia interamente dedicata alla proposta musicale nel suo complesso.
Un po’ prima della fine dell’esibizione scelgo di andare all’area “ristorazione” (dove con “ristorazione” intendo qualsiasi cosa che contenga almeno 2500 calorie a centimetro quadrato) per riposare le gambe, bere una RedBull e mangiare di nuovo fried vegetable noodles in attesa del prossimo concerto (nota a margine: i fried vegetable noodles sono un piatto interessante perché ti lascia in bocca un sapore vagamente post-nucleare che ti farà da compagno fidato per tutta la settimana a venire).
Verso mezzanotte mi reco entusiasta al palco Sony. Sta per iniziare a suonare uno dei “gruppi” che più desideravo vedere, non solo al Primavera Sound ma nella vita: i Nine Inch Nails. Mi avevano detto che i loro concerti sono fra le esperienze migliori che un uomo possa provare dopo l’LSD e i pomodori secchi, e non fatico a crederlo, vista l’enorme quantità di invasati con la maglia NIИ che si fanno strada fra la folla.
Le aspettative non sono ripagate, di più: il gruppo di Trent Reznor offre una delle migliori performance cui mi sia mai capitato di assistere. I Nine Inch Nails improntano l’intero concerto all’arroganza più totale, la classica musica che sparata in una discoteca di Roma farebbe la gioia di mezza Spinaceto: la cassa è un martello che ti batte in petto, Ilan Rubin alla batteria è un demonio così come l’orgoglio italiano Alessandro Cortini. Il sound che ne esce è potente ma pulito, ognuno fa esattamente ciò che deve fare, non riusciresti a evitare di saltare neanche se avessi una gamba rotta. E Trent Reznor, a cinquant’anni suonati, salta, canta e urla, regalando al pubblico in delirio l’assoluta certezza di trovarsi di fronte a uno dei più grandi musicisti viventi. Poco da dire: per quanto mi riguarda i Nine Inch Nails vincono a mani basse il premio per la miglior performance al Primavera Sound 2014, al punto che, pur di godermi l’intero concerto, rinuncio a vedere i Mogwai che si esibiscono quasi in contemporanea all’ATP.
Incattiviti dall’aggressiva performance dei Nine Inch Nails, io e i miei compagni di viaggio iniziamo a darci della merda l’uno con l’altro senza nessun motivo, e devo dire che la cosa è parecchio divertente. Per placare gli animi decidiamo allora di recarci al palco Adidas Originals per assistere, comodamente seduti, alla performance dei bravissimi e italianissimi Junkfood, che ci deliziano con la loro tecnica sopraffina e una musica suggestiva. Forse avrebbero meritato un palco più importante.
Per ingannare il tempo assistiamo prima a un pezzo del concerto dei Cold Cave, assolutamente ridicoli, e dei Cut Copy all’ATP, che abbandoniamo schifati dopo pochi minuti. L’espediente “inganna il tempo” comunque funziona e alle 4 del mattino siamo al palco Vice (argh) per assistere all’esibizione verso la quale siamo più curiosi: quella degli ZA!, un brutale duo di Barcellona che suona un genere musicale che personalmente definisco “orgia assassina fra gremlins”. Una sorta di math rock del tutto schizofrenico, fatto di urla, batterie nevrotiche, trombe, kalimba, percussioni e chi più ne ha più ne metta. Forse la cosa che più si avvicina a questa folle band sono gli Zu, ma la loro musica è talmente indefinibile che v’invito ad ascoltarla e scaricare gratuitamente un EP dal loro BandCamp.
Il mio Primavera Sound 2014 finisce qui. 22 concerti a una media di 8 euro l’uno con un biglietto a prezzo intero (avendo la possibilità di vederli tutti sarebbero stati quasi 300 a 60 centesimi l’uno), cibo e birra di cui pagherò le conseguenze in futuro e circa due o tre anni di vita persi. Ma ne è valsa la pena: il Primavera è un evento più unico che raro sotto tutti i punti di vista. Quello degli organizzatori, che spendono e si sbattono per rendere la vita più facile possibile a tutti i partecipanti, e quello degli artisti, che offrono performance esaltanti e mostrano sincero entusiasmo nel partecipare a un evento di tale portata. Non a caso molti di loro hanno ribadito quanto fossero onorati di esibirsi in un festival del genere, omaggiando a più riprese gli altri artisti presenti. La musica è bella soprattutto quando è un esercizio artistico collettivo.
Claudio Delicato è anche su ciclofrenia.it™ (Facebook/Twitter)
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