Live report di Roberto Rossi
“Mellow” (disteso-dilatato), è la parola usata da Mark Kozelek per descrivere la particolare atmosfera che pervade la Sala Petrassi dell’Auditorium e che ha messo in condizione la band di esprimersi al meglio. La formazione è insolita per una rock band: manca il basso, al centro del palco ci sono le due batterie suonate rispettivamente da Mike Stevens e Steve Shelley (Sonic Youth) che insieme a Neil Hlastead (Slowdive) alla chitarra è ospite eccezionale per la data romana del tour. L’altra chitarra è quella di Dave Devine e ovviamente alla voce e chitarra il leader Mark Kozelek
Si inizia con Little Rascal brano che appare su Universal Themes, ultimo album che i Sun Kil Moon stanno presentando durante il loro tour e che, se non fosse per le incursioni di rock elettrico di alcuni brani, potrebbe essere considerato il seguito del precedente Benji. Seguono Mariette e Hey bastard I’m still here dall’album con i Desert Shore.
Chi ricorda il giovane K con i capelli lunghi biondi nel film Almost Famous, farà un po’ fatica a riconoscere l’uomo di mezz’età sul palco con i capelli corti e la camicia a quadri che mal nasconde la pancia. Stasera sembra a suo agio e più volte ringrazia il pubblico per il silenzio in sala. Bisogna anche dire che il pubblico è ormai preparato. Chi lo conosce sa bene che ai suoi concerti bisogna fare meno rumore possibile ed evitare di scattare foto. K non si preoccupa troppo della scaletta che neanche ricorda bene e se la prende comoda tra un pezzo e l’altro: con tutta calma accorda-scorda la sua chitarra, armeggia piu volte con l’amplificatore fino a quando è soddisfatto del suono. Queste pause riducono la distanza tra il pubblico e la band. Quando poi interrompe per quattro volte di seguito l’intro della batteria sul brano The possum, sembra di assistere ad una prova a porte aperte: “Steve hai suonato questo pezzo sul disco!…. Non enfatizzare il ritmo…. sei lincenziato!” tra le risate del pubblico.
Sicuramente la partecipazione al film Youth di Sorrentino lo ha fatto conoscere a un pubblico piu numeroso rispetto a quello che c’era un anno fa al Circolo degli Artisti: “Avete visto youth?” chiede “…io non ancora, ma tra un paio di giorni sarò a Milano e dopo aver fatto qualche graffito andrò a vedere il film. Intanto dedico il prossimo pezzo a Paolo Sorrentino che è in sala. So che è il suo preferito” e iniziano le note di Richard Ramirez died today of Natural Causes. È in brani come questo che il canto parlato raggiunge i massimi livelli di espressività. Libero dall’ingombro della chitarra Mark canta muovendosi sul palco ad occhi chiusi, si atteggia con un movimento ostinato del braccio sinistro che sottolinea la cadenza del ritmo, la calda voce baritonale diventa un ruggito, le parole scorrono in un flusso che lo lascia senza fiato per poi ripartire di nuovo gonfiando il petto. La fisicità di K. ha un forte impatto sul pubblico e associata al testo noir (la notizia della morte del serial killer Richard Ramirez) conferisce al brano una bellezza inquietante.
L’aggiunta della seconda batteria non ha molto senso (siamo lontani dalle lunghe jam di The allman brothers band), anzi sembra una velleità che i Sun Kil Moon si sono concessi in alcune date del loro tour, per avere come ospite l’amico Steve Shelley. Fa eccezione il bridge di All/Spinks2 dove la sovrapposizione delle batterie, crea un denso tappeto ritmico sopra al quale le tre chitarre si intrecciano in assolo insistendo su note acute al limite del feedback. Chi si aspettava le sonorità folk che caratterizzano il penultimo album Benji, assiste invece a suoni che ricordano il migliore Neil Young con i Crazy Horse. Irrilevante è anche il tamburo con cimbalo, dove il cantante si sposta occasionalmente per dare il tempo al resto della band.
Ciò che invece fa la differenza è il commento della chitarra solista suonata da Neil Halstead che con le sue note dolci, sembra ricordare le atmosfere liquefatte care ai primi Red House Painters (band originaria di Mark Kozelek) e a un certo paisley underground di quegli anni. Inoltre il coro della voce sommessa di Neil impreziosisce i brani Carissa, Micheline e I can’t live without my mother’s love. Nella lunga coda strumentale di I watched the movie the song remains the same, la voce di K. ripete con un leggero ritardo il canto della chitarra quasi simulando un effetto delay che rende anora piu suggestivo il già raffinato finale.
Dopo Ceiling Gaizing, dal bakstage autorizzano ad eseguire un ulteriore bis e la band chiude, questa volta definitavamente, con Caroline (Perils from the Sea, 2013). K. saluta il pubblico con una frase che ripete spesso ai suoi concerti: “In prima fila neanche una ragazza solo uomini in scarpe da tennis bianche” poi si avvicina a una ragazza (forse l’unica?) e dopo averla invitata ad alzarsi verso il palco la abbraccia.