Photo report di Maria Elisa Milo
Live report di Francesca Vantaggiato
Non è mai troppo tardi per parlare di un bel concerto, o no? A fine 2016 sono stata al Goganga per una serata che si preannunciava di gran qualità: Berg in apertura alle I’m not a blonde. Due nostre vecchie conoscenze: Luca Nistler ha lanciato questo progetto solista sotto le spoglie di Berg, ma lo avevamo conosciuto in occasione dell’intervista fatta ai Parados, di cui era il frontman. Già al tempo ci aveva colpito molto la sua potenza vocale ed i suoi testi impegnati. Le I’m not a blonde le abbiamo viste due volte, prima al B42 (dove registrammo un’intervista video mai pubblicata perché c’era talmente tanta gente che si divertiva che non si capiva nulla di quello che dicevano) e poi al DIZ Festival. Insomma: sapevo che il concerto mi avrebbe appagato. Del resto, sono entrambi dei progetti che fanno risplendere la scena musicale milanese.
Luca Nistler è una persona delicata e sensibile, ma con una personalità forte. Ha tante cose da dire e non vede l’ora di farlo. Era lui, solo, in mezzo alla sala, con la sua loop station e il delay, al buio. Intorno al collo aveva delle lucine colorate che gli scorrevano lungo tutta la giacca di jeans. Un’immagine bellissima, romantica, emozionante, simbolica, proprio come la sua musica. Le sue canzoni hanno dei messaggi potenti, così come tutto l’EP intitolato Solastalgia (la nostalgia di casa che si prova quando si è ancora a casa, secondo il filosofo Glenn Albrecht). Il concetto alla base di tutto il progetto Berg è quello dei confini, che siano politici, ambientali o di genere e con quello che fa – creare suoni e armonie attraverso la sua voce – Berg diventa un mezzo per rompere questi confini, superarli e neutralizzarli. Il corpo non è più un limite, perché si dissolve nella voce; le sue parole combattono l’omofobia, il razzismo, i pregiudizi, le distanze; l’artwork dell’EP distrugge l’idea di copertina che chiude e nasconde il disco, perché i suoi bordi non bastano per contenerlo. Voglio assolutamente invitarvi ad assistere ad un suo concerto, perché ve ne innamorerete.
Le I’m not a blonde, dopo anni di gavetta, sono ormai diventate una delle band che più rappresentano l’innovazione e la qualità della scena indie italiana. Sul palco si divertono e fanno divertire: un gruppetto di aficionadas le incitava da sotto palco gridando i loro nomi, gli altri ballavano in mezzo alla pista (anch’io, certamente), eccitati e presi bene. Sul muro alle loro spalle, immagini dei loro videoclip a completare la scena e creando degli onirici giochi di luci ed ombre. Chiara saltava e si agitava su pc e synth, mentre Camilla era concentratissima e si alternava tra chitarra e tastiere.
Il loro sound è perfetto: un mix azzeccatissimo di voci e suoni che ti trasportano nel futuro, con passione e grinta. Io le stimo molto, sia perché nei live si percepisce chiaramente la loro concentrazione e voglia di essere lì, davanti a te, in quel momento, sia perché sono due musiciste che hanno davvero dato il massimo per arrivare dove sono, creando, inventando, sperimentando e anche rischiando molto. Supportiamole: andiamo a i loro concerti!