Foto di Maria Elisa Milo
Intervista di Francesca Vantaggiato
Just Kids vi fa un regalo: il free download di Morire di malinconia, singolo estratto da Le disavventure amorose di Water e Carolina, EP d’esordio di un progetto tutto particolare dal nome I miei migliori complimenti, dietro il quale si nasconde Walter Ferrari. Scaricatelo e ascoltatelo mentre leggete l’intervista che abbiamo realizzato per voi nel suo appartamento in Viale Sabotino (Milano) e alla fine della quale ci siamo meritate un bel prosecco (al bar Gattullo, ovviamente).
Perché hai scelto di fare la Bocconi?
Walter (W.): Finiamola con la storia che la Bocconi sia una scuola per ricchi! Non siamo più negli anni 80! Sono finito lì perché non c’era niente che mi interessasse a livello musicale e a livello visivo non mi sentivo cosi talentuoso da intraprendere un percorso di studi. La Bocconi mi sembrava in linea con le mie capacità matematiche e il discorso di gestire una qualsiasi cosa a livello economico mi gasava parecchio. Così mi sono iscritto. Adesso sto scrivendo la tesi dal titolo L’innovazione nella moda: lo street style.
Da dove nasce questo interesse per la moda?
W.: Ho cominciato ad ascoltare rap nel 2003/04 quando c’erano solo pochi rapper vicini al mondo moda. Pian piano, tutti i rapper americani si sono avvicinati fino ad arrivare ad oggi che rap e moda sono quasi la stessa cosa.
Studi, fai musica, ti interessi di moda. Che altro? Hai dipinto tu questa parete nera?
W.: No, questa l’ha fatta Formichetti! Un mio carissimo amico stylist designer che sta gestendo la parte moda di alcuni rapper italiani. Qui abbiamo girato il video di Neve di Ernia di cui ho fatto la direzione artistica. Bisognava sacrificare una stanza e così lo abbiamo fatto qui.
Quindi sei un economista con un’anima da artista pensatore. Come Marchionne, ma senza il maglioncino!
W.: Magari come Marchionne! Comunque indosso un dolcevita che è un bel maglioncino di lana! Lui comunque è un manager vecchio stampo, non ha una visione creativa delle cose. Nonostante per molti sia di nuova scuola, per me è già di quella vecchia. Ma questo è un mio difetto: voglio sempre fare delle robe avanti, prima di tutti.
Ma le fai davvero oppure tu pensi di essere avanti ed invece fai cose normali?
W.: Se una cosa l’hanno già fatta, io cerco di fare qualcosa di diverso o almeno ci provo. A volte ci riesco ed altre no, però è così che nasce l’innovazione. Pensa solo al fatto che io ho cominciato a parlare dell’EP Le disavventure di Walter e Carolina come un vanity project che facevo puramente perché ne avevo voglia, solo per me stesso. In realtà, poi, registrando e producendo, mi sono accorto che non era una cosa così assurda, poteva avere un reach più figo rispetto a quello che dovrebbe avere un vanity projet. Questo perché ho un’anima pop: fai delle melodie catchy, racconti delle cose che han vissuto in tanti, e le cose sono più commerciabili.
Ma con tutti i riferimenti al rap che mi hai fatto, la conseguenza logica sarebbe stata che tu avessi fatto un EP rap, non pop.
W.: Ma ne avevo piene le palle di rappare! Prima facevo rap, poi ho capito che non era la mia strada, perché credo che il rap sia una cosa legata al mondo americano. Esistono altre realtà fighe, come quella inglese o la corrente melodica francese, mentre io mi sentivo quello che scimmiottava una roba dall’estero e così ho deciso di fare qualcosa che fosse genuina e fosse parte di me. Ho capito che dovevo fare il pop!
Quali sono i riferimenti musicali che ti hanno portato a questa scelta? Quando hai scelto di fare pop, immagino che tu sia passato da un ascolto massiccio di rap ad altro tipo di ascolto…
W.: Mi piace da morire Cremonini! Squérez?! È un capolavoro!
Quando ti sei accorto che in Squérez?!c’era una traccia nascosta, cosa hai fatto?
W.: Ma l’han fatto tutti, non è una cosa così speciale, lo hanno fatto anche gli Articolo 31…
Secondo me è che sei troppo giovane per capire il gusto della traccia nascosta…
W.: Beh, effettivamente, come fai oggi a mettere una traccia nascosta in un disco? Su Spotify se ne accorgono subito: vedono una traccia da 10 minuti e ti sgamano! In effetti, ora che mi ci fai pensare, ho detto: cazzo che figata, una traccia nascosta!
Non è vero, lo stai dicendo per compiacermi! Chi altri ti piace a parte Cremonini?
W.: I The Cure mi piacciono una cifra! Mi vengono in mente Miguel, Frank Ocean, Lana Del Rey, Marina and the Diamonds. Loro, rispetto al mondo americano che se ne frega dei testi, si concentrano molto sulle parole. È bello scrive testi fighi che dicano cose fuori dal comune. Io mi ci rivedo, perché anch’io mi impegno a fare delle cose che non siano Sole, Cuore, Amore. Che poi, in realtà, quel pezzo è una figata! Lei (ndr: lei è Valeria Rossi) a ha giocato su questa banalità, ma il pezzo era figo. La cosa bella è proprio riuscire a fare questi pezzi che funzionano un sacco che o hanno dietro un troll (perché lei, secondo me, stava cercando di trollare tutto) o una bella idea. Ogni pezzo di Cremonini ha dentro delle belle idee, come Marmellata n.25!
E tu riesci a fare lo stesso con le tue canzoni?
W.: Qui devo citare ancora Cremonini, per l’ultima volta! In un’intervista, lui dice che per mesi e mesi non scrive nulla e poi ha l’idea e da lì scrive tutto. Quando ho letto questa intervista, ho pensato di avere qualcosa in comune con lui: ogni mio pezzo ha dietro un’idea che mi ha ispirato. Magari ho un’idea in testa e me la scrivo sul cellulare e poi la sviluppo piano piano, ma riesco a realizzare la canzone al 100% quando ho l’idea base. Per Colazione da Gattullo, avevo capito che dovevo fare un pezzo su me e Carolina contestualizzato per bene. Noi andavamo spesso a far colazione da Gattullo – anzi, adesso che ci penso, io ci andavo a comprare le paste più che a farci colazione – e in quel bar trovi l’immagine di tutto il contesto milanese. Così mi è venuta l’idea per il pezzo. Shazam è nata perché una volta ho visto una tipa che mi piaceva che stava shazzammando una cosa a caso e lì ho avuto il flash di scrivere “ti ho vista shazzammare Flume” perché a quel tempo lo ascoltavo parecchio. Per Le fragole, ho voluto giocare con le parole more / fragole per raccontare la fase di odio che hai quando ti lasci. Con quella canzone io volevo far incazzare Carolina dicendole che preferisco le more, dato che lei nell’immaginario dell’EP è bionda.
Quando è nata l’idea dell’EP e quanto tempo hai impiegato per realizzarlo?
W.: Nel 2015 avevo avuto questa svolta dal mondo rap e volevo provare a fare qualcosa da solo, così ho chiamato un amico chitarrista a cui ho chiesto di suonare alcune parti, sono andato da Icaro e siamo andati a mixare, finendo tutto in pochi giorni, in modo velocissimo. L’ho cominciato a scrivere a inizio 2015 e l’ho pubblicato a metà settembre dello stesso anno. Diciamo che se ho l’idea riesco a fare tutto velocemente. Però sono 5 pezzi…
E per quanto riguarda Estate 2000, la canzone che hai scritto come report del concerto del 14/12 di Alberto Ferrari? Com’è andata?
W.: Non ero fan dei Verdena, ma dopo quel concerto li ho ascoltati parecchio. Quando ha cantato Un po’ esageri, ho capito che era il pezzo su cui avrei dovuto giocare. Durante la serata c’è stata anche una sua intervista in cui diceva che che tutta la sua vita è legata alla musica. Questa cosa mi ha colpito, ma dalle canzoni si capisce che non è così, che la sua vita non è fatta solo di musica. Così ho scritto Estate 2000 dove dico appunto “si va ben oltre gli accordi”.
Le tue canzoni riflettono molto la realtà contemporanea, citando sempre i social network e le app più comuni oggi. Non ti preoccupa il fatto che anche solo tra pochi anni, la gente non avrà la minima idea di quello che dici? La tecnologia va talmente veloce che ogni mese nascono nuovi social, al punto che le canzoni che ne parlano diventano obsolete in poco tempo. Probabilmente nel 2030 nessuno saprà che è mai esistito Instagram…
W.: Tu mi parli di anni, ma io ti direi mesi! C’è una cosa all’origine che è molto più problematica di questo: stiamo facendo musica da fast food, cioè fast music, canzoni che ascolti oggi e domani te ne sei già dimenticato. Il pubblico vuole roba nuova, di continuo. Bisogna fare una strategia per continuare a fare musica continuamente. Come puoi pensare di fare musica che rimanga per sempre! Non puoi.
Quindi la tua soluzione è quella di seguire questa tendenza. È molto triste questa cosa, dal mio punto di vista: è davvero triste l’idea che tra vent’anni le persone non ricorderanno le canzoni di oggi, ma sempre e solo i grandi successi del passato. A te non spaventa il fatto che la musica che stai facendo sia usa e getta?
W.: Ma le ricorderanno, perché saremo noi stessi che le riascolteremo per nostalgia di questi anni. Ma se fai il pezzo giusto, rimane nel tempo. Prendi Tranne te di Fabri Fibra: è stata concepita come usa e getta, come tutta la musica di oggi, ma poi è rimasta nel tempo e ci rimarrà. Non mi spaventa che la mia musica sparisca dopo poco, perché ne farò altra! Poi riguardo al discorso social, Shazam rimarrà per sempre, è una cosa troppo perfetta, non potrà morire! Per il resto, le persone andranno sul web a cercarsi cos’era Instagram o gli altri. Intendo le persone curiose, sia chiaro, perché è quello che fa la differenza. E oggi la curiosità manca.
Sei troppo categorico! Ma come fai a ragionare in maniera così netta? In questo sei davvero un matematico!
W.: Ma perché è così! Secondo te quanti vanno ad aprire Rap Genius? Quasi nessuno!
Da dove viene l’idea dei remix? Nell’EP ce ne sono di tutte le canzoni!
W.: Nel mondo del rap è una cosa molto frequente, si tende ad avere molti produttori in un unico album. Io ho preso tutti i miei amici produttori e gli ho chiesto di fare dei remix, gli ho dato carta bianca, chiedendogli di sperimentare. Sono uscite delle cose non troppo catchy, ma mi hanno dato dei buoni spunti. Di sicuro il remix pack non è la base della musica pop del futuro! Il pop non potrà mai basarsi su remix ed elettronica.
Perché parli di questo progetto come una cosa punk? A me sembra tutto fuorché punk!
W.: Perché ha dentro delle cose punk, a partire dalle chitarre! E poi perché è spontaneo, anche nella comunicazione!
Ma con spontaneo che cosa intendi?
W.: Dai testi alla produzione! Io, per esempio, ho deciso di cancellare la parola cantautore e di sostituirla con songwriter! Basta! Ieri sono andato a vedere la playlist cantautorato italiano su Spotify, pensando di trovarci nomi dell’indie. E invece no, c’era roba tipo De Gregori e nessun contemporaneo! Perché? Oggi se dici cantautore suona vecchio, puzzolente, anni 70.
Io sono contraria a quello che dici tu: secondo me, se scrivi i testi delle canzoni che tu stesso canti sei un cantautore!
W.: Puzza! Puzza di vecchio! Basta!
Ma il problema sta nel fatto che la parola cantautore è stata incensata negli anni, non nella parola in sé! Semmai bisogna distruggere il mito, non trovare una soluzione! Songwriter deriva dall’esterofilia, non è un termine che ci appartiene.
W.: Ma cantautore sa proprio di polveroso, mentre songwriter è più fresco! Anche come concetto: il songwriter scrive le canzoni pensando agli altri, mentre il cantautore si scrive la poesia, poi se la canta davanti al microfono, triste e con l’erre moscia!
Peccato comunque che tutti i punk del mondo ti odierebbero per quello che stai dicendo sul punk! Non si tratta solo di essere spontanei, ma essere punk è un pensiero di vita, una filosofia, una scelta politica. Hai degli amici punk? Cosa ne pensano?
W.: Si, certo che ce li ho. Tutti i miei amici sono punk! Un mio amico racconta il punk con la storia del bambino che chiede al punk what’s punk? E allora lui dà un calcio al bidone della spazzatura. Allora il bambino fa lo stesso e grida that’s punk! E allora il punk gli risponde No, that’s pop! E questo perché l’aveva già fatto lui. Capito? Essere punk è fare una roba da zero, che nessuno ha mai fatto, in maniera disturbante. Tutti i miei amici sono punk.
L’ultimo concerto a cui sei stato?
W.: Gli Zen Circus. Loro si che sono punk. Guarda, pensando a loro mi è venuta la risposta alla tua domanda su cos’è per me il punk: sono i testi a fare il punk! Sia che trattino di amore o che trattino di politica. Pensa al pezzo Zingara, in cui trollano e dicono tutte cose di destra, mentre loro sono palesemente di sinistra. Questo è punk! Non avevo mai sentito una cosa del genere e mi ha gasato. È anche quando parli d’amore in modi che nessuno ha mai fatto. Prendi la loro canzone Non voglio ballare, quando dice che lei sta bene anche coi capelli tagliati corti. Anch’io cerco di fare lo stesso.
Ma dammi qualche anticipazione di cosa succederà in futuro!
W.. Ci saranno 3 video con la regia di Filippo Rossi e di Matteo Colombo, tra cui il video di Morire di Malinconia. E poi uscirà uno snippet che si chiama Arabo 1 che è il nome del panino che mangio sempre quando torno a casa. Sarà carino e tutto il discorso grafico degli snippet sarà in mano a Pierframes e il protagonista sarà il Ragazzo Papera, uno dei personaggi dei suoi fumetti.
State puntando molto sugli snippet?
W.: Fino a qualche anno fa, nel mondo hip hop, uscivano questi pezzi a metà per anticipare i pezzi e per capire se avrebbero funzionato. Abbiamo pensato di farlo anche noi, visto che non l’ha fatto nessuno in Italia (punk!). E abbiamo deciso di creare questa categoria di pezzi chiamati snippet, ne manderemo fuori il più possibile, contestualmente con altre attività.
Comunque ho capito che quello che intendi tu non è punk, è avanguardia!
W.: È vero, ma se anticipi e dai fastidio allora è punk.
A chi dovresti dare fastidio?
W.: Beh a tutti quelli che troveranno questi snippet e si chiederanno “ma che vuole fare questo?!” Magari anche gli altri artisti, anzi, soprattutto gli altri artisti! Ho proprio voglia di rompere le palle ai rapper, quelli che fanno i fighetti!
Vogliamo dare, una volta per tutte, la spiegazione di cosa è il rap e cosa è l’hip hop?
W.: L’hip hop è la cultura e il rap è la musica. A me piace tutto quello che fa parte della cultura hip hop, a partire dai vestiti.
Ti vedremo un giorno fare break dance nei corridoi della metropolitana milanese?
W.: No, mai, zero! Quella roba fa parte della cultura annoi 80 dell’hip hop, che vuole la break dance e le scritte sui muri. Non è così! Adesso hip hop è tutta questione di moda, possiamo dire che sia la quinta disciplina dell’hip hop insieme a wrinting, djing, mcing, b-boying. Oggi, se dovessero rivisitarli, i fondamenti dell’hip hop sarebbe solo moda e musica.
Ma non hai paura di aizzarti contro il mondo del rap? Con quello che dici sminuisci tutta una cultura…
W.: Ma chi fa le scritte sui muri oggi? I vandali!
Ma non esistono i vandali! È è un concetto antico!
W.: Si, vandalo è una parola antichissima! Il fatto è che o c’è un livello artistico di un certo tipo come Banksy o altrimenti non ha senso. A Milano ci saranno sicuramente artisti bravi, inseriti nel mondi hip hop, ma oggi è tutto social media. Quello figo che spacca oggi è Moab che ha fatto la copertina dell’ultimo disco dei Migos, uno dei gruppi emergenti americani più forti degli ultimi tempi. Se dovessi dare un premio, lo darei a lui. Con tutto il rispetto per i vandali che scrivono sui muri!
Ma quello che oggi fa le copertine dei dischi magari prima scriveva sui muri, no?
W.: Ma va, non è vero! È uno che già a 3 anni smanettava su Photoshop a treno e adesso ha fatto la copertina dei Migos! È tutto fatto con i computer oggi!
Ma allora non possiamo parlare di street art!
W.: Ma certo, invece! Perché vai in giro con i computer! La street adesso è andare in giro col telefono!
Beh, i concetti cambiano nel tempo! Magari hai inventato il nuovo significato di street art…