Recensione di Gustavo Tagliaferri
Un disco, la sua lavorazione, i graduali indizi e spigolature, la conseguente e tanto agognata pubblicazione: fattori che, una volta messi assieme come tasselli di un puzzle, possono davvero lasciar intendere molto quando il soggetto in ballo è un personaggio che ha visto la sua progressiva formazione in quel della Brianza, tra DJ set ed esperienze in progetti come Rezophonic e Toxic Tuna, fino a realizzarsi definitivamente. Ketty Passa, al secolo Concetta Passaretta, non è affatto una sprovveduta e tutto vuole fuorchè lasciarsi manomettere dal concetto di fama. Se “Era Ora” deve essere, come vuole il suo album d’esordio, che “Era Ora” sia, perché una scelta simile non avviene per puro caso, specie quando l’intento è quello di dare la propria visione di una possibile “urban music” nostrana, scevra da luoghi comuni tipici di nomi di spicco che invogliano maggiormente a cambiare ripetutamente frequenza radiofonica. Sonorità urbane dove ognuno dei diretti interessati situati qua e là ha un ruolo altrettanto rilevante, in una sinergia che, tra composizioni ed arrangiamenti, vede congiungersi Max Zanotti (Deasonika), Davide Ferrario, Marco Zangirolami e persino i 2 Fingerz, solo per fare alcuni nomi. Ma soprattutto lei, Ketty, i cui dieci brani singolarmente sono caratterizzati da un’identità non da poco conto e da una vocalità che passa dallo sfotto, più che dissing, sotto forma di hip hop tanto accessibile quanto fuori contesto, ai recenti tormentoni di C’mon alle frenetiche ed esplosive peripezie incastrate tra gli scorci etno-nipponici di Sogna, ma proprio per questo non si limita solo a questo e sa quando è il caso di cedere a giochi a cappella, alla base di una rilassata Ho dato tutto, o farsi narratrice di flebili storie in un crescendo futuristico dal fare rock, magari come quella di Caterina, adeguatamente lanciata, mentre Sola al tavolo è un r’n’b che a suo modo trae ispirazione da una Dilemma di memoria nellyana e kellyrowlandiana per farsi ancor più etereo, ma funge anche da tappeto rosso sul quale muoversi prima dell’esplosione electro di Fino in fondo, ed il senso di intimità soffocato da un tripudio di synth quando incombe Il sole tramonta lascia intendere come l’artista sia particolarmente portata con il pop tanto da raggiungere lo zenith con una ballata come Voglio di più. Praticamente una versatilità al cui interno trova spazio anche una durezza di fondo il cui ideale sfogo è beat spezzati, gradualmente irrobustiti, di Credevo fossimo amici, in perfetta antitesi con riff country-rock in continuo loop, ed in particolar modo nell’invettiva fatta di bassi oscuri, reminiscenze tribali e refrain a mò di mantra alterato, di Le 3 cose che non sopporto, indubbiamente, assieme a Voglio di più, il momento per antonomasia del lotto. Una nudità di fondo che, nel complesso, lascia intuire come “Era Ora” sia dotato di una bellezza dalle molteplici sfaccettature, di quelle tanto ridotte all’osso quanto prossime a guadagnare ulteriore corposità nel momento in cui viene messa alla prova su altre sedi, e proprio perché tale costituisce un’odierna eccezione alla regola da parte di un’artista su cui puntare il più possibile, che assieme a Joan Thiele e Calypso Chaos, per fare altrettanti nomi di tale linea d’onda, apre ulteriori squarci di lucidità ed ottimismo. “Era Ora”, davvero.
Ketty Passa – Era Ora
(2017, Edizioni Musicali 22R)
1. C’mon
2. Le 3 cose che non sopporto
3. Caterina
4. Voglio di più
5. Sogna
6. Sola al tavolo
7. Credevo fossimo amici
8. Il sole tramonta
9. Fino in fondo
10. Ho dato tutto