Recensione di Gustavo Tagliaferri
Suona scontato dirlo, ma ancora una volta bisogna ammetterlo: in due si vince, o quantomeno in buona parte si può.
Perché, certo, non sempre è cosa facile. Nascere, crescere, inventarsi e reinventarsi sono processi che non sempre richiedono immediatezza ed alla luce del successo di band come i Bud Spencer Blues Explosion proporre con analoga meticolosità una formula come la loro si fa un po’ più complicato. Ma a Roma come a Napoli certe sorprese possono avvenire eccome, specialmente quando la devozione a cui sono soggetti Valerio De Martino e Jonathan Maurano (già EPO), rispettivamente basso e batteria, più che al blues è in primo luogo rivolta allo stoner: i Buddha Superoverdrive sono la prova di come i propri intenti possano ancora una volta trovare terreno fertile e favorevole quando c’è da sublimarli in un album, tale Nuovi Cannibali, specialmente se tali intenti, incentrati sullo stoner, a loro volta portano con sé espedienti altrettanto rilevanti che confluiscono in composizioni mai fini a loro stesse, dove si passa dall’incalzante fuzz’n roll di Tutto da rifare e soprattutto di Cannibali, fatta di note elettrificate che scorrono con un’intensità sempre maggiore alle tentazioni math-punk di Buona regina, alle quali non può resistere neanche il quasi-manifesto di SuperOverDrive, passando per i richiami heavy-psych di Magnolia, che se in questa fungono da ponte levatoio verso un graditissimo irrobustimento finiscono poi per rivelarsi in tutto il loro splendore nell’ipnotica jam fatta di tempi variabili, esplosioni ritmiche a volte fuori controllo ed estasi a mò di riverberi che è Pagliacci e nelle tinte visionarie di una sospesa Elefanti, dove quasi in concomitanza con il titolo ha gran voce in capitolo un prodigarsi di tamburi munito dell’elemento tribalistico, a sua volta particolarmente camuffato ma non per questo assente al centro di 1000 Watt, dei suoi 6/4 e del suo mantra mormorato in graduale ascesa, poi sostituito da un refrain 60’s, dal fare lievemente hendrixiano.
Situazioni irresistibili in cui si inseriscono anche il dilatato e trascinante blues di Quasi fragile ed il rock senza fronzoli di Il male minore, lungo una linea curva tracciata nella sua interezza, Finoallafinedelcerchio, appunto, là dove la sintesi della proposta in esame, espressa attraverso un momento, si munisce di sfumature elettro-noise-lo-fi e continui scuotimenti di pelli che man mano colonizzano il terreno circostante, con il risultato di renderlo, contrariamente a tale azione nella realtà odierna, assai fruttuoso, molto più che gradevole, anzi, tale da ingranare sempre più con gli ascolti. Nuovi Cannibali va maneggiato con cautela, ma una volta che ci si ha a che fare non ce ne si stacca tanto facilmente, ed è meglio così, tanto per i Buddha Superoverdrive quanto per una Napoli sempre più variegata in ciò che riserva ai più.
Buddha Superoverdrive – Nuovi Cannibali
(2016, autoprodotto)
1. Tutto da rifare
2. Cannibali
3. Magnolia
4. 1000 Watt
5. Buona regina
6. Quasi fragile
7. Il male minore
8. SuperOverDrive
9. Pagliacci
10. Elefanti
11. Finoallafinedelcerchio