Recensione di Gustavo Tagliaferri
Che le intenzioni de La Batteria fossero tali da confluire, come sbocco principale, in un profondo contatto con la library music, senza focalizzarsi esclusivamente sulla componente spionistica, diversamente da quanto fatto dai Calibro 35 dei primordi, era assai comprensibile sin dall’ottimo album d’esordio, felicissima aria fresca per una scena, quella romana, ormai particolarmente frammentata. Intenzioni che a loro volta non stupisce che possano portare anche all’accettazione di una sfida, forse azzardata, essendo relativa ad un film storico degli ’80 ed in concomitanza con l’uscita dell’opera postuma del suo regista, ma indubbiamente ben ponderata. Emanuele Bultrini, Paolo Pecorelli, Stefano Vicarelli e David Nerattini, al secolo La Batteria, veterani dalle molteplici esperienze, ne hanno di sale in zucca per mettersi a risuonare “Amore Tossico” e di conseguenza omaggiare Claudio Caligari: risuonare a mò di “Tossico Amore” le musiche di Detto Mariano necessita meticolosità, fedeltà ma al contempo una strabordante personalità, tre topi che ai nostri non mancano di certo, immersi in una varietà che si confà alla narrazione dell’opera senza mai eccedere: se M1 cela un incedere di natura progressive, sommesso eppure incalzante, fatto di Hammond e Korg ben sorretti dall’ineccepibile Vicarelli, l’ossessiva melodia alla base di M11 cambia le carte in tavola mettendo alla luce gratissime reminiscenze di stampo wave e seguendo a sua volta un ponte levatoio a cui non viene meno la pioggia kraut fatta di synth, programmazioni analogiche e chitarre battenti che aleggia su M2, che sembra quasi dare l’impressione di una violenta serenata pronta a sfociare in certo rock, ma anche in M17 non si hanno impressioni tanto distanti, viste le sensazioni disco tout court, di stampo 70’s/inizio 80’s, che sembrano andare a nozze con un’aria lievemente kraftwerkiana. Una scuola di pensiero in cui lo studio di ogni singolo dettaglio, negli arrangiamenti, rifugge ogni rischio di saccenza e di compitino portato a termine e dà il meglio di sé anche quando c’è da tracciare il climax situato nei brevi intermezzi: M29 è una cosmica, sinistra e distorta dicotomia, M3 cela, dietro un ossessivo finger picking, un crescendo paradisiaco, M21, nel giro di quattro note, invoca a sé galassie che si fanno tutt’uno con la psiche di una gioventù bruciata, mentre M35, che lascia spazio in primis alla chitarra acustica, sembra evocare sentimenti spiritual riflessi nelle portanti voci a cappella. Si può dire che Claudio Caligari abbia avuto, dopo la premiazione di “Non Essere Cattivo”, tanto giustizia quanto ulteriore valorizzazione con un’opera del genere? Assolutamente sì e La Batteria si conferma come una band da tenere d’occhio sempre di più, mai ferma sui suoi standard e sempre desiderosa di stupire i più e progredire nel suo percorso di ricerca.
La Batteria – Tossico Amore
(2016, Penny Records)
1. M1
2. M29
3. M2
4. M3
5. M11
6. M21
7. M17
8. M35