Recensione di Gustavo Tagliaferri
Quando si fa della provocazione una ragione di vita ci si può trovare prima o poi faccia a faccia con la consapevolezza di sé, con il raggiungimento della maturità e di conseguenza con la necessità di lasciare da parte ogni parola o discorso di troppo. Arrivare dritti al punto permettendo la pace con il lato emotivo e quello razionale del proprio io. È qui che la provocazione non muore di certo e la messa da parte risulta solo una mera illusione, fortunatamente. Dopo “I Love You” si aveva proprio una simile impressione, rivolgendo nuovamente lo sguardo al Management Del Dolore Post-Operatorio, vista la riduzione all’osso della formazione, ormai incentrata sulle personalità di Luca Romagnoli e Marco Di Nardo. Ma, anche considerando il supporto da parte degli IMURI come nuovi musicisti di accompagnamento, non vi è alcun pericolo: si nasce incendiari e non si muore pompieri quando si ha a che far con “Un Incubo Stupendo”, quinto disco in studio del gruppo di Lanciano, ovvero un lavoro incentrato probabilmente sull’ipotesi di un possibile dualismo, non solo a livello stilistico, insito nella loro anima, secondo cui l’elemento sentimentale si dimostra prima impressionista e successivamente espressionista, per certi versi. Non errando affatto, dal momento che l’elemento sentimentale guadagna una certa voce in capitolo già da Naufragando, lanciata in modo tale da rivelare un’indole pop indurita e ben sfruttata, proseguendo verso una spensieratezza che germoglia man mano, con un tocco XTCiano, nel corso di Visto che te ne vai, ma guadagnando sempre più energia una volta che ci si trova di fronte all’elettronica cadenzata che fa propria Il vento, all’enfasi rock della titletrack e all’inondazione a mò di riff che freneticamente travolge Il tempo delle cose inutili. Il resto è espressione di pura schiettezza, tutt’altro che controproducente per i ragazzi: l’incalzante storia che ruota attorno a Marco il pazzo viene tracciata tanto con una certa grinta quanto con un atteggiamento non troppo distante dal Vasco Rossi dei primordi, continuando fedelmente quella strada già tracciata con successo soprattutto con “McMao”, Una canzone d’odio occhieggia al funky preferendo, più che un accenno, un indurimento vero e proprio, ma è con tre brani che il Management realmente spinto e lontano da ogni barriera alza la voce, attraverso degli autentici inni alla libertà di genere e di scelta, prima con i germi bipolari disco-funk di Il mio corpo e poi con l’excursus estasiante di Esagerare sempre, assai in linea con certe divagazioni legate a recenti documentari di concittadini, per poi far sfoggio di un piglio alla Skiantos particolarmente azzeccato, quello che anima Ci vuole stile. Sì, la provocazione vive ancora e non si ferma alle chiacchiere da bar, tanto meno non impedisce che il Management Del Dolore Post-Operatorio possa dar vita a dischi ancora degni di considerazione. Come “Un Incubo Stupendo” è, secondo un segnale di crescita ed al contempo di coerenza con se stessi.
Management Del Dolore Post-Operatorio – Un Incubo Stupendo
(2017, La Tempesta Dischi / Garrincha Dischi)
1. Naufragando
2. Un incubo stupendo
3. Il vento
4. Il tempo delle cose inutili
5. Il mio corpo
6. Una canzone d’odio
7. Esagerare sempre
8. Visto che te ne vai
9. Marco il pazzo
10. Ci vuole stile