Recensione di Gustavo Tagliaferri
Arrivare dritti al punto, cogliere il succo del quale è composta una canzone, a livello testuale e compositivo. Forse non affidandosi necessariamente ad arrangiamenti basilari, né tanto meno chinando il capo alla figura dell’artista solo voce e chitarra, immagine troppo, troppo basilare. Fantasia, di quella di cui sono dotati solo certi personaggi, magari certe donne, alla base di esperimenti felicemente tentati ed ancor più felicemente riusciti, eccezioni alla regola che una volta ponderate con attenzione risultano ancor più ben accette, forse qualcosa che va oltre la voglia di divertirsi in primis. Due Vale, due Varlets. Vale & The Varlet, appunto, queste le entità in esame, il cui “Believer”, preso nel mirino, già dalla sua idea cela numerosi aspetti che gradualmente finiscono per crescere, specialmente se le dirette interessate sono Valentina Paggio e Valeria Sturba, fautrici di voci e manipolazioni di qualsivoglia sorta e strumentiste tutt’altro che dedite ad affrontare percorsi monotoni, la prima dotata di una voce di bambina celante influenze mai statiche, che partono da Millie Small per poi passare a Bjork ed approdare a certa scuola americana, la seconda una polistrumentista le cui sfaccettature si sono sempre rivelate all’altezza della situazione, singolarmente e nelle varie collaborazioni: la versatilità al potere, che tiene fede ai propri obiettivi nel momento in cui si ascolta e ci si immedesima nei brani risultanti. Come vi è una componente ludica che è diretta protagonista di ninne nanne ridotte al minimo indispensabile, come un’opera d’arte più impressionista che espressionista, si chiami o meno BoBe, ed ama al contempo perdersi nel mezzo di arrangiamenti minimali eppur funzionanti, dai pizzicati di I Forgot Belgium, che paiono riflettere un’Islanda dalle tinte zingaresche attraverso un mood da camera, all’ipnotico scorrere di theremin di Minnie, entrambi sotto l’egida della Sturba, altrettanto presente è un’accezione pop che con un filo di voce ed un fido pianoforte, à la Regina Spektor, fa breccia in una Oh Love Me i cui ectoplasmi ambient aggiungono un che di teatrale al tutto, salvo poi concedere maggiore spazio alla forma canzone nel corso di Alejandro ed alle atmosfere soffuse e spiritate della titletrack, che come in un quadro tracciano un paradiso terrestre interrotto da luci abbaglianti che vanno di pari passo con beats possenti, un panorama che forse va di pari passo con il rumore del silenzio di TechnOmg, atipico esperimento a metà tra un ipotetico elettrocardiogramma celante marasma di calcoli tra il kraut e drone ed una linea vocale sospesa tra spoken word e sinfonie corali; non da meno il coacervo dai tratti maggiormente internazionali che se prima distorce i Beatles di Help sublimandoli in un contrasto odio-amore che sembra soffocare qualche vagito rock, come dimostra pienamente Please Help Me, in seguito, con l’ossatura di Slight Story, fa pensare ad una mistura di Brechtian punk cabaret ed ossature folk, a giudicare dal refrain, resa attraverso atmosfere sognanti, ed a fare da ideale antitesi sono sia Sunday Morning, madida di riverberi e distorsioni allucinate prima e sfociante in un incalzante blues poi, che ammalia, stordisce e non si scrolla di dosso neanche minimamente le sensazioni di cui si è fatto portatore, che la chiosa soul per voce e percussioni della conclusiva Only A Man. Per quanto complessivamente non siano pochi i momenti in cui emerge una possibile osticità di fondo per quel che riguarda i novellini, l’obiettivo di Vale & The Varlet risulta portato a compimento con stile e determinazione e “Believer” non delude alcuna aspettativa, visto l’elevato livello di personalità e fascino. Un lavoro meritevolissimo di più di una considerazione, non solo da parte degli amanti delle produzioni fuori dagli schemi.
Vale & The Varlet – Believer
(2016, A Buzz Supreme)
1. I Forgot Belgium
2. Oh Love Me
3. Sunday Morning
4. Alejandro
5. Slight Story
6. Believer
7. Please Help Me
8. BoBe
9. TechnOmg
10. Minnie
11. Only A Man