Intervista di Gianluca Clerici
Quello dei Malmö è un esperimento che diventa esperienza. È un esordio che diventa musica in sospensione. È l’influenza islandese che si fa poesia e prende appena le pieghe di un pop d’autore italiano. Si intitola Manifesto della chimica romantica e noi li ospitiamo volentieri per scoprire un punto di vista giovane e forse ingenuo com’è ovvio che sia ma probabilmente assai più esterofilo già sulla linea di partenza.
Fare musica per lavoro o per se stessi. Tutti puntiamo il dito alle seconda ma poi tutti vorremmo che diventasse anche la prima. Secondo voi qual è il confine che divide le due facce di questa medaglia?
Per quanto riguarda la nostra esperienza, pensiamo sia palese che non scriviamo delle hit da milioni di ascolti, ma il riscontro del pubblico è, anche per noi, il premio per tutti gli sforzi che giorno per giorno si fanno per lavorare in questo mondo. Questo per dire che fare musica per passione non implica che non possa diventare un lavoro e viceversa.
Crisi del disco e crisi culturale. A chi dareste la colpa? Al pubblico, al mercato, alle radio o ai magazine?
Il discorso è veramente molto complesso. Probabilmente mai come in questo momento in Italia il mondo cosiddetto indipendente ha avuto tanto riscontro. È ovvio che l’avvento dei social e dei portali come youtube e spotify abbiano inciso notevolmente in maniera negativa sulle vendite dei dischi, ma c’è un fermento davvero molto importante, con tanta gente che è tornata nei club a sentire concerti e tanti addetti ai lavori attenti verso gli artisti affermati ed emergenti. Forse quello che è cambiato in questo periodo storico è che non sempre è il più bravo a vendere di più, come magari accadeva negli Anni ’60 e ’70.
Secondo voi l’informazione insegue il pubblico oppure è l’informazione che cerca in qualche modo di educare il suo pubblico?
Domanda da un milione di dollari! Probabilmente ci sono dei fenomeni talmente forti che l’informazione non può altro che prenderne atto e cavalcare l’onda. Altri invece, e pensiamo per esempio ai talent, in cui l’informazione e i media in generale, spingono per propinare un prodotto pre confezionato.
La musica dei Malmö lascia sospesi, ferma tutto questo mondo in una nuvola di polvere. In qualche modo si arrende al mercato oppure cerca altrove un senso? E dove?
Noi suoniamo quello che ci piace, senza badare troppo alle mode o ai trend del momento. Il fatto che nel 2017 in Italia sia uscito un disco post-rock, per noi è già una vittoria. Ciò non significa che siamo appagati o ci sentiamo lontanamente arrivati, ma significa che c’è una fetta di pubblico pronta ad accogliere anche noi.
In poche parole… di getto anzi… la prima cosa che vi viene in mente: la vera grande difficoltà di questo mestiere?
Che per cominciare a vivere di musica bisogna fare dei sacrifici in termini di impegno ed economici a volte davvero insostenibili. La vera difficoltà è cominciare a farlo questo mestiere.
E se aveste modo di risolvere questo problema, pensate che basti?
Forse la crisi della vendita dei dischi induce le etichette a lasciare gran parte del lavoro agli artisti e purtroppo a limitarne soprattutto in termini economici, il proprio apporto. Per quanto ci riguarda, siamo stati molto fortunati a trovare sul nostro percorso Massimiliano Barba che con Manita Dischi ci sta dando veramente una grossa mano.
Finito il concerto dei Malmö: secondo voi il fonico, per salutare il pubblico, che musica di sottofondo dovrebbe mandare?
Probabilmente una bella canzone italiana degli anni ’60, magari di Gino Paoli.