Recensione di Gustavo Tagliaferri
Il risveglio dei Messaggeri.
Perché, si sa, non sempre un pianeta può risultare operativo a cadenza annuale, eppure anche in tempo di silenzio non cessa mai di risultare attivo quando si tratta di progredire tanto per sé quanto per gli altri, abitanti o visitatori che siano. C’è poco da dire in merito: MoRkObOt non è solo il passaporto per un’altra dimensione, è una più che confermata realtà che per quattro volte di fila ha dimostrato di avere sempre molto da dire, basandosi principalmente su un linguaggio alieno quanto basta, quello del drone, per risultare comprensibile alle orecchie tanto di chi si abbevera di misteri e studi quanto dei sostenitori “dell’altra” musica nostrana. Proprio alla luce di ciò, cinque anni dopo la pubblicazione di “MoRbO”, intervallati da uno split condiviso in casa Subsound con i Vanessa Van Basten, l’arrivo di questo “GoRgO” non solo si fa salutare con gaudio, ma, complice il recente cambio dietro le pelli, che vede l’approdo alla base di un nuovo Messaggero, da Len a Lon, presenta non poche novità in programma, le quali non solo non snaturano affatto il tocco del trio ma confermano quell’indole variegata che già in precedenza è risultata uno dei loro punti di forza. Nuova invasione, pertanto, un’invasione che si fonda di espedienti che, in primis, guardano maggiormente al math-core, per una tesi che vede adeguata conferma nel corso delle digressioni al centro di Kogromoth, stop’n go inclusi, in Gorokta, che sembra divorare le passate esperienze drone per poi implodere con esse e portare ad un’esplosione noise quasi di natura industriale, fatta di transistors impazziti e ritmiche pulsanti, tendenti al marziale, oppure in Krogor, il cui cuore pulsante e rumoroso sembra celare qualche espediente tipico anche della corrente psych; tre istantanee ove la possenza della batteria di Lon alletta non poco e mostra come il nostro sappia dimesticarsi con maestria senza mai ridursi ad un becero compitino, risultando decisamente all’altezza di Len. Non meno funzionanti sono Kologora, furente cavalcata intrisa di misticismo, più indiano che arabeggiante, ove l’accoppiata di bassi da parte di Lan e Lin sembra quasi rifarsi ad un mood di natura primusiana e presenta una spigolosità che già dalla seconda metà del lavoro non dà scampo alcuno: Ogrog presenta ispirazioni da film horror, quasi splatter, e non a caso è dominata da nervature metal tout court, pur con qualche tinta progressive azzardata eppure ben gradita, secondo una linea d’onda da cui non si distacca, pur tuttavia preferendo un andamento cadenzato, la ruspante e delirante Kromot, che pone le basi per una catastrofe sonora di cui si farà portavoce Gorog, chiusura del cerchio eppur ideale nucleo dell’opera, una traversata fatta di cunicoli e sottopassaggi ed impregnata di schizzi noir, ma soprattutto un fumoso crescendo che sembra quasi richiamare a modo proprio certe follie in parte dark-wave in parte appartenenti a certi degli Ulver di stampo ambient per poi richiamare definitivamente proprio quel sopracitato drone, che tanto li aveva visti gradualmente insorgere, e non a caso la presenza addizionale dei synth di Giulio “Ragno” Favero dà man forte al risultato finale. “GoRgO” è un ritorno in piena regola, una quinta fase che ai MoRkObOt fa solo che bene ed apre in maniera molto dignitosa un nuovo ciclo. I più avvezzi alla leggerezza probabilmente non troveranno pane per i loro denti, i più ingegnosi molto probabilmente il contrario, ma forse non solo loro. Di certo, lunga vita e prosperosità a MoRkObOt.
MoRkObOt – GoRgO
(2016, Supernatural Cat)
1. Kogromoth
2. Kologora
3. Gorokta
4. Ogrog
5. Kromot
6. Krogor
7. Gorog