LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: LEBOWSKI

Intervista di Gianluca Clerici

Ho spulciato in rete e forse la parola più usata a spasso per la critica è AVANGUARDIA. Io citerei anche le dissonanze indie di un’Italia anni ’60, giusto per non essere sacrilego. Ma l’esperienza musicale dei Lebowski con questo nuovo disco dal titolo “Cura violenta”, se è vero che non arriva a tanta psichedelia di cultura e di suono, celebra in qualche modo un concetto di punk popolare – ovviamente italiano e di cliché. Dalla nostra provincia nasce fuori la vera ispirazione e non c’è spazio per rilassare i muscoli in favore del santo pop da copertina radiofonica. C’è rabbia da cacciare. Ecco un disco che fa al caso. Ed ecco il punto di vista dei Lebowski alle consuete domande di Just Kids Society:

Fare musica per lavoro o per se stessi. Tutti puntiamo il dito alle seconda ma poi tutti vorremmo che diventasse anche la prima. Secondo voi qual è il confine che divide le due facce di questa medaglia?
[Nicola] Bella domanda! Se lo sapessimo l’avremmo già varcato e saremmo già musicisti a tempo pieno che riescono a sostentarsi con il frutto della propria creatività! 🙂
A parte scherzi, crediamo che l’affermazione come musicisti passi per una serie di fattori che non sono tutti strettamente dipendenti dal musicista/gruppo stesso. Alcuni naturalmente si, come il background musicale e il gusto: banalmente, se sei cresciuto a punk-hardcore ed è il solo linguaggio che da musicista riesce a farti esprimere, poi è dura trovare spazi al di fuori dalla tua nicchia. Altri meno, vedi l’avere il disco giusto al momento giusto. Comunque, al di là di una buona dose di fatalismo, crediamo anche che la costanza, il lavoro quotidiano e l’abnegazione siano la carta vincente per raggiungere begli obiettivi, naturalmente partendo da se stessi: rinnegare la propria sensibilità e voler essere altro per (presunta) convenienza, non porta mai tanto lontano, secondo noi.
E poi oggi bisogna integrare più attività legate alla musica per poter riuscire ad andarci avanti: c’è chi apre uno studio di registrazione, chi un’etichetta, chi un ufficio stampa o agenzia di booking, altri hanno 3/4 gruppi con cui alternano l’attività live e praticamente sono sempre in tour… certo è che bisogna avere competenza a 360 gradi e darsi sempre da fare!

Crisi del disco e crisi culturale. A chi dareste la colpa? Al pubblico, al mercato, alle radio o ai magazine?
[Riccardo L.] Sicuramente al pubblico. Abbiamo la possibilità di ascoltare, leggere e vedere quello che vogliamo. Non per forza siamo obbligati ad usufruire dei canali d’informazione più popolari e che vanno per la maggiore. Poi se l’ascoltatore ha bisogno di vedere i talent musicali per decidere cosa ascoltare o se pensa che così si fa musica, beh questo è solamente un suo problema.

Secondo voi l’informazione insegue il pubblico oppure è l’informazione che cerca in qualche modo di educare il suo pubblico?
[Riccardo L.] Teoricamente è l’informazione che insegue il pubblico e soprattutto i suoi gusti e le sue richieste. Poi se ci troviamo di fronte ad un pubblico non propositivo e omologato nelle scelte, sicuramente la situazione si ribalta ed è l’informazione, in maniera particolare quella economicamente più forte, che ha il potere di educare il pubblico.

La musica dei Lebowski graffia la faccia di questa Italia omologata senza se e senza ma. In qualche modo si arrende al mercato oppure cerca altrove un senso? E dove?
[Nicola] I Lebowski cercano semplicemente di essere onesti con loro stessi e di trasfigurare in musica quello che vivono, ascoltano, vedono o credono di vedere attorno a loro… naturalmente il disagio, la paura, l’ignoranza, l’affrontare la diversità (sia in accezione positiva che negativa), la rassegnazione, la cattiveria, l’arroganza, ecc. sono tutti elementi che da qualche anno a questa parte pervadono l’Italia, e non solo il nostro Paese, quindi sono andati a confluire nel nuovo album. Poi se questo ci allontana dal mercato discografico perché attualmente sembra soprattutto rivolto a certa “morbidezza/smielatezza”, allora è una conseguenza che vogliamo affrontare con dignità e serenità.
Ma di sicuro non riesce ad allontanarci dal mercato globale, che, anche se non ci piace, ormai è entrato nella nostra quotidianità e sta sconvolgendo da tempo la nostra società. Di fronte a queste macro dinamiche universali è facile arrendersi (alcuni dei protagonisti delle nostre canzoni sono proprio così, delusi, frustrati, spietati), ma quello che ci auguriamo è che ognuno trovi dentro di sé la forza di non omologarsi verso il basso.

In poche parole…di getto anzi…la prima cosa che vi viene in mente: la vera grande difficoltà di questo mestiere?
[Riccardo F.] E’ che non è propriamente riconosciuto come mestiere, quanto meno in ambito underground. Nessuno di noi cinque fa di mestiere il musicista nel senso che nessuno di noi vive di sola musica. Questo purtroppo ci crea dei problemi legati sia alla continuità che riusciamo a dare al progetto, sia dal punto di vista artistico che nella gestione dei live. Detto questo, ad oggi siamo riusciti a pubblicare quattro album, a suonare in tutta Italia e ad ottenere ottimi feedback sia dal pubblico che dagli addetti ai lavori.

E se aveste modo di risolvere questo problema, pensiate che basti?
[Riccardo F.] Non potendo prevedere il futuro non saprei rispondere 🙂 Scherzi a parte, penso che ci aiuterebbe molto.
Però vorrei essere chiaro su un punto: per noi il problema del “mestiere” non è un alibi, ma una scelta. Abbiamo scelto (o per lo meno la maggioranza dei componenti) di non fare il mestiere del musicista. Non scendo nel merito della scelta, dato che è personale, ma ci tenevo a dire che siamo consapevoli che nessuno ci ha impedito di scegliere di fare i musicisti, siamo stati noi stessi.

Finito il concerto dei Lebowski: secondo voi il fonico, per salutare il pubblico, che musica di sottofondo dovrebbe mandare?
[Simone] È una domanda difficile, perché ci sono molti artisti che ci piacciono e molti generi che ascoltiamo. Ti direi che se il fonico mettesse qualcosa dei Talking Heads non dispiacerebbe a nessuno dei cinque. Però ti propongo cinque pezzi ognuno per un componente, poi sta a voi riconoscere a chi associare il pezzo, anche se in realtà sarebbero intercambiabili: “Jerry was a race car driver” dei Primus, “Honey White” dei Morphine, “Tupelo” di Nick Cave, “Emilia Paranoica” dei CCCP e “No One receiving” di Brian Eno.

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