Intervista di Gianluca Clerici
Bel sentire d’autore, bella sensibilità di donna, bell’analisi spigolosa e bel calore di artista che la vita in qualche modo l’ha misurata a partire da quegli anni che la musica davvero smuoveva le coscienze e le abitudini. La fortuna di avere tra le mani un disco della RadiciRecords che forse un domani saranno vere e proprie chicche da collezionismo. Il nuovo lavoro di Silvia Conti si intitola “A piedi nudi (psichedeliche ipnotiche nudità)” ed è un concentrato di umanità nel bellissimo pop maturo prodotto da Gianfilippo Boni. Bel sentire a cui si deve dar voce. A breve mi dedicherò anche ad una recensione… intanto eccovi le sue risposte alle consuete domande di Just Kids Society:
Fare musica per lavoro o per se stessi. Tutti puntiamo il dito alle seconda ma poi tutti vorremmo che diventasse anche la prima. Secondo te qual è il confine che divide le due facce di questa medaglia?
Il confine spesso è dato dalle circostanze o, se vogliamo, dal fattore “C”. Fare musica, come ogni attività artistica, è diventato sempre più difficile. Io ancora mi sento dire: “Si, ok, sei una cantante, ma di lavoro che fai?”.
Crisi del disco e crisi culturale. A chi daresti la colpa? Al pubblico, al mercato, alle radio o ai magazine?
Un po’ a tutto quello che hai nominato perché ogni cosa è collegata all’altra. Il pubblico va educato, le radio e i magazine seguono le mode, le mode sono controllate dal mercato e via così, non se ne esce.
Secondo te l’informazione insegue il pubblico oppure è l’informazione che cerca in qualche modo di educare il suo pubblico?
È come ho scritto sopra, una specie di gatto che si morde la coda: l’informazione educa il pubblico come più gli aggrada e poi ne segue le inclinazioni.
La musica di Silvia Conti è quel pop che attinge al resto del Mondo per cantare con poetica e precisione di ciò che vive attorno. In qualche modo si arrende al mercato oppure cerca di inseguirlo?
Nessuno dei due. Non mi sto vantando di essere autonoma dal mercato poiché anch’io ne sono, anche inconsapevolmente, influenzata ma ho realizzato il mio ultimo disco, “A piedi nudi (psichedeliche ipnotiche nudità)” assolutamente in libertà, senza mai considerare il mercato o il pubblico, ho fatto quello che mi piaceva fare, semplicemente. Credo che questo sia ciò che fa la differenza.
In poche parole…di getto anzi…la prima cosa che ti viene in mente: la vera grande difficoltà di questo mestiere?
La mancanza di cultura musicale, la non abitudine all’ascolto e la mancanza di rispetto nei confronti dei musicisti. Basta pensare alla difficoltà che incontriamo nei live semplicemente perché abbiamo problemi a farci pagare.
E se avessi modo di risolvere questo problema, pensi che basti?
Direi di si. La musica dovrebbe tornare a farla da padrona come alla fine degli anni ’60. E’ stato un periodo fantastico (non solo musicalmente) ma, ahimè, lo considero un sogno irrealizzabile.
Finito il concerto di Silvia Conti: secondo te il fonico, per salutare il pubblico, che musica di sottofondo dovrebbe mandare?
Il mio disco parte con il brano dal titolo “Mi minore dalla Leti” e all’inizio del pezzo Bob Mangione (il direttore musicale del progetto) legge una lista di quelli che sono alcuni degli album che hanno fatto di me quella che sono. Basta sceglierne uno qualunque, andrà bene!