Intervista di Gianluca Clerici
Giacomo Toni pubblica questo disco irriverente, spocchioso, noncurante della privacy altrui, poetico, romantico, d’avanguardia. Cantautore punk classico di pianoforte – manco a dirlo – punk. Di quegli artisti che vedresti bene con un cappello da maniscalco o magari su un caravan per il quartiere popolare a stanare il pirata e il mangiafuoco. E dietro la coltre di personaggi di fantasia c’è la verità di tutti i gironi. Forza della canzone d’autore firmata da Giacomo Toni. Ecco il suo punto di vista alle consuete domande di Just Kids Society:
Fare musica per lavoro o per se stessi. Tutti puntiamo il dito alle seconda ma poi tutti vorremmo che diventasse anche la prima. Secondo te qual è il confine che divide le due facce di questa medaglia?
Credo che sia il pubblico a decidere se è venuto il momento di farlo diventare un lavoro. Se non si crea almeno un piccolo interesse attorno a un progetto credo sia psicologicamente pericoloso oggi farsi delle aspettative. L’importante è farlo in maniera genuina, quando si compone sperando di far soldi si rischia sempre di essere ridicoli.
Crisi del disco e crisi culturale. A chi daresti la colpa?Al pubblico, al mercato, alle radio o ai magazine?
Direi che le case discografiche e le radio negli ultimi decenni si siamo date da fare per allontanare le persone che amano la musica. Hanno inseguito il gusto di quelli che credono di amare la musica, che sono la maggioranza.
Secondo te l’informazione insegue il pubblico oppure è l’informazione che cerca in qualche modo di educare il suo pubblico?
C’è qualcuno che prova a divulgare il meglio. Purtroppo mi pare che la tragedia dell’idiozia e della semplificazione del linguaggio rappresenti la maggioranza dei casi. L’informazione è al guinzaglio dei mezzi di comunicazione, e scodinzola.
La musica di Giacomo Toni è irriverente e detesta l’educazione. Ma in qualche modo si arrende al mercato oppure cerca altrove un senso? E dove?
Mah, direi che non si possa parlare di resa al mercato per quel che ci riguarda. Abbiamo sempre fatto la musica che desideravamo fare, senza calcoli.
In genere quando ci si arrende al mercato si viene ben pagati, e non è il mio caso. La nostra proposta è in controtendenza rispetto ai canoni estetici contemporanei, e quella è la nostra strada.
In poche parole… di getto anzi… la prima cosa che ti viene in mente: la vera grande difficoltà di questo mestiere?
La cosa più noiosa è farsi l’autopromozione come tristemente ci richiede il secolo.
E se avessi modo di risolvere questo problema, pensi che basterebbe?
Sarebbe bello che le canzoni viaggiassero da sole, di orecchio in orecchio, ma non basta…
Finito il concerto di Giacomo Toni: secondo te il fonico, per salutare il pubblico, che musica di sottofondo dovrebbe mandare?
Direi musica classica… Debussy magari o Ravel