Intervista di Gianluca Clerici
Dopo la recensione che vi abbiamo tracciato qualche giorno fa (LINK), come promesso eccovelo ospite di Just Kids Society. Come già sottolineato, Riccardo Maffoni rompe un silenzio in studio che durava da circa 10 anni. Torna in scena con un disco che mescola rock e canzone d’autore come nelle migliori tradizioni italiane lasciando chiari e sfacciati i riferimenti di origine. Da Springsteen a Vasco senza tralasciare un “timido” punto di appoggio in quella scena cantautorale dell’era digitale di oggi, senza farne abuso ma quasi come fosse solo un cameo e niente più. Con questo lavoro dal titolo “Faccia”, scrive di se e scrive di tutti noi in un certo senso. Quella bella sensazione di guardare il tutto senza fermarsi su un dettaglio soltanto. Le consuete domande di Just Kids Society a Riccardo Maffoni:
Fare musica per lavoro o per se stessi. Tutti puntiamo il dito alle seconda ma poi tutti vorremmo che diventasse anche la prima. Secondo te qual è il confine che divide le due facce di questa medaglia?
Credo che la passione sia la cosa sulla quale si fonda tutto. Puoi farlo per lavoro, puoi farlo per te stesso, ma senza passione non vai molto avanti.
Crisi del disco e crisi culturale. A chi daresti la colpa? Al pubblico, al mercato, alle radio o ai magazine?
La musica rifletta la società, la musica è parte della cultura di un paese. Non credo ci siano della colpe da dare, semplicemente si sono intraprese delle strade che hanno portato alla situzione attuale. Per un ragazzo di 15 anni non esiste la crisi del disco, non sa neppure cosa è un disco, e se lo sa forse non gli attribuisce il valore che gli do io che oggi ho 40 anni e alla sua età ascoltavo i vinili. Cambiano i valori, ma questo non significa che siano sbagliati solo perchè sono diversi da quelli con cui siamo cresciuti. I dischi non vendono perchè la tecnologia è entrata nelle nostre case, nelle nostre tasche e per ascoltare una canzone devo solo cliccare su un link, senza uscire di casa, prendere la macchina, guidare per mezzora, cercare un parcheggio, entrare in un negozio e cercare un disco che forse non c’è neppure. Io lo faccio ancora, ma oggi la tecnologia ha cambiato le nostre abitudini, la nostra vita.
Secondo te l’informazione insegue il pubblico oppure è l’informazione che cerca in qualche modo di educare il suo pubblico?
Credo che il pubblico dovrebbe essere educato ad informarsi, ma non accade quasi mai. Il pubblico oggi viene continuamente informato su qualsiasi cosa e questo crea spesso molta confusione.
La musica di Riccardo Maffoni è come un puzzle, è come fosse una grande canzone che si divide in tante angolazioni diverse. Musica d’autore elettrificata direbbe qualcuno. In qualche modo si arrende al mercato oppure cerca altrove un senso? E dove?
Sono una persona molto curiosa, mi piace ascoltare tanta musica, mi piace scoprire, capire, imparare, arricchirmi e quando entri in studio per registrare un album, per produrre ed arrangiare delle canzoni tutto questo si riflette sul tuo lavoro. Mi piace sperimentare, trovare il giusto equilibrio tra la canzone e l’arrangiamento. A volte nasce in modo quasi naturale, a volte si provano diverse soluzioni. La cosa più importante è capire quale sia il giusto vestito per la tua canzone. Più che arrendermi al mercato lo vedo come un ampliare i proprio orizzonti. Quando registro una canzone ho il solo obiettivo di renderla il più possibile simile a quello che ho in testa.
In poche parole…di getto anzi…la prima cosa che ti viene in mente: la vera grande difficoltà di questo mestiere?
Far capire che è un mestiere.
E se avessi modo di risolvere questo problema, pensi che basti?
Non so se è veramente un problema, ma molto spesso non lo si considera come un lavoro. Si dovrebbe invece spiegare, soprattutto ai giovani, che è un mestiere e che come tale va preso con serietà e con impegno e che non son tutte rose e fiori, ci vuole sacrificio e dedizione.
Finito il concerto di Riccardo Maffoni: secondo te il fonico, per salutare il pubblico, che musica di sottofondo dovrebbe mandare?
“Un giorno credi” di Edoardo Bennato.