Recensione di Gustavo Tagliaferri
Rappresentare la voce come strumento dell’anima, modalità di formazione di se stessi ed estensione delle proprie possibilità, in onore dei propri maestri, Demetrio Stratos ed Ernesto De Pascale in primis, tanto a livello pratico quanto intellettuale, e soprattutto mantenendo la consapevolezza di quanto un percorso basato sull’uso di essa possa comportare dei passi mossi con sempre maggiore attenzione. Comunicare con la voce fuori dal solito contesto è, non a caso, pratica che necessita cura ed attenzione, che scorra linearmente o si ritrovi in preda a variazioni in più casi gradite. Quando più di cinque anni fa vide la luce “Da Qui A Domani” per Miro Sassolini, voce storica dei Diaframma del periodo “Siberia”-“Tre Volte Lacrime”-“Boxe”, si stava definitivamente delineando un nuovo percorso in linea con l’obiettivo di cui sopra, allora basato su un’accezione in primis minimalista e ridotta all’osso, su un’attenzione rivolta al nucleo di ogni singola composizione, su sonorità principalmente di natura eterea, se non soffi al cuore di natura elettrica, come direbbe il Franco Battiato di anni addietro. Ma “Del Mare La Distanza” cambia radicalmente le carte in tavola e si pone come dimostrazione lapalissiana di metamorfosi e contemporanea metempsicosi: è il passo definitivo che andava compiuto da tempo, anche alla luce del fatto che già con “Da Qui A Domani” si stava respirando l’aria nuova di cui sopra. Lo spirito che convive con la materia, il nocciolo di un brano, il suo centro già di per sé sempre variabile e mai stantio, che diviene calamita attraverso cui permettere il totale sviluppo della forma canzone, per giunta con la compagnia di sempre, inglobante la penna di Monica Matticoli, gli arrangiamenti e la produzione di Cristiano Santini, Federico Bologna e Gianni Maroccolo, ma anche il fondamentale contributo di musicisti come Justin Bennett (Skinny Puppy) alla batteria. Il tragitto di Sassolini sembra attraversare tappe così vicine eppure così distinguibili ed oltremodo affascinanti nel rappresentare in altro modo il concetto di amore, a cominciare da Aaminah, la quale lungo un’ossatura che mescola arpeggi shoegaze, retrogusti in cui coesistono freschezze baleariche e malinconici nervosismi dark-wave e battiti glitch intrufolatisi qua e là in concomitanza con i battiti tipici del proprio cuore, risulta pregna di introspezione e mette alla luce una notevole resa canora da parte di un Sassolini che lascia che nelle vene scorrano sì ancora gli echi del sopracitato Battiato come di David Sylvian, da sempre tenuti preziosamente nel profondo di sé. Altresì ottime sono Canto di non ritorno, composizione catatonica e cadenzata, un esperimento fatto di meticolosità liriche, di cui si fa carico la Matticoli, e moderne e prettamente cupe accezioni al concetto di spiritualità, dove giocano eguale ruolo l’intensità di chitarra e basso “mangiatutto”, in mano ad un inconfondibile Marok, e l’incalzante andamento di batteria che dall’electro segue funambolicamente una linea connessa all’industrial in mano ad un Bennett da sempre avvezzo a simili dinamiche e perfettamente inserito nel contesto, od il tentativo di inserirsi in una dimensione da club situato nell’impatto successivo all’ascolto di Gassa d’amante, che felicemente va a nozze con quella vis sentimentale di cui è portatore l’artista. Una devozione al rock in continuo crescendo è invece leggibile nella dicotomia tra calma e tensione, sentimenti al contempo tutt’altro che slegati, quando a farsi avanti è Se mai provassi a dirti e soprattutto nelle vibrazioni di cui è permeata Vicino, nell’attesa, istantanea romantica in cui ispirazioni ambient vanno di pari passo con le sfumature di cui sopra, per giunta che portano a sé quel “vento del Nord” tanto bramato nel refrain e così tanto accomunato all’artista ed alla lei ripetutamente adorata ed ulteriormente richiamata nella narrazione di Amor Fati, che pur mantenendosi nella dimensione di cui sopra presentando evidenti riferimenti a dei Depeche Mode meno occhieggianti ai singoli da classifica e più cerebrali minuto dopo minuto sfuma in un rilassante excursus di archi elettronici che sembra quasi tracciare linee di confine spaziotemporali. Pur essendo composto di soli sei brani, “Del Mare La Distanza” è predominato da un’impeccabile vastità di contenuto che è figlia di quella creatività della quale non ci si serve per rimanere arenata su stilemi che, per quanto validi siano, è necessario aggiornare un po’, e Miro Sassolini sa come tenere fede ad un insegnamento simile, presentando un ritorno che posa nuove basi per il futuro, concependo qualcosa di altrettanto innovativo anche al di là di quanto già felicemente sviluppato. La bellezza del cuore e del cervello.
Miro Sassolini – Del Mare La Distanza
(Contempo Records, 2017)
1. Aaminah (Dormendo nella burrasca)
2. Se mai provassi a dirti
3. Vicino, nell’attesa
4. Canto di non ritorno
5. Amor Fati (A Claudio e Susanna)
6. Gassa d’amante