LE PAROLE DEL LUNEDÌ: CAPITOLO 7

“SOTTO LO STESSO FRAGILE CIELO”

(Via delle Azalee n. 7)

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Massimo – interno 2

(verso la meta)

di Luigina Baschetti

Racconto7.1

Seduto al computer Massimo provava la nuova compilation per la lezione della settimana successiva.

Proprio non andava. Non riusciva a rientrare nei tempi. Doveva assolutamente trovare qualche pezzo nuovo, scegliere quelli che voleva mantenere e poi velocizzare il ritmo, per far rientrare tutto nei 50 minuti che aveva a disposizione. Era al secondo mese di corso e ormai i ragazzi erano pronti per passare a lezioni più impegnative con un allenamento progressivo, divertente e vario. La sua classe era sempre piena e bisognava prenotare la lezione per tempo, altrimenti non si trovava posto, ma per mantenere questa audience Massimo doveva trovare sempre qualcosa di nuovo da offrire ai suoi allievi.

Cercava musiche di colonne sonore molto note e le riadattava al computer con ritmi e arrangiamenti inconsueti. Niente di speciale, tutti i suoi colleghi facevano praticamente la stessa cosa, solo che lui riusciva ad interpretare meglio i gusti dei “suoi ragazzi”. Che poi ragazzi non erano.

C’erano persone di tutte le età alla sua lezione di spinning. La palestra del quartiere era molto frequentata, anche perché offriva ogni genere di attività, copriva tutte le fasce orarie della giornata e il prezzo dell’abbonamento annuale era decisamente conveniente. Purtroppo questo comportava degli svantaggi. Infatti, da un po’ di tempo, in palestra giravano personaggi poco eleganti, ignoranti e maleducati. “Non per fare il classista – pensava Massimo – ma se il costo dell’abbonamento fosse più elevato la clientela sarebbe più selezionata e, forse, mi pagherebbero pure meglio!”

Racconto7.2

Massimo era uno degli istruttori più anziani in quella palestra ed era anche un po’ sovrappeso. Quando si guardava allo specchio, si rendeva conto che stava invecchiando. Aveva 50 anni e almeno 10 chili di troppo.

Era stato un gran figo, un tempo. Alto, biondo, atletico, occhi azzurri, aveva un’aria nordica che piaceva molto alle ragazze. E ne aveva avute di ragazze, però non si era mai sposato. In realtà era piuttosto timido e forse troppo educato, un gentiluomo. “Le ragazze amano i ragazzi spavaldi, intraprendenti, anche se stronzi e, chissà perché, più sono stronzi e più acchiappano”, pensava Massimo.

Se non fosse stato per suo bell’aspetto, forse non avrebbe mai avuto tutte quelle ragazze da giovane, perché lui non faceva proprio niente per averle. Erano loro che andavano da lui, che lo cercavano. Il fatto che avesse quel fisico da statua greca lo aiutava parecchio. E scopava, eccome se scopava, allora, solo che le sue storie non si trasformavano mai in qualcosa di serio. Dopo un po’ le ragazze lo lasciavano perché a lungo andare – dicevano – risultava noioso, moscio, scontato.

Sapeva di non essere un tipo brillante, ma era davvero così grave? Si chiedeva se per una ragazza fosse meglio stare con uno che racconta barzellette, che fa lo scemo con le altre donne, che le mette un pacco di corna e magari anche le mani addosso, uno di quelli che la domenica si piazza davanti al televisore per vedere la partita con tutto quel che segue, beve birra e poi rutta? E’ un difetto essere astemio?

Si guardava allo specchio e si chiedeva dov’era finito quel bel ragazzo atletico. Il fisico non era più quello di una volta, ma era ancora un bell’uomo e pur sempre un gentiluomo e questa qualità, col tempo, aveva assunto maggior valore. Ora le donne che frequentava, che avevano più o meno la sua età, gli dicevano che apprezzavano molto i suoi modi garbati e, qualche volta, gliela davano.

Si guardava allo specchio e sapeva che presto in palestra lo avrebbero sostituito.

raccont 7 doppia

Oggi non andava proprio. Non riusciva a trovare i pezzi giusti, non riusciva a concentrarsi. Era distratto dal pensiero che aveva dovuto lasciare la sua bicicletta nuova nella cantina di Luca e temeva che non fosse al sicuro. Nella sua cantina aveva fatto installare due serrature di sicurezza, proprio perché ci teneva dentro una moto da cross, due bici da competizione e quella da strada, appena comprata. Oltre a caschi, scarpini, mute e tutto il resto. Lì dentro c’era tutta la sua vita da sportivo, che poi era la sua vita in generale, visto che viveva di questo. Aveva fatto della sua passione una ragione di vita e di sostentamento.

Quell’appartamento al piano terra si era rivelato veramente comodo per la sua attività perché disponeva di un piccolo giardino che lui stesso aveva pavimentato quasi del tutto. Dalla strada si poteva accedere al giardino mediante un cancello pedonale che consentiva l’ingresso anche a bici e moto. Questo gli permetteva di utilizzare il giardino per fare i lavori di manutenzione e riparazione che i suoi mezzi a due ruote spesso richiedevano. L’accesso secondario del palazzetto, quello che portava alle cantine, era a pochi metri dal suo giardino, appena svoltato l’angolo. Una soluzione perfetta per le sue esigenze.

Quella faccenda dell’omicidio e della bicicletta che stava nella cantina di Luca gli provocava uno stato d’ansia.

Quello che era successo in cantina era terribile. Un omicidio. Chi era potuto entrare da quell’accesso secondario? Soltanto la vittima, che abitava lì, avrebbe potuto aprire la porta ad un estraneo. Un estraneo di sicuro! Non riusciva neanche a pensare alla possibilità che uno dei condomini, tutta gente per bene, potesse essere un assassino. Lui aveva sempre abitato lì, nella casa che era stata dei suoi genitori e conosceva praticamente tutti, a parte i ragazzi del terzo piano, arrivati sei mesi prima – che secondo Massimo – non sarebbero stati capaci di uccidere neanche una mosca, Chiara che era una ragazzina, non c’era mai e sembrava avere interesse solo per la danza, e Jusy.

In realtà di Jusy non sapeva proprio niente, a parte quello che aveva sentito dire sul mestiere che faceva. Di solito non dava credito alle dicerie, evitava di farsi condizionare dalle opinioni degli altri proprio per non avere pregiudizi. Magari era solo per questo che gli sarebbe piaciuto conoscerla meglio, andare a farle visita, un giorno o l’altro, solo per capire che tipo fosse. O forse, in tutta onestà, perché era proprio strafiga!

Racconto7.5

Oggi non andava proprio.

Lasciò perdere le musiche e si concentrò sul tipo di lezione, sulle parole da dire per catturare e tenere alta l’attenzione dei ragazzi. Erano importanti le parole.

Buongiorno a tutti”, cominciava sempre così la sua lezione, oppure “Buonasera a tutti”, se era sera. Li salutava, anche se si erano parlati fino ad un secondo prima, aveva sistemato il sellino a questo o a quello, aveva riso con Giuseppe per il nuovo completino “verde pisello”, aveva ringraziato Bruna che aveva portato un dolcetto da mangiare dopo la lezione. Li salutava e questo significava: “Ora fate silenzio perché si comincia a lavorare”.

Buonasera a tutti. Nel nostro viaggio di oggi andremo a cercare una sensazione…” e rimarcava la parola “sensazione” e la ripeteva più volte, per costringere gli allievi a sentire la lezione dentro la testa e non soltanto nelle gambe. Forniva alcune indicazioni tecniche sul tipo di allenamento che avrebbero affrontato e poi augurava “Buon viaggio a tutti”.

Racconto7.6

La musica ha un ritmo sostenuto fin dall’inizio ma la pedalata è libera, senza resistenza, come per scivolare lungo un viale alberato con la strada liscia, dritta, senza ostacoli. Per i primi 10 minuti si pedala così mentre Massimo, di tanto in tanto, ricorda ai sui allievi di ascoltare e concentrarsi sulla musica, cercando una sincronia tra il ritmo, la pedalata e il proprio respiro. Durante l’allenamento si alternano le varie tecniche di pedalata che richiedono cambi di posizione del corpo e delle mani sul manubrio, senza mai perdere la concentrazione e il ritmo.

Passando quindi attraverso varie fasi di lavoro, che Massimo annuncia con i loro nomi inglesi, Seated flat, Seated climbing, Running, Standing climbing, Jumping, si arriva a raggiungere il 70% del percorso e poi si è pronti per affrontare la salita.

Si cambia la posizione delle mani sul manubrio, passando dalla seconda alla terza, il ritmo della musica diventa più lento, si stringe la resistenza e si pedala in piedi, mettendocela tutta, perché lì davanti a te, c’è la vetta da raggiungere.

E’ tutto lì lo scopo del tuo viaggio – dice Massimo – nella voglia che hai di raggiungere il traguardo. Sei concentrato, hai faticato molto, ti sei preparato per questo e ora, tra pochi minuti, avrai raggiunto la tua meta”.

Racconto7.8

Massimo pensava che le parole erano appropriate, le aveva scelte proprio perché credeva che, al di là dello stimolo che potevano dare in quel momento, durante la lezione, andavano bene sempre, anche nella vita. “Non è così forse? Non stiamo percorrendo tutti la nostra strada con un obiettivo, uno scopo, un traguardo da raggiungere? Allora perché cambiarle, soltanto per paura di diventare noioso? Le parole vanno benissimo. Cerchiamo le musiche, piuttosto” E si rimise al computer.

Racconto7.9

(Coppi e Bartali, scambio della borraccia, 1952)

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