Intervista di Gianluca Clerici
Eccoci a far di conto con le visioni. Quelle di un futuro che sta annientando se stesso e la vita che abbiamo creato, quello dell’elettronica digitale, quello che inesorabilmente da un occhio fermo e deciso al gusto di un passato glorioso. “Shards” ovvero “cocci” è il primo lavoro personale di Daniele De Matteis: un rituale digitale che cerca di raccontare il decadentismo sociale di oggi. Un disco interessante sotto tanto punti di vista. Un ascolto di questo “futuro anteriore” che sembra venuto dal passato. Come cadono a pennello le domande di Just Kids Society:
Fare musica per lavoro o per se stessi. Tutti puntiamo il dito alle seconda ma poi tutti vorremmo che diventasse anche la prima. Secondo te qual è il confine che divide le due facce di questa medaglia?
Chiaro… il confine è continuamente variabile e dipende dai generi, dalle aspettative dell’artista e del pubblico, dalla gestione del compromesso. A me piace affrontare la cosa partendo dalla mia necessità di fare musica. Parto da me stesso insomma, faccio quello che ha senso per me artisticamente, concentrandomi su quello che dal mio punto di vista può essere interessante per chi ascolta. Il ‘lavoro’ è un’attività compensata con un bene, per volere qualcosa in cambio bisogna svolgere una prestazione, quindi è solo naturale che se quello che fai non è questo potrebbe non venirtene niente. Bisogna fare pace con quest’idea.
Crisi del disco e crisi culturale. A chi daresti la colpa? Al pubblico, al mercato, alle radio o ai magazine?
Domanda enorme. In Italia? All’estero? Le due crisi sono collegate entrambe a cambiamenti radicali nei mezzi di comunicazione. Il supporto rimarrà sempre lì ma la materia prima è il contenuto che al momento viene veicolato in maniera più efficiente in rete, quindi è chiaro che il disco apparterrà ad un mercato circoscritto per chi colleziona e che soddisfa quel momento in cui l’ascoltatore cerca il legame con un oggetto. Le culture cambiano, e mi sorprende vedere quanto corta sia la memoria delle generazioni che si succedono. Non mi sento di dare la colpa a nessuna entità nello specifico, ma ognuna di queste deve avere curiosità e coraggio, creare stimoli e legami col passato, anche solo per contrasto. I nemici sono astratti, la superficialità, la mancanza di integrità…
Secondo te l’informazione insegue il pubblico oppure è l’informazione che cerca in qualche modo di educare il suo pubblico?
Dovrebbe essere la seconda ma in questo momento storico l’informazione si preoccupa molto di più di cercare consenso, come quasi tutti direi. Poi c’è di peggio, ovvero quando si fa deliberatamente uno sforzo per diffondere informazione non vera per altri fini. Chi fa informazione ha una responsabilità enorme e sarebbe bello che operasse dopo aver fatto l’equivalente di un giuramento di Ippocrate!
Con questo “Shards” abbiamo visioni interiori con un linguaggio futuristico e lisergico. Un suono che sembra non essere di questa terra. In qualche modo si arrende al mercato oppure cerca altrove un senso? E dove?
Bellissimo, grazie! Non ho cercato assolutamente di fare un lavoro commerciale, e credo si senta. Al momento il mio disco è in controtendenza in Italia, ma vive bene con la mia coscienza e storia di song-writer e musicista. Il senso sta nei pezzi, quindi tutto lì nel fare play! Immagino il mio interlocutore sia qualcuno con ascolti e interessi molto simili ai miei, quindi una nicchia, visto che le cose che adoro non fanno le top charts qui.
In poche parole…di getto anzi…la prima cosa che ti viene in mente: la vera grande difficoltà di questo mestiere?
L’affollamento.
E se avessi modo di risolvere questo problema, pensi che basti?
Che ognuno facesse un pò di onesta autocritica prima di muoversi.
Finito il concerto di Soul Island: secondo te il fonico, per salutare il pubblico, che musica di sottofondo dovrebbe mandare?
Brian Eno, oppure i Suicide, …