Live report di Laura Faccenda
Photo Report di Luca Ortonali
Due poltrone, un appendiabiti, tavolini apparecchiati con un telefono antico e due bicchieri di vino. Tutto intorno, come una sicura recinzione, le casse che, durante gli spostamenti in tour, contengono gli strumenti. Fuori, tutti quegli strumenti posizionati geometricamente, pronti a raccontare, ognuno, una storia.
È questa la scenografia che accoglie lo spettacolo An Evening with Manuel Agnelli al teatro Diego Fabbri di Forlì. Un salotto urbano, stanza di qualsiasi appartamento di mondo, dove il leader degli Afterhours, accompagnato dal fedele Rodrigo d’Erasmo al violino, fa il suo ingresso, avvolto nell’ombra. Appoggiati i cappelli e gli impermeabili, è giunto il momento di abbracciare la chitarra. La serata si apre con The killing moon degli Eco the Bunnymen. Un manifesto, una dichiarazione di intenti in quel “he will wait, until you give yourself him”. Sì, perché si intuisce all’istante che non sarà un classico one man show ma uno scambio con il pubblico, nel desiderio di stabilire una connessione artistica ed umana.
“Ho iniziato a fare musica perché era l’unico linguaggio in grado di esprimere determinate sensazioni. Era l’unico linguaggio per esprimere me stesso, anche nella natura più oscura…dato che ci si nasce così. Negli anni, poi, mi sono talmente accanito e concentrato nell’obiettivo di sentirmi libero in quel percorso da perdere di vista il motivo che mi aveva spinto a cominciare. In un periodo di riflessioni come queste, ho scritto Padania”.
Tra la nebbia di un campo di neve fradicia, ci si incammina lungo un itinerario durante le cui tappe si collezionano delle istantanee che descrivono particolari momenti della vita di Manuel Agnelli ragazzo, uomo, artista, figlio padre, personaggio pubblico e frontman di una band.
Se Male di miele, Come vorrei e Pelle sono le colonne sonore del periodo di Hai paura del buio?, album per la cui registrazione gli Afterhours erano arrivati ad indebitarsi e per le cui tracce il cantante si era ispirato a sfortunati eventi e pene d’amore, Ti cambia il sapore presenta Folfiri o Folfox come il disco più pesante, quello che tratta della malattia, della morte del padre e della possibilità di credere o meno in qualcosa, in qualcuno di più grande.
Attraverso continui effetti di flashback e flashforward, il pubblico viene accompagnato all’interno dei viaggi di gioventù del musicista. Le avventure d’amore mai troppo facili, invece, in Italia. Il sesso sulle note di Berlin di Lou Reed, “perché il sesso emo l’ho inventato io”. Figure femminili, inglesi, tedesche. Nomi non precisati…o meglio, uno sì: Bianca.
Nella veste di ospiti speciali, salgono sul palco, rievocati da alcune cover intimamente personalizzate, tutti gli artisti che hanno lasciato un’impronta, per differenti motivi. Shadowplay dei Joy Division è interpretata come l’avrebbe interpretata Nick Drake, punto di riferimento fondamentale per Agnelli. State trooper di Bruce Springsteen è il modo per sottolineare l’apprezzamento verso la capacità del Boss di parlare non tanto di strade e autostrade quanto degli emarginati dalla vita, di coloro che non trovano il proprio posto nel mondo. Ecco arrivare anche Kurt Cobain, mai troppo vicino per influenze ma indiscutibile sigillo dell’aria di cambiamento che si respirava a cavallo tra il 1992 e il 1993. La caduta del muro di Berlino, le speranze di risoluzione del conflitto tra Israele e Palestrina, Mani pulite in Italia, Nevermind con le sue chitarre incazzate primo in classifica. Poi, nel 1994, la morte della voce dei Nirvana come ulteriore sigillo, come prova che niente, in realtà, sarebbe mutato. You know you’re right, il dolore, in ogni grido, come ultimo testamento.
Entrano in scena anche i mille ruoli, lati, sfaccettature di Maneul Agnelli: il punk che si aggira per le strade di Londra con i capelli rasati, il fiocchetto rosso ed Elvis Costello a tutto volume nelle cuffie del walkman (“sapete cos’è un walkman…?”). Il padre che torna a casa dagli studi di X-Factor e dalla delusione sulle nuove uscite della musica mondiale, riacquistando fiducia grazie alla figlia che gli suggerisce: “Ascolta questa”. Videogames di Lana Del Rey.
C’è il ricordo della paternità e delle canzoni de I milanesi ammazzano il sabato: “Forse è il disco più criticato dai fan degli After. Gli stessi fan che da sempre ci chiedono cosa proviamo, cosa pensiamo… quando lo traduci letteralmente in un brano, non va bene. Loro vogliono ascoltare quello che provano, vogliono vedere riflesse le loro emozioni. Di quello che provi tu, non gliene frega un cazzo!”.
C’è un telefono che squilla, qualche anno fa. Dall’altro capo, Mina Mazzini. La gioia della proposta di collaborazione, l’invito della regina della musica italiana a casa sua, la partita a calcetto con i nipoti…e la vittoria sofferta per quattro a tre. “Prima di ripartire, Mina mi chiese di scrivere qualcosa per lei. Potete immaginare la mia risposta. Beh… tornato a Milano, fui colto dalla sindrome del foglio bianco, da apatia, da mancanza di ispirazione, da depressione, demoralizzazione. Tutto. Passarono dodici anni. Nemmeno Dante impiegò dodici anni per terminare la Divina Commedia. Quello che ho scritto regge il confronto con la Divina Commedia? Sì”. Adesso è facile è cantata da una sola voce. Il duetto si sviluppa nella complementarietà del violino di Rodrigo d’Erasmo, in un rinnovato arrangiamento di note, concetti, vibrazioni.
Per due volte i protagonisti escono di scena per riapparire chiamati dall’intero teatro. I bis ruotano attorno ai capisaldi della discografia della band. Ballata per la mia piccola iena si tinge di rosso, nelle sfumature delle luci che fluttuano come energia sprigionata dal chakra e dalle corde dell’acustica. Ci sono molti modi diventa quasi una liturgia nei toni e nell’accordatura del Fender Rhodes. Il ritornello di Non è per sempre è celebrato all’unisono. “Sapete mi manca un po’ giudicare. Quindi adesso giudicherò la vostra performance…tanto questa la conoscete tutti”. Ed i sorrisi spuntati al “stasera non posso dire, come tutte le volte, che siete stati il pubblico migliore”, sono cancellati dal pezzo conclusivo – adesso vediamo se ridete. Da Quello che non c’è.
Quello che invece c’è, c’è stato ed è arrivato dritto all’anima durante l’appuntamento con An Evening with Manuel Agnelli è la volontà di mettersi a nudo, togliere la maschera del personaggio scomodo, divenire narratore di un percorso musicale denso di significato. Impossibile non pensare ai fantasmi trasformati in antenati che Bruce Springsteen cita nel suo spettacolo di Broadway. La cornice è molto simile. Nasce la stessa magia, si sfocia nella stessa catarsi. Sull’impalcatura di inevitabili espedienti teatrali, si crea un’osmosi tra artista e spettatore, tra un essere umano e un altro essere umano che si rispecchia nei vissuti, nelle letture, nei brani grazie a cui proprio quella musica acquista un valore così grande. Dà forma e sostanza ad emozioni talmente profonde da sembrare inesprimibili. Ci si addentra in quegli abissi, si scende fino a sondare il fondale, a conoscerlo, mapparlo per poter dire so cos’è, come il verso di Strategie, che mi è mancata tanto. Si torna a scorrere, in superficie, con una nuova bussola per orientarsi anche nel deserto della solitudine, anche nell’oscurità. E quando Manuel Agnelli, prima che cali il sipario, tirerà la corda della lampada per spegnere la luce, ci si accorgerà di non avere più paura del buio.
SETLIST
THE KILLING MOON
PADANIA
MALE DI MIELE
COME VORREI
PELLE
OGGI
TI CAMBIA IL SAPORE
THE BED
BIANCA
SHADOWPLAY
STATE TROOPER
DOVE SI VA DA QUI
YOU KNOW YOU’RE RIGHT
MARTHA
VIDEOGAMES
ADESSO È FACILE
È SOLO FEBBRE
PERFECT DAY
Bis 1
NOI NON FAREMO NIENTE
WAVE OF MUTILATION
BALLATA PER LA MIA PICCOLA IENA
CI SONO MOLTI MODI
Bis 2
SHIP BUILDING
NON È PER SEMPRE
QUELLO CHE NON C’È