Luca Bracali è un fotografo, esploratore e documentarista. Ha viaggiato in 142 paesi, ha realizzato documentari naturalistici per televisioni nazionali e internazionali e ha scritto articoli per riviste di viaggi come il National Geographic. Con i suoi progetti fotografici contribuisce attivamente alla sensibilizzazione verso il rispetto dell’ambiente, degli animali e verso i problemi legati ai cambiamenti climatici e al global warming. È autore di tredici libri e vincitore di importanti concorsi fotografici. Tra le sue ultime opere si ricordano: “Myanmar. The true essence” (Zerotre, 2015), “Pianeta Terra. Un mondo da salvare” (Silvana, 2016), “Rapa Nui. Genesi di un restauro fra storia, leggende e misteri” (Lorenzo De Medici Press, 2017) e l’opera in due volumi “Il Respiro della Natura” (Silvana, 2018).
A cura di Marco Baricci
«Qual è il significato del titolo del tuo libro fotografico Il Respiro della Natura?».
L.B. Il significato è quello di avvicinarsi, quanto più possiamo, allo straordinario mondo verde. Siamo purtroppo abbagliati dalle meraviglie tecnologiche che ci vengono propinate in ogni senso e direzione, e non ci accorgiamo di avere una splendida natura che ci circonda, una natura che respira, una natura che ci trasmette la sua vera essenza, la sua vera identità. Ecco, questo è ciò che io realmente vorrei trasmettere con il titolo del mio libro Il Respiro della Natura. Ascoltare in silenzio, raccogliendoci in meditazione, il respiro della natura, e comprendere quello che Lei ha da dirci.
«Sei un esploratore, un giornalista e un fotografo. Hai pubblicato tredici libri, organizzi mostre di tue fotografie e inoltre tieni conferenze sui temi ambientali in ogni parte del mondo. Qual è lo scopo principale del tuo lavoro?».
L.B. Lo scopo principale del mio lavoro è essenzialmente uno: io mi sento un po’ un missionario che va a scoprire le fragili meraviglie del nostro Pianeta, quelle che ancora esistono, che sono visibili ma che rischiano di scomparire, per poter restituire loro un senso di bellezza – che già hanno dentro di loro – e poterlo condividere sotto varie forme: libri, mostre, conferenze, reportage fotografici, documentari televisivi e, perché no, sui social. Tutto questo è condivisione, e questa è la mia missione principale.
«Nella tua carriera hai ricevuto moltissimi premi. Qual è il riconoscimento che più ti ha emozionato e reso fiero di ciò che fai con passione ogni giorno?».
L.B. Ho ricevuto molti premi a livello fotografico, ma ne ho ricevuti anche tre, in tre anni consecutivi, alla carriera. Il primo premio “Pianeta Azzurro” è stato emozionante, di solito un premio di questo tipo si riceve in età ben più avanzata, a fine carriera. Ma forse quello che più mi ha emozionato, pur essendo tutti importanti per me, è stato l’ultimo premio che ho ricevuto, “Anello Verde”, e la menzione era per “Luca Bracali – The Green Man”. Il fatto di avere un titolo del genere, che enfatizza la parte verde che c’è in me, mi ha fatto molto piacere. Un riconoscimento ai miei tanti lavori che ha inoltre coronato un evento molto particolare: tre giorni prima mi trovavo in Artico, a quindici gradi sotto lo zero, ed è esplosa l’aurora boreale in tutta la sua straordinaria bellezza; è stato per me un segno provvidenziale, che mi ha permesso di fotografare una rarissima aurora mentre formava un “anello aurorale”, che a sua volta incorniciava una casetta e il verde che c’era attorno. Un’immagine emblematica e suggestiva che in vent’anni che fotografo aurore boreali non mi era mai capitata.
«Sei ambasciatore dall’associazione no profit “Save the Planet”. Di cosa si occupa questa associazione, e come contribuisci alle sue cause?».
L.B. “Save the Planet” si occupa, per quanto riguarda la mia investitura ufficiale come ambasciatore, di mettere in evidenza quelli che sono i drammi del nostro Pianeta e sottolineare ciò che ancora abbiamo di bello da preservare. Poi l’associazione si occupa anche di certificare le aziende “green” in merito alle emissioni inquinanti di anidride carbonica, perché ogni azienda può fare qualcosa di più: può dotarsi di impianti di purificazione delle proprie emissioni gassose nocive per l’atmosfera, oppure potrebbe piantare degli alberi, come ha fatto per esempio “Enegan”, una società che produce energia elettrica e gas totalmente green, e che ha piantato 2700 alberi in Kenya. Quindi ha convertito le emissioni di Co2 in alberi, e sappiamo bene che gli alberi sono i principali agenti contro la lotta all’inquinamento, il male peggiore del nostro Pianeta.
«Sei un esploratore senza limiti. C’è stato un momento in uno o più dei tuoi viaggi in cui hai avuto davvero paura che non ne saresti uscito vivo?».
L.B. Anche più di uno! Posso citarne alcuni. Quando in Benin mi sono avvicinato troppo a un branco di elefanti, di natura suscettibili se si invade il loro territorio e lo si capisce da tre segnali: alzano la proboscide, aprono le orecchie e lanciano il barrito. Ecco, in quel momento è meglio correre e io ero a piedi e sono scappato, ma ero in mezzo alla foresta e mentre correvo mi sono graffiato con i rami degli alberi, e avevo questo branco che mi inseguiva… e meno male che a un certo punto ha desistito altrimenti ora non sarei qui a fare questa intervista. E poi ricordo quando sono fuggito da un giovane orso polare che, forse per curiosità, mi ha rincorso quando ho recuperato un guanto che era caduto a un mio allievo di uno dei corsi di fotografia che tengo abitualmente. O quella volta che nella giungla tra il Belize e il Guatemala ero in cerca di giaguari e sono stato punto da un animaletto, non so quale fosse, e mi è andata via piano piano la forza alle mani, non ero più neanche in grado di tenere la macchina fotografica, e poi alle gambe. Mi sono addormentato facendomi il segno della croce e sperando di risvegliarmi; grazie a Dio sono rinvenuto, per fortuna l’animale mi aveva iniettato una dose bassa di neurotossine.
«Che consigli senti di dare a chi vuole diventare un fotografo e un documentarista come te?».
L.B. Questa è una domanda un po’ difficile, un po’ imbarazzante. Il mondo è cambiato, più che cambiato è stravolto; l’era del digitale ha ucciso l’arte della fotografia, e prima di me l’hanno detto personaggi ben più illustri e famosi, come il grande fotografo italiano Ferdinando Scianna, che ha dichiarato che “la fotografia è morta”, o lo stesso Sebastião Salgado, forse il più grande fotografo del mondo. La fotografia purtroppo non c’è più, soprattutto a livello remunerativo. Oggi tutti sono fotografi, basta avere un cellulare; poi il web ha contribuito anch’esso a uccidere la fotografia perché tutto è gratis, tutto è facile, e oggi non importa se un’immagine sia bella o brutta, conta se fa notizia, e quanto più scandalistica è meglio è. Quindi per diventare veri fotografi in questo tempo ci vuole una grande forza, una grande costanza; avere un’idea in testa e perseguirla fino in fondo, avere un progetto su cui si possa costruire non una bella foto ma un bel servizio, che è già più difficile. Io consiglierei di orientare l’attenzione verso il video. La fotografia è la madre del video: coglie l’attimo, racchiude l’azione, può narrare in uno scatto una storia. Il video questa storia la amplifica, ma è difficile realizzare immagini belle in movimento, è difficile dar loro un senso, ma se si riesce è più remunerativo della fotografia, è ancora quindi possibile farne una professione. Io infatti lavoro stabilmente con le tre reti Rai, per le quali produco documentari naturalistici.
«Qual è il prossimo progetto a favore dell’ambiente che ti vedrà coinvolto attivamente?».
L.B. Ora sto partendo per il Vietnam per realizzare un libro fotografico, a fine maggio andrò nelle Azzorre per documentare la migrazione delle balene, e a giugno andrò alle isole Svalbard a fotografare gli orsi polari. Ma credo che il viaggio che mi vedrà più impegnato a favore dell’ambiente sarà quello di cui mi ha parlato il presidente di “Save the Planet”, Elena Stoppioni, per un interessante progetto di economia integrale in Amazzonia, che non riguarda più piantare un albero, che è comunque un’azione straordinaria, ma insegnare agli indios come piantare alberi e avere cura della loro natura. Un nobile progetto che merita sicuramente una documentazione giornalistica, reportagistica e fotografica.
Titolo: Il Respiro della Natura (The Breath of Nature)
Autore: Luca Bracali
Genere: Fotografico
Casa Editrice: Silvana Editoriale
Pagine: Vol. 1: 160; Vol. 2: 192
Codice ISBN: 978-88-366-3888-8
Contatti
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http://www.youtube.com/user/PlanetExplorertv
https://www.amazon.it/respiro-natura-italiana-inglese-francese/dp/8836638880
http://www.silvanaeditoriale.it/catalogo/prodotto.asp?id=5046
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