LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: ANCE

Intervista di Gianluca Clerici

Ritroviamo un cantautore figlio di quella scena toscana tanto ricca e foriera di bellissime proposte. Andrea Lovito in arte ANCE, esce con un nuovo singolo pubblicato da RadiciMusic dal titolo “Anche se”. Ed è l’eclettico gioco di parole che si sposa con quel pop a tratti irriverente e ambizioso nel cercare di coniugare l’ironia al grande messaggio sociale. Omologarsi alla massa in fondo può avere un senso, può essere una soluzione, può far quadrare un cerchio. Con Ance si deve parlare di società. Ed ecco puntuali le consuete domande di Just Kids Society:

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Parlare di musica oggi è una vera impresa. Non ci sono più dischi, ascolto, cultura ed interesse. Almeno questa è la denuncia che arriva sempre da chi vive quotidianamente il mondo della cultura e dell’informazione. Che stia cambiando semplicemente un linguaggio che noi non riusciamo a codificare o che si stia perdendo davvero ogni cosa di valore in questo futuro che sta arrivando?
Probabilmente c’è un po’ di entrambe le cose. La scala dei valori muta sempre più velocemente in peggio per le grandi masse. Ad esempio essere palesemente nonsense senza una più profonda lettura tra le righe per quanto possa risultare simpatico non fa di te un genio.
È anche vero che se si tocca il fondo, o si inizia a scavare o si può ricominciare a risalire.

E se è vero che questa società del futuro sia priva di personalità o quanto meno tenda a sopprimere ogni tipo di differenza, allora questo disco in cosa cerca – se cerca – la sua personalità e in cosa cerca – se cerca – l’appartenenza al sistema?
Per quanto mi possa sforzare di essere originale, ci sarà sempre qualcuno che troverà un rimando a questo o quell’artista. Sfuggire alle etichette è sempre stato un mio obiettivo, tuttavia è inevitabile essere ricondotti ad un Battisti, un Guccini o Gaetano. La personalità può affiorare se il testo ha un suo peso e le musiche che la contornano lo sappiano valorizzare. Sta poi all’ascoltatore, io faccio il meglio che posso nel modo che credo più giusto e onesto.

Fare musica per il pubblico o per se stessi? Chi sta inseguendo chi?
Ho sempre scritto musica principalmente per me stesso, ma per alcune canzoni mi chiedo se possa far bene anche ad altri. Da qui la ricerca di un riscontro nel pubblico. Ho sempre evitato il paraculismo, pagandone pure le conseguenze.

E restando sul tema, tutti dicono che fare musica è un bisogno dell’anima. Tutti diranno che è necessario farlo per se stessi. Però poi tutti si accaniscono per portare a casa visibilità mediatica e poi pavoneggiarsi sui social. Ma quindi: quanto bisogno c’è di apparire e quanto invece di essere?
È chiaro che a pensare sempre all’immagine nascondiamo il nostro io. Se si volesse sempre apparire declineremmo solo a quello il proprio essere, cioè leggero perché vuoto.
Al contrario si manderebbe messaggi onesti ma che non arriverebbero a nessuno. Quindi accettare il compromesso di darsi un’immagine prima che te la diano gli altri. Oggi più che mai, dove la depressione è dietro l’angolo.

Un brano che forse aprirà la strada ad un disco di diplomazie sociali, se mi permetti il termine. In fondo canti con pungente ironia un modo di fare tutto italiano. Un’opera dell’arte e dell’ingegno, come questo disco, vuole somigliare alla vita di tutti i giorni oppure cerca un altro punto di vista a cui dedicarsi?
Vuole raccontare semplici quotidianità e che gli sbagli che facciamo, a volte non li reputiamo tali, seppur in buona fede. Per questo è importante osservare da più punti di vista per convincerci al meglio delle nostre scelte.

Parliamo di live, parliamo di concerti e di vita sul palco. Anche tutto questo sta scomparendo. Colpa dei media, del popolo che non ha più curiosità ed educazione oppure è colpa della tanta cattiva musica che non parla più alle persone o anzi le allontana?
I locali che resistono sono da santificare. E naufragar m’è dolce in questo mare (cit.GL) Battute a parte lo trovo preoccupante ma trovo comunque spiragli di luce. Il problema è per i nomi grossi che si dovrebbero ridimensionare. Noi eterni emergenti ci conquistiamo le date dei concerti direttamente e con la nostra faccia. E il nostro pubblico sarà piccolo ma tenace.
Il live è il modo più diretto e onesto di esprimersi, specialmente quelli fuori dal mainstream, le condizioni dettate farebbero passare la voglia a chiunque se non ci fosse la passione.

E quindi, anche se credo sia inutile chiederlo ai diretti interessati, noi ci proviamo sempre: questo lavoro quanto incontra le persone e quanto invece se ne tiene a distanza?
Dipende dalla loro intelligenza e capacità emotive. Più non lo fraintendi e più ti potrà colpire.

E per chiudere chiediamo sempre: finito il concerto di ANCE, il fonico che musica dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
Good Vibration dei Beach Boys

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