di Francesca Amodio
Clamoroso successo per la terza ed ultima proiezione de “Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban” sonorizzato dall’Orchestra Italiana del Cinema, oramai una tradizione per i romani che, diversamente dai due capitoli precedenti della saga, “Harry Potter e la pietra Filosofale” e “Harry Potter e la Camera dei Segreti”, in scena all’Auditorium Conciliazione, questo terzo anno accolgono calorosamente il terzo capitolo delle avventure del maghetto con gli occhiali più famoso del mondo nella Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica, col giovanissimo direttore d’orchestra Timothy Henty.
Le poltroncine di velluto rosso che oramai da ben diciassette anni sono un punto di riferimento per gli eventi culturali musicali e non della Capitale sono gremite di grandi e piccini, tutti in trepidante attesa della proiezione sonorizzata dalla sontuosa orchestra sinfonica che in ripetute occasioni nel corso del film merita scroscianti applausi che, a ragione, sovente oscurano i dialoghi e le scene per qualche secondo, i quali grazie alle musiche eseguite dal vivo raggiungono un akmè totale, un culmine emozionale qui commovente, lì inquietante. Sì, perché in “Harry Potter e il prigioniero di Azkaban”, tratto dalla brillante penna di J. K. Rowling e girato dal messicano Alfonso Cuarón, si esplora la sfera completa dei sentimenti e delle passioni, in un caleidoscopio emozionale che ci fa fare i conti con tutto, con la commozione, l’inquietudine, l’ansia, la gioia, l’amicizia, l’amore, fino al più atroce dei mali del nostro secolo, la depressione: i più esperti naturalmente sapranno che è proprio in questo capitolo della saga che campeggia, per tutta la durata del film, la figura del Dissennatore, ossia
“le bestie oscure che esultano nella decadenza e nella disperazione, svuotano di pace, speranza e felicità l’aria che li circonda. […] Se ti avvicini troppo a un Dissennatore, ogni sensazione piacevole, ogni bel ricordo ti verrà succhiato via. Appena può, il Dissennatore si nutrirà di te abbastanza a lungo da farti diventare simile a lui… malvagio e senz’anima. Non ti rimarranno altro che le peggiori esperienze della tua vita.
[…] Ti gelano dentro […] Non hanno bisogno di muri per tenere i prigionieri, i loro prigionieri restano intrappolati nelle loro stesse menti”.
Insomma, appare assolutamente riduttivo affibbiare ad Harry Potter solamente il merito di esser stata una memorabile saga fantasy per bambini, quando essa in realtà è molto di più: anche noi grandi, grazie alle prove di coraggio dei piccoli Harry, Ron ed Hermione, abbiamo da un lato riscoperto il nostro lato fanciullesco di pascoliana memoria ma dall’altro affrontato le nostre paure insieme a loro, riconsegnando dignità a valori oramai quasi del tutto perduti quali la lealtà nei confronti di un amico, il coraggio di perseguire un obiettivo, la coerenza di una scelta, il senso della famiglia, di comunità, di unione, l’umiltà, la passione, la crisi.
All’Orchestra Italiana del Cinema dobbiamo l’onore e l’onore di aver sublimato con le note e reso indelebili nella memoria tutti questi momenti, che hanno regalato al pubblico in sala tre ore d’incanto e che hanno permesso di rifugiarsi, almeno per un po’, nel mondo magico e favoloso di Harry Potter, parallelo, ma, in fondo, neanche così tanto.