Intervista di Gianluca Clerici
Una miscela spirituale prima ancora che sonora. Un’alchimia danzante che sa di popolo e di tradizione, che sa di radici… che sa di “Mutazioni”. E sono le trasformazioni che si hanno nella natura degli uomini, dopo i loro incontri, dopo le loro continue contaminazioni. E dal Jazz al pop passando per le milonghe argentine o i colori accesi degli amore spagnoli, diamo voce agli Ondanueve String Quartet, un combo di archi e percussioni che pubblica per la RadiciMusic questo lavoro dal titolo “Mutazioni”: composizioni strumentali che sono ricche di vita, di colori, di storia. Svetta su tutte il singolo “Sbeat” e il suo video di lancio che inevitabilmente parla di passato e di futuro, di un prima che incontra l’oggi per tramandare la vita. Un quartetto d’archi assai celebre, di grandissima carriera che spesso ritroviamo nel suono di grandi pellicole italiane… a loro non potevamo non rivolgere le consuete domande sociali di Just Kids Society:
Parlare di musica oggi è una vera impresa. Non ci sono più dischi, ascolto, cultura ed interesse. Almeno questa è la denuncia che arriva sempre da chi vive quotidianamente il mondo della cultura e dell’informazione. Che stia cambiando semplicemente un linguaggio che noi non riusciamo a codificare o che si stia perdendo davvero ogni cosa di valore in questo futuro che sta arrivando?
Probabilmente è l’effetto di ritorno della distruzione culturale e musicale che si sta facendo, mandando dischi in base a dei costi prefissati o investimenti sui click di youtube e simili.
Ma per fortuna sempre più gente va alla ricerca critica di progetti non soggetti a grandi case discografiche ma comunque validi e questa forse a lungo termine sarà una buona soluzione al problema.
E se è vero che questa società del futuro sia priva di personalità o quanto meno tenda a sopprimere ogni tipo di differenza, allora questo disco in cosa cerca – se cerca – la sua personalità e in cosa cerca – se cerca – l’appartenenza al sistema?
Quello che cerchiamo noi è proprio abbattere le differenze unendole. La nostra personalità magari è nel modo di unirle e di interpretarle.
Fare musica per il pubblico o per se stessi? Chi sta inseguendo chi?
Secondo noi la verità sta nel mezzo. Dobbiamo avere il nostro stile, che piace a noi ma non possiamo non pensare al pubblico. Sarebbe un controsenso voler trasmettere delle emozioni senza tener conto di come musicalmente verrebbero codificate dalle persone che ci ascoltano.
E restando sul tema, tutti dicono che fare musica è un bisogno dell’anima. Tutti diranno che è necessario farlo per se stessi. Però poi tutti si accaniscono per portare a casa visibilità mediatica e poi pavoneggiarsi sui social. Ma quindi: quanto bisogno c’è di apparire e quanto invece di essere?
È normale che cercare di farsi vedere nei social è una parte del lavoro. Non ha senso rimanere chiusi a suonare in casa facendo anche cose meravigliose senza che nessuno però le ascolti.
Un disco strumentale, un lavoro di contaminazione, negli stili, nei linguaggi… un viaggio che dal classico arriva fino al popolo quotidiano e in qualche modo cerca di trascinarlo verso nuove ispirazioni. Un’opera dell’arte e dell’ingegno, come questo disco, vuole somigliare alla vita di tutti i giorni oppure cerca un altro punto di vista a cui dedicarsi?
È semplicemente un modo nostro di vedere la musica e vogliamo trasmetterlo. Pensiamo che la musica sia sempre in mutazione, a volte in meglio, spesso in peggio. Noi cerchiamo di dare il nostro meglio.
Parliamo di live, parliamo di concerti e di vita sul palco. Anche tutto questo sta scomparendo. Colpa dei media, del popolo che non ha più curiosità ed educazione oppure è colpa della tanta cattiva musica che non parla più alle persone o anzi le allontana?
Probabilmente molto è dovuto anche alle enormi difficoltà economiche e burocratiche che ci sono dietro ad un concerto. Poi il resto sta nel prodotto che si offre sul palco. Sicuramente oggi il lavoro è più arduo avendo a che fare con tanta concorrenza. Ma forse nel nostro caso “poco conforme agli standard” siamo un po’ più fortunati.
E quindi, anche se credo sia inutile chiederlo ai diretti interessati, noi ci proviamo sempre: questo lavoro quanto incontra le persone e quanto invece se ne tiene a distanza?
Nel nostro caso siamo sempre a contatto col pubblico sia durante che dopo il concerto. Accettiamo sempre complimenti ma anche critiche e chi ci segue questo lo sa.
E per chiudere chiediamo sempre: finito il concerto degli ONDANUEVE STRING QUARTET, il fonico che musica dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
Di certo non musica Trap o Neomelodica!