LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: SERGIO TENTELLA

Intervista di Gianluca Clerici

Percussionista, amante della contaminazione che un poco ridisegna e stravolge le abitudini della metrica e i rigori del bit. Ed è così che con gli Elephantides porta avanti un progetto di suoni e di partiture che cerca di dare un altro punto di vista al suono, che per lo più si presenta in forma digitale. Ed oggi, Sergio Tentella cerca anche l’espressione personale con un lavoro che presto vedrà la luce. Per ora ci lasciamo cullare dalle lisergiche visioni di questo primo estratto dal titolo “Pocket Shapes”: e sono mille ricorsi figurativi, mille sagome, sempre la stessa, ma sempre mutevoli… come i ridicolo delle strutture e quelle strane sensazioni di vuoto che pretendono fantasia e immersione per essere codificate. Tanti gli stimoli che arrivano da questo nuovo fronte della musica underground italiana.

Parlare di musica oggi è una vera impresa. Non ci sono più dischi, ascolto, cultura ed interesse. Almeno questa è la denuncia che arriva sempre da chi vive quotidianamente il mondo della cultura e dell’informazione. Che stia cambiando semplicemente un linguaggio che noi non riusciamo a codificare o che si stia perdendo davvero ogni cosa di valore in questo futuro che sta arrivando?

I dischi si continuano a fare per fortuna, è cambiato il modo di farli e di ascoltarli.

Il pubblico vuole tutto a portata costantemente e gli store digitali sono l’inevitabile evoluzione di un mercato frenetico usa e getta. Il linguaggio si sta cambiando e sta andando da diversi anni ormai verso l’autoproduzione. La cosa positiva di un musicista/artista che si autoproduce è che fa un percorso a 360 gradi attraverso tutti gli aspetti della sua idea che, conosce e può comunicare meglio di chiunque altro. Questo nel bene e nel male è un’opportunità per tutti di lasciare un messaggio.

E se è vero che questa società del futuro sia priva di personalità o quanto meno tenda a sopprimere ogni tipo di differenza, allora questo disco in cosa cerca – se cerca – la sua personalità e in cosa cerca – se cerca –  l’appartenenza al sistema?

Personalmente nei miei ascolti e negli artisti che seguo trovo sempre molta originalità. Questo EP non ha la pretesa di appartenere ad un sistema, rappresenta una personale evoluzione.

Per quanto riguarda originalità e personalità lascio giudicare l’ascoltatore.

Fare musica per il pubblico o per se stessi? Chi sta inseguendo chi?

Seguo una semplice linea guida, quando ascolto musica cerco sorpresa ed emozione, quando creo qualcosa di personale devo provare le stesse cose altrimenti chiudo e cambio idea.

E restando sul tema, tutti dicono che fare musica è un bisogno dell’anima. Tutti diranno che è necessario farlo per se stessi. Però poi tutti si accaniscono per portare a casa visibilità mediatica e poi pavoneggiarsi sui social. Ma quindi: quanto bisogno c’è di apparire e quanto invece di essere?

Domandone…al di là di chi scrive per se stesso e di chi scrive per il mercato, è innegabile che i social siano una buona vetrina per pubblicizzare se stessi.

Ognuno di noi (credo) sa quali siano i propri punti di forza e quali i punti deboli, i social sono un modo per entrare in contatto con più persone, creare un pubblico che segua le tue idee, la realizzazione personale però e la caratura di una di un artista per me resta al di fuori di tutto questo.

Una composizione che corre dentro un fascino quasi urbano, quasi berlinese pensando ai colori scuri di certe soluzioni, anche quando la melodia ha suoni dal timbro assai aperto. Un’opera dell’arte e dell’ingegno, come questo disco, vuole somigliare alla vita di tutti i giorni oppure cerca un altro punto di vista a cui dedicarsi?

Citando Berlino, città in cui sono stato molte volte, penso appunto al fascino urban, artisti genuini, confronto e condivisione.

Probabilmente cerca questo. 

Parliamo di live, parliamo di concerti e di vita sul palco. Anche tutto questo sta scomparendo. Colpa dei media, del popolo che non ha più curiosità ed educazione oppure è colpa della tanta cattiva musica che non parla più alle persone o anzi le allontana?

Se parliamo di musica mainstream non saprei, i circuiti che frequento sono pieni di realtà attente alla programmazione e sia quando suono che quando vado ad ascoltare i concerti noto sempre una bella risposta da parte del pubblico.

E quindi, anche se credo sia inutile chiederlo ai diretti interessati, noi ci proviamo sempre: questo lavoro quanto incontra le persone e quanto invece se ne tiene a distanza?

Non credo ci siano elementi per tenere le persone a distanza da questo lavoro… 🙂  

E per chiudere chiediamo sempre: finito il concerto di Sergio Tentella, il fonico che musica dovrebbe mandare per salutare il pubblico?

Direi un bel disco degli Elephantides…

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