LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: BLU

Intervista di Gianluca Clerici

Voce inconfondibile, pulita, sottile, androgina a realizzare un marchio di fabbrica decisamente pop. Lui è Mario Francesco Giarola, classe ’98, in arte Blu. e finalista ad Area Sanremo 2020. Ed eccolo il suo disco d’esordio disponibile in tutti i tradizionali canali fisici e digitali, dal suono classico, ma soprattutto sentito per la vita che contiene dentro: “Io sognavo noi”, titolo emblematico sotto quasi tutti i punti di vista, capace di sottolineare sensibilità e attenzione per i dettagli. Canzoni pop figlie di un cliché main stream che si presenta da se. Un esordio quindi che porta a casa subito grandi riscontri. E noi non possiamo esimerci dal rivolgere a Blu le nostre consuete domande di Just Kids Society.

Parliamo di musica o di gossip? Oggi il mondo sembra più attento agli effetti di scena, da dare in pasto al giornalismo e alle tv più che ai contenuti degli artisti. Ecco la domanda: perché qualcosa arrivi al pubblico di questo presente meglio badare quindi alla scena o restare
fedele ai contenuti?
Io credo che, al giorno d’oggi senza contenuti sia molto arduo arrivare al pubblico del 2020. Se parliamo nello specifico di musica, è vero, la cosa potrebbe funzionare anche al contrario, perché il testo compensa la melodia e viceversa; ma credo che la cosa possa funzionare ad un target meno ampio e più definito. Penso sia fondamentale portare ad un livello professionale entrambi gli elementi, per loro natura interconnessi.

Guardiamo sempre al passato, alle radici, ai grandi classici per citare insegnamenti e condizionare le mode del futuro. Perché? Il presente non ha le carte per segnare una nuova via?
Io faccio parte di quella tipologia di persone che fanno sempre affidamento al “qui e ora”. Il passato è giusto conoscerlo per non ripetere gli stessi errori, ma la mia via la sto segnando in questo momento, facendo completamente affidamento al presente, ricordando comunque il percorso che mi ci ha portato.

Che poi di fronte alle tante trasgressioni che ci vengono vendute dalle televisioni, quante sono davvero innovative e quante sono figlie sconosciute e mascherate di quei classici anche “meno famosi” di cui parlavamo poco fa?
Io credo che noi tutti siamo il risultato del nostro bagaglio culturale; di ciò che ascoltiamo, di ciò che leggiamo e che percepiamo dal mondo. Per il resto credo di risultare troppo presuntuoso se dovessi dare una risposta precisa… per cui mi limito a dire che il mio obiettivo artistico è quello di essere sempre e solo me stesso.

Siamo dentro il pop celebrativo del cliché main stream. Siamo dentro la forma canzone che punta dritto alla condivisione social. Anche la produzione ha cercato questa direzione o sbaglio? Dunque che sia questo il segreto per parlare al pubblico di oggi che sta continuamente con i telefonini in mano a cercare di identificarsi dentro suoni digitali di format discografici ciclicamente copiati e riproposti?
Ho voluto produrre dei brani moderni, fruibili da un target ampio e coerenti con i suoni del periodo storico che stiamo vivendo. Credo che il segreto sia comunicare nel modo in cui il tuo target possa comprendere e apprezzare ciò che ascolta, e quindi si, forse è proprio questo il segreto per parlare al pubblico che sta continuamente con i telefonini in mano a cercare di identificarsi dentro suoni digitali e format discografici, che più che copiati e riproposti, noi abbiamo reso nostri.

Parliamo di cultura e di informazione. Siamo dentro un circo mediatico dalla forza assurda capace di fagocitare le piccole realtà, anzi direi tutte le realtà particolari di cui parlava Pasolini. La musica indipendente quindi che peso continua ad avere? Oppure viene lasciata libera di parlare tanto non troverà mai terreno fertile di attenzioni?
Penso che la musica indipendente sia diretta ad un target e risponda a un bisogno ben preciso, molto più di nicchia. I miei coetanei non si accontentano unicamente del main stream e spaziano tra autori talvolta quasi sconosciuti; lo ritengo essenziale poiché fanno parte di quel pubblico più attento e difficile da conquistare.

Più in generale, la musica può tornare ad avere un peso sociale per la gente quotidiana?
La musica secondo me ha già un peso sociale decisamente molto importante. E non mi riferisco solo alla “gente quotidiana” ma a tutti coloro che, nelle diverse forme, fruiscono di musica e trovano appagamento nell’ascoltarla, soprattutto in periodi come questo.

E restando sul tema delle trasformazioni: vinile, CD o canali digitali? Oggi in fondo anche la musica è gratis, basta un click… è segno del futuro o è il vero cuore della crisi? Che poi tutti condannano la gratuità però tutti vogliono finirci su Spotify…
Per fortuna la musica è gratis solo fino a un certo punto. Sono un millennial e quindi credo sia normale il fatto che preferisca di gran lunga i canali digitali. Beh, Spotify non è gratuito e proprio per questo molte persone che conosco non lo hanno neanche!
Pertanto questa evoluzione al digitale credo sia del tutto naturale, e se strumentalizzata nella maniera corretta, può essere solo che costruttiva.

A chiudere, da sempre chiediamo ai nostri ospiti: finito il concerto di BLU, il fonico cosa dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
Ma questa è una sorpresa! Il mio primo concerto, per quanto piccolino, non sarà un concerto “normale”. Ho già in mente diverse cose, ed essendo nato e cresciuto con affianco mio papà alla regia di grandi spettacoli, il mio non sarà di certo qualcosa nell’ordinario. Ti aspetto in prima fila 🙂

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