LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: GABBER

Intervista di Gianluca Clerici

Disco inedito di carattere e personalità nonostante i tanti stilemi messi in gioco per la forma… ma di sostanza che parliamo ascoltando “Luna” il primo disco ufficiale di Filippo Gabbi in arte Gabber. Società e amore, ricerca personale e introspezione (notturna ci viene da pensare). E poi il tempo apocalittico che stiamo vivendo, la rinascita e la forza del sé. Tutto questo e tanto altro ancora nel rap/pop urbano di questo disco dalle tinte scure e dalle sfumature pastello. A lui le nostre consuete domande sociali di Just Kids Sosciety:

Parliamo di musica o di gossip? Oggi il mondo sembra più attento agli effetti di scena, da dare in pasto al giornalismo e alle tv più che ai contenuti degli artisti. Ecco la domanda: perché qualcosa arrivi al pubblico di questo presente meglio badare quindi alla scena o restare fedele ai contenuti?
Penso sia una scelta dell’artista far parlare di sé o della propria musica. Tutto dipende da come sei come persona anche se si sa, fare gossip è un buon modo per attirare un pubblico di curiosi che magari poi, resterà anche per la musica. Personalmente preferisco sia l’arte a parlare ma non c’è niente di male nemmeno a far chiacchierare di sè, anche perché questo non vuol dire necessariamente rinunciare ai contenuti.

Guardiamo sempre al passato, alle radici, ai grandi classici per citare insegnamenti e condizionare le mode del futuro. Perché? Il presente non ha le carte per segnare una nuova via?
Il presente è fatto di ottima musica. Piano piano sta aggiungendo pietre ad una casa sempre interminata che poi è l’arte.
È giusto partire da ciò che è già stato fatto perché non si può fare altrimenti, tutte le basi penso siano già state inventate. Quello che può fare un artista oggi è ricontestualizzarle, rinnovarle e farle evolvere. Di molto.

Che poi di fronte alle tante trasgressioni che ci vengono vendute dalle televisioni, quante sono davvero innovative e quante sono figlie sconosciute e mascherate di quei classici anche “meno famosi” di cui parlavamo poco fa?
Sì anche le trasgressioni per come vedo io non sono una novità, ogni epoca ha le proprie. Sta nell’intelligenza dell’artista capire quali sono i tasti da premere per far “innescare” le persone nel suo contesto sociale. Sempre che abbia un interesse nel farlo, ovvio.

Scendiamo nello specifico di questo disco, che sposa a pieno il cliché della trap ma a suo modo cerca la personalizzazione sia nelle liriche che nel modo di pensare alla voce. Anche la produzione ha cercato questa direzione o sbaglio? Dunque un disco ampiamente dedito al dialogo verso le nuove generazioni o pensi si rivolga anche a chi dalla musica cerca altre derive?
Il disco si discosta di molto da quel genere se una persona si impegna ad ascoltare più del singolo “Luna” che dà il nome al CD e che comunque, si veste di un pop malinconico più che di Trap. Non so bene cosa sia la Trap in realtà. Ormai è un genere parecchio evoluto, all’interno c’è il pop, il punk, le canzoni acustiche, le hit reggaeton estive e naturalmente il rap.
La produzione, fatta interamente da me e Rob The Child, non si è data l’obbiettivo di come doveva suonare il disco. Più che altro ho vigilato che avesse un filo conduttore nelle tematiche e nel Mood finale. Il disco può essere sposato a qualsiasi età, ho avuto la fortuna di ricevere complimenti sia da teenager, da miei coetanei e da persone di 60 anni. La cosa mi riempie di gioia.
Il disco è di tutti.

Parliamo di cultura e di informazione. Siamo dentro un circo mediatico dalla forza assurda capace di fagocitare le piccole realtà, anzi direi tutte le realtà particolari di cui parlava Pasolini. La musica indipendente quindi che peso continua ad avere? Oppure viene lasciata libera di parlare tanto non troverà mai terreno fertile di attenzioni?
la musica indipendente secondo me è dove tutto nasce, poi arrivare in cima chiaramente è un altro discorso.
È giusto che tutti facciano musica fintanto che si sentano di esprimere qualcosa, poi il modo in cui la fai e quanto impegno ci metti è quello che ti identifica.

Più in generale, la musica può tornare ad avere un peso sociale per la gente quotidiana?
La musica in quanto parte integrante fondamentale del sociale tornerà a parlare di qualcosa riguardante il sociale quando ci sarà il terreno fertile. Se non lo dice è perché nessuno vuole ascoltarselo. Ma sono fasi, tornerà anche a fare quello sicuramente.

E restando sul tema delle trasformazioni: vinile, CD o canali digitali? Oggi in fondo anche la musica è gratis, basta un click… è segno del futuro o è il vero cuore della crisi? Che poi tutti condannano la gratuità però tutti vogliono finirci su Spotify…
Spotify ha fatto molto, se non fosse per loro tutta la musica sarebbe praticamente piratata. Non condivido molto la percentuale che danno agli artisti ovviamente, però è un buon canale per fare arrivare a tutti ciò che fai. I vinili e simili sì, hanno ancora il loro mercato ma la verità è che quasi tutti ascoltiamo la musica in MP3 o dalle casse del telefono. Non c’è molta cultura del suono e forse non c’è mai stata, è un peccato, ascoltare la musica in maniera seria è un’altra esperienza. Ma richiede tempo e mezzi

A chiudere, da sempre chiediamo ai nostri ospiti: finito il concerto di Gabber, il fonico cosa dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
“Born to lose” dei Social Distortion

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