Intervista di Gianluca Clerici
Disco di visioni altre, di forme e di colori accesi, dischi di immagini ma anche e soprattutto di sensazioni restituite per intero dal suono digitale, espanso verso orizzonti lontani. Tanti i riferimenti che potremmo menzionare pensando al pop digitale di Sasha Vinci che torna a lavoro con il musicista Vincent Migliorisi per questo nuovo disco dal titolo “Mercurio”. La metamorfosi dell’uomo dentro liriche spirituali, umanizzate e socialmente utili a guardare il mondo e se stessi sotto altra angolazione. Il cambiamento come grande consapevolezza… e qui ovviamente sono innumerevoli le chiavi di lettura. Ecco dunque le nostre consuete domande di Just Kids Society:
Parliamo di musica o di gossip? Oggi il mondo sembra più attento agli effetti di scena, da dare in pasto al giornalismo e alle tv più che ai contenuti degli artisti. Ecco la domanda: perché qualcosa arrivi al pubblico di questo presente meglio badare quindi alla scena o restare fedele ai contenuti?
L’unica cosa importante è offrire al pubblico un “abisso” in cui immergersi, denso di emozioni sincere, contenuti veri e stimolanti, anche se a volte le idee sono complesse, scomode e taglienti.
Guardiamo sempre al passato, alle radici, ai grandi classici per citare insegnamenti e condizionare le mode del futuro. Perché? Il presente non ha le carte per segnare una nuova via?
Il presente è stratificato e nel presente è contenuto un passato che analizzo sempre con sguardo curioso. Però vivere la complessità del presente è adrenalina pura e penso sia necessario rischiare tutto nel nostro tempo. Se abbiamo paura di sperimentare, infatti, nessuna via si schiuderà all’orizzonte.
Che poi di fronte alle tante trasgressioni che ci vengono vendute dalle televisioni, quante sono davvero innovative e quante sono figlie sconosciute e mascherate di quei classici anche “meno famosi” di cui parlavamo poco fa?
Oggi le grandi intuizioni e le grandi visioni sono estremamente rare. Spesso viviamo di citazionismo, a volte anche inconsapevolmente perché non conosciamo bene il passato.
Siamo sempre soggetti ad influenze e contaminazioni di cui non ci accorgiamo e di cui non siamo neppure pienamente consapevoli.
Nulla si genera dal nulla, per questo è di fondamentale importanza la conoscenza e la consapevolezza del passato, in modo da non ripeterlo, ma trasformarlo, ampliarlo, a volte migliorarlo, per proiettarlo oltre.
Scendiamo nello specifico di questo disco che strizza forte l’occhio e l’orecchio a scelte sospese e “non-forme” pop tradizionali, dove il digitale è un ingrediente protagonista a delineare i confini e le evasioni. Penso che Battiato e un moderno Juri Camisasca si mescolino al vintage di certi inni pop di oggi. Anche la produzione ha cercato questa direzione o sbaglio? Dunque come può parlare al pubblico di oggi che sta continuamente con i telefonini in mano a cercare di identificarsi dentro suoni digitali di format discografici ciclicamente copiati e riproposti?
Innanzitutto ti ringrazio per l’associazione, se c’è stata è una cosa assolutamente non voluta. I nostri artisti di riferimento, così come i loro album, fanno parte del nostro codice genetico e, seppur in maniera del tutto involontaria, hanno condizionato sicuramente certe nostre scelte artistiche. La scommessa è proprio quella di lanciare messaggi cantandoli, di utilizzare la parola come un’arma affilata. Riempire di significato strofe e ritornelli. Guardo con interesse a tutti i linguaggi, gli stili e le espressioni, che appartengono sia al passato, che alla scena contemporanea. In questo tempo, avverto da parte di tanti artisti una straordinaria voglia e desiderio di trovare e creare nuovi codici, nuove forme espressive, per comunicare le emozioni, le visioni e le contraddizioni del proprio tempo.
Parliamo di cultura e di informazione. Siamo dentro un circo mediatico dalla forza assurda capace di fagocitare le piccole realtà, anzi direi tutte le realtà particolari di cui parlava Pasolini. La musica indipendente quindi che peso continua ad avere? Oppure viene lasciata libera di parlare tanto non troverà mai terreno fertile di attenzioni?
Più in generale, la musica può tornare ad avere un peso sociale per la gente quotidiana? Effettivamente viviamo in una società cannibale che divora sé stessa. Nel mondo delle arti, banalità e superficialità avanzano prepotentemente, si preferisce veicolare contenuti mediocri, piuttosto che investire sulla qualità. Non riesco ad immaginare una forma d’arte che, in un modo o in un altro, non abbia un peso sociale. Sfortunatamente viene spesso propinata alle persone una cultura diluita e omogeneizzata, che degrada il pensiero critico.
E restando sul tema delle trasformazioni: vinile, CD o canali digitali? Oggi in fondo anche la musica è gratis, basta un click… è segno del futuro o è il vero cuore della crisi? Che poi tutti condannano la gratuità però tutti vogliono finirci su Spotify…
L’evoluzione tecnologica è una straordinaria risorsa. Se gestita con intelligenza, serietà e qualità non c’è spazio per la crisi, solo per le opportunità. Personalmente sono interessato sia all’analogico che al digitale, per questo ho scelto di creare il Vinile dell’album, personalizzandolo e immaginandolo come se fosse una vera opera d’arte, con un packaging originale e creativo. Inoltre con aA29 Project Room, la galleria che mi rappresenta e che ha sostenuto l’intero progetto, abbiamo voluto che Mercurio fosse libero da barriere, per questo è possibile ascoltare gratuitamente l’album su tutti gli store digitali.
A chiudere, da sempre chiediamo ai nostri ospiti: finito il concerto di Sasha Vinci, il fonico cosa dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
“Giù la testa” dell’immenso Ennio Morricone, note straordinarie che parlano di amicizia e politica.