Per la rubrica Las nenas entrevistan incontriamo l’artista Lorenzo Piccone
Ciao Lorenzo. Ti abbiamo conosciuto ad Albisola Superiore grazie ad una nostra amica e la tua musica ci ha colpito subito. Ci racconti come è nata la tua passione per la musica?
Ciao Elena e Stefy, la mia passione per la musica è nata da bambino ascoltando i dischi che metteva mio padre, grande appassionato lui stesso. Da quei momenti di ascolto affascinato è nato il desiderio di buttarmi in questo mondo.
Suoni molti strumenti a corde dalla chitarra al mandolino. C’è uno strumento (una tua chitarra magari) a cui sei particolarmente legato e affezionato? Dai un nome/nomignolo ai tuoi strumenti?
Si, sono particolarmente affezionato alla mia chitarra Hawaiiana che ho chiamato Mercalli in onore del gatto di Lisa, la mia partner musicale ai tempi del mio secondo disco Wanderings.
Nel 2017 hai pubblicato l’album intitolato Soul Searching, un disco composto da 12 brani e ricco di contaminazioni musicali provenienti da varie parti del mondo. Ci parli del disco? Dove è stato registrato, chi ha collaborato e in particolare del terzo estratto: Island Girl?
Il titolo prende il nome dal mio modo di vedere la musica, ovvero la ricerca della propria identità. É stato registrato nello studio di Alessandro Mazzitelli a Borghetto e hanno collaborato i musicisti che fanno tutt’ora parte della mia band: Federico Fugassa al basso, Andrea Marchesini alla batteria e Marco Ferrando al piano, sono presenti anche ospiti internazionali come il compianto Ike Stubblefield.
Island Girl è l’unico brano reggae che io abbia mai composto ed è stato ispirato da una ragazza di nome Luna che avevo conosciuto in quel periodo.
In un’altra canzone dell’album intitolata “Close to the blue” vi è il sottofondo di fiati Mariachi e Carlo Aonzo al mandolino. Ci racconti come è nata la canzone e la scelta degli strumenti?
Si tratta di un brano acustico a cui ho voluto dare delle textures Tex-Mex, da qui la scelta delle trombe che hanno donato anche un velo malinconico. Per quanto riguarda il mandolino, conoscendo il modo di suonare di Carlo sapevo che questo sarebbe stato il brano più adatto in cui coinvolgerlo.
Nel dicembre 2019 hai suonato con un gruppo persiano. Ci racconti l’esperienza? Siamo curiose di sapere qualcosa di più sulla musica orientale. Ci spieghi se esiste una differenza tra Oriente e Occidente anche nella musica?
Ho avuto la fortuna di suonare a Teheran con un ensamble di musicisti persiani ed è stata un’esperienza molto profonda che porterò sempre con me anche perchè parlavano pochissimo inglese e l’unico mezzo di comunicazione spesso era la musica. La differenza sostanziale tra la musica orientale e la nostra è che loro hanno a disposizione molte più note di noi, in quanto suddividono il tono non solo in due semitoni, ma in quattro quarti di tono e questo permette di avere molte più sfumature!
C’è qualche genere musicale che ancora non hai studiato/suonato? Abbiamo letto sul tuo sito che hai addirittura trovato un libro sulla musica hawaiana.
Sicuramente ci sono ancora tanti mondi da scoprire, per ora i generi a cui mi sono timidamente accostato mi hanno dato molto.
Daybreak Caravan è la tua band. Quando è nata? Da chi è composta? Ci racconti la storia del gruppo?
Il progetto è nato all’inizio del 2020 in concomitanza con l’arrivo della pandemia, io e Megan ci eravamo incontrati l’anno precedente a Nashville e siamo rimasti in contatto dopo il mio rientro in Italia, scambiandoci idee musicali quasi per divertimento che ci sono piaciute al punto da voler trasformare la nostra corrispondenza in una vera e propria collaborazione, dapprima a distanza e poi finalmente di persona. Questo mi ha salvato dall’impazzire durante i lunghi mesi chiuso in casa.
Waiting for the fire è il vostro nuovo singolo, pubblicato a luglio 2021. Ci ricorda un libro intitolato La fine dell’era del fuoco”di Martín Caparrós. Il libro parla di come il fuoco, dall’essere al centro delle nostre vite, si sia gradualmente allontanato:
“di solito si usava in cucina, c’era il riscaldamento, la caldaia. Ora, nei paesi ricchi, le case non ne hanno più: cucine in vetroceramica, riscaldamenti ad aria o ad acqua, caldaie elettriche; anche le auto saranno elettriche, i treni già lo sono” (2021: XI).
Martín Caparrós rimpiange il fatto che non ce ne stiamo accorgendo e che il fuoco si ribellerà contro di noi, prendendosi la sua rivincita (come già sta avvenendo). Pensiamo alle temperature elevate, dovute al cambiamento climatico, che scatenano incendi che ogni anno distruggono interi ettari. Anche voi ponete il fuoco al centro della canzone, come simbolo di connessione. Ci spieghi il messaggio che volete trasmettere?
L’idea della canzone è nata da Megan che era rimasta molto colpita dalle storie raccontatele da alcuni amici australiani che purtroppo hanno vissuto la paura e i danni provocati dai grandi incendi che hanno devastato alcune zone dell’Australia all’inizio del 2020. Il testo rievoca le memorie che possono essere legate ad un luogo così importante come la propria casa, e la paura di perdere tutto nell’attesa che le fiamme implacabili la raggiungano. Impotenti davanti alla forza della natura non si può far altro che pregare per la pioggia.
Oggi, gli artisti riescono a trasmettere la loro musica dovunque e a raggiungere tutto il mondo grazie a Internet. Tuttavia, non tutti possono vantare come te il fatto di aver suonato e cantato in molte parti del mondo. C’è una bella differenza. Qual è il luogo/locale più bello in cui ti sei esibito? Una curiosità: hai una mappa in cui segni le tappe che hai fatto come un vero e proprio avventuriero?
Tra tutti i luoghi in cui ho avuto la fortuna di suonare quello che mi ha dato di più è stato New Orleans. Non sarà stata la location più bella o suggestiva, ma certamente l’energia unica che si percepisce e la quantità di talenti rimarrà la più grande ispirazione.
Il 14 novembre 2020 hai ricevuto il Premio Laurano, riconoscimento che viene assegnato alle personalità della cultura ligure che abbiano esportato “la Ligusticità oltre confine”. Te lo aspettavi?
No, è stata una bella sorpresa e certamente un grande onore. Spero di tornare presto a viaggiare e continuare a fare quello per cui ho ricevuto questo riconoscimento.
Hai fatto molte turnée all’estero. C’è qualcosa della tradizione ligure a cui però non puoi rinunciare? Cosa significa per te la parola casa?
Non posso rinunciare alla mia mamma! Che anche se è di origini siciliane rappresenta insieme ad Albissola, il vero senso di casa per me.
A quale tradizione musicale, ti senti di appartenere maggiormente?
Mi è difficile dare una risposta definitiva. La musica per me è ricerca e scoperta, la curiosità e il costante viaggio in questo linguaggio è ciò che mi mantiene vivo.
Pensiamo al film La leggenda del Pianista sull’Oceano e alla celebre scena in cui vi è la sfida al pianoforte tra Novecento, il protagonista e Jelly Roll Morton. Se la sfida fosse stata alla chitarra, chi avresti scelto per la sfida?
Bella domanda. Forse Alì Farka Toure, un chitarrista africano davvero sopra le righe, indecifrabile.
Ci dai la tua definizione di musica? Ci definisci invece la tua musica, anche in tre parole?
La musica per me è istinto e spiritualità, definirei la mia musica come uno specchio del mio mondo interno, un diario di bordo del mio viaggio.
Se la tua musica fosse un piatto, quale sarebbe?
Una paella! Accompagnata da un bel bicchiere di vino rosso.
C’è qualcosa che non ti abbiamo chiesto, ma che è fondamentale per te e merita spazio?
Ora che ho realizzato il mio sogno, registrare un disco in America, sono in attesa di capire dove vuole portarmi il sentiero che sto percorrendo, aspetto che si manifesti il nuovo sogno da realizzare. Nel frattempo cerco di godermi il viaggio nonostante questi tempi senza precedenti che hanno cambiato un po’ la vita di tutti.
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