JUSTKIDSREADING: Giuseppe Resta, I re dell’Africa

Intervista a Giuseppe Resta autore del libro I re dell’Africa

a cura di Costantina Busignani

Architetto e pubblicista: chi è Giuseppe Resta oltre la scrittura?
Non è facile definire un uomo, meno che mai autodefinirsi. Certamente sono un architetto innamorato della sua professione, un po’ meno dell’inutile burocrazia nella quale la mia professione sta sempre più sprofondando. E di tutto quello che è arte. Che rappresenta la migliore parte dell’uomo. Ho cominciato a scrivere per la necessità di comunicare, per confrontarmi. Prima su questioni sociali o legate direttamente all’urbanistica e all’architettura. Poi, è entrato il tarlo. E il tarlo della scrittura non ti abbandona più. Ho imperversato, anche troppo, prima sui blog, poi sui social. Adesso molto meno, considerato che certi luoghi di incontro e confronto sono ormai palestre di scontri, dove più che ragionare si urla. Fare il promotore culturale è disceso normalmente. E l’ho fatto spesso collaborando con valide associazioni del territorio. Alla base c’è che sono irrequieto, socialmente aperto e curioso di natura. E questo mi spinge a dilettarmi in tante altre cose. Sono appassionato di cucina, di enogastronomia, di mototurismo, di viaggi (mi piace guidare e l’ho fatto per mezza Europa) e di montagna. Soprattutto di quelle dell’Alto Adige.

Ci racconti della sua esperienza di collaborazione nelle testate giornalistiche?
Più volte sono apparsi miei articoli d’opinione su quotidiani come La Gazzetta o il Quotidiano, o su altre testate locali. Però la collaborazione più assidua, anche come membro della redazione, l’ho avuta con Il Giornale di Galatone, una testata autoprodotta che è stata presente sul territorio per più di un decennio. E poi con A Levante, una rivista culturale che raccoglie un po’ di firme soprattutto di autori locali, strenuamente ancorata alla bella stampa cartacea.

Quando ha deciso di pubblicare il primo libro e come ha capito che poteva diventare uno scrittore?
Il primo libro pubblicato, in verità, è stato un saggio di storia dell’architettura e dell’urbanistica. Ero veramente nel mio campo. Narrava l’evoluzione millenaria del Palazzo Marchesale di Galatone, un edificio che ho avuto modo di conoscere molto bene lavorando al suo restauro per un tempo lunghissimo, ventennale, nell’attesa tra un finanziamento e l’altro. Un approfondito lavoro sui castelli che mi ha portato anche alla collaborazione con il sito di Storia Medievale di Bari del compianto e insostituibile Raffaele Licinio. Poi con quello che Giovanni Santi, il direttore del Giornale di Galatone, mi pubblicava ho cominciato a capire che si riesce meglio a far capire dei concetti con un racconto che con un predicozzo. D’altronde questa è forma letteraria antica di gran successo, visto che si fonda sulla mitologia classica e sui Vangeli. Così ho preso gusto, e poi sui blog, tipo Galatown, un blog di grandissimo successo, ho continuato. Molti amici, tra i quali anche qualche scrittore, hanno insistito perché raccogliessi almeno una parte di questi racconti prima che svanissero nel web. E fu una infatti un ottimo suggerimento considerato che la piattaforma Splinder, che ospitava il mio blog, è sparita ma intanto il primo libro di racconti, “Scirocchi Barocchi” è ancora lì. Poi dai racconti ho fatto il salto verso il romanzo. Ed è nato “Quel millenovecento69”, inizialmente nato come racconto che si è sviluppato man mano, oserei dire da solo, fino a diventare grande. Romanzo che ha avuto ottime risposte di critica e di pubblico, come scrivono i giornalisti. Comunque mi ritengo un raccontatore. La definizione di “scrittore” la sento esagerata per quel che faccio.

I re dell’Africa è la sua ultima fatica letteraria, di cosa parla?
Il Vento, a volte ironico, altre lirico, è la voce narrante dai “I Re dell’Africa” . Un romanzo che nasce dall’ incrocio di vicende apparentemente indipendenti ma che, nell’evolversi del racconto, si intersecano, sviluppando una commedia sociale sfumata di noir, mossa da un organigramma di allegri criminali e di spietati affaristi. Le stratificazioni di antiche arti e culture di una terra meridionale nascondono un male sporco e oscuro che scorre torbido dentro queste contrade sempre più abbandonate e martoriate dallo sfruttamento. L’antica cultura contadina della misura e del rispetto ha abdicato a un illimitato cinismo che fa sprofondare tutti in una fatale e colpevole inerzia. Questo impedisce di contrastare il dilagare strisciante e permeante dell’inquinamento ambientale e sociale.
Tanti i protagonisti che si trovano connessi. Nessuno immacolato, nessuno eroe, ma tanti “poco innocenti”. Ogni voce di questo coro polifonico rappresenta l’imperfezione umana. Anche i meno imperfetti non sono mai completamente limpidi, immacolati. Così perfino i più incalliti affaristi possono risultare simpatici buontemponi. Il discreto fascino dell’illecito diffuso! La speranza di un’inversione di tendenza si intravede nella residua forza di giovani disincantati, che si ribellano e si oppongono, coadiuvati da una Nemesi che, spietata, non tarda a manifestarsi, riequilibrando tutto verso un’insperata giustizia.

Esiste veramente ‘il senso di giustizia’, si può credere ancora in questo?
Ritengo sia necessario e indispensabile crederci.
Lo scrittore Corrado Alvaro, che di meridione se ne intendeva, asseriva che “La disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che essere onesti sia inutile”. Anche il dubbio che alla fine non esista una giustizia, terrena, sociale, superiore che sia, porta alla disperazione. E aiuta chi in questa disillusione ci sguazza per i propri sporchi interessi. Dire che la giustizia è inesistente, per dirla con De Gregori, “è solo un modo per convincerti a restare chiuso dentro casa quando viene la sera”. Che ci sia, invece, almeno un giudice a Berlino è cosa certa, almeno secondo Brecht!

Come si vede tra dieci anni?
Bene, grazie! E Lei? A parte gli scherzi: non ci ho mai pensato. Ma cercherò di arrivarci tanto bene così da poterlo sapere. E, al limite, raccontarvelo scrivendo ancora. Se vi piacerà.

Scheda libro

Casa Editrice: I Libri di Icaro
Collana: Ermes
Genere: Saggio
Pagine: 280
Prezzo: 21,00 €

 

Bio

L’autore Giuseppe Resta è nato nel 1957 a Galatone. Architetto con qualificata esperienza nell’edilizia di qualità e nel restauro, si è sempre battuto per la difesa e la valorizzazione del territorio. Ha collaborato con varie testate giornalistiche. Nel 2003, ha pubblicato un libro sulla storia dell’architettura del Palazzo Marchesale di Galatone. Nel 2012, ha presentato la raccolta di racconti Scirocchi Barocchi e nel 2018 il romanzo Quel millenovecento69 (I Libri di Icaro). Negli ultimi vent’anni, ha redatto diverse guide sulla sua terra e ha dato il suo contributo per la stesura di saggi e racconti in numerose opere collettive e in alcune rappresentazioni teatrali. Si racconta in questa intensa intervista.

Contatti

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Link di vendita online

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