Recensione a cura di Valentina Calissano
Molti sono gli avventurieri e gli esploratori che hanno avuto la fortuna di incontrare il Giappone. E molteplici sono le rappresentazioni che restituiscono, su variopinte tavolozze, un luogo che ormai è saldamente ancorato all’immaginario collettivo.
Anche dall’Olanda arriva una voce ed è quella autorevole dello scrittore Cees Nooteboom, viaggiatore per vocazione e romanziere della contemporaneità.
Cees Nooteboom, nato all’Aia nel 1933, è conosciuto in tutto il mondo per i suoi romanzi, poesie e saggi. In Italia, ha conosciuto la fama grazie alla casa editrice Iperborea che, tra gli altri, ha tradotto anche i titoli Rituali, Mokusei, Addio, 355 Il libro dei giorni.Il suo lavoro più recente, Venezia. Il leone, la città e l’acqua, è stato pubblicato in Italia a ottobre 2021, con la traduzione di Fulvio Ferrari.
Cerchi infiniti, viaggi in Giappone, tradotto dal nederlandese da Laura Pignatti, è stato edito per la prima volta in Italia da Iperborea già nel 2017. Si tratta di una raccolta di appunti scritti nell’arco di trentacinque anni trascorsi viaggiando e visitando mostre d’arte, presentaizoni di libri o letture di autori giapponesi.
Un diario giapponese
Definire questo libro come una raccolta di appunti è tuttavia molto riduttivo.
Infatti, ai pochi e meticolosi elementi del resoconto, tipico di un taccuino, subentrano quasi sempre riflessioni proprie del diario personale. Nelle parole di Nooteboom, emergono le sue paure, le sue difficoltà e, soprattutto, un senso di estraneità accompagnato dal costante desiderio di sentirsi veramente immerso nella vita giapponese.
Il lettore non può rimanere solo spettatore perchè, a poco a poco, diventa parte integrante del quaderno dell’autore. Pagina dopo pagina, si scopre un senso di appartenenza alle impressioni, alle emozioni e le sensazioni che il viaggiatore ha provato e riportato sulla carta.
“Quello che faccio io non si può quasi più chiamare viaggiare, non si scopre più niente, si digita, controlla, smentisce e conferma, immagini e idee vengono confrontate con la realtà, ciò che in ultima istanza vado a fare è vedere se il Giappone esiste davvero, come se uno spettatore al cinema potesse entrare nello schermo e sedersi a tavola con i protagonisti.”
Cees Nooteboom, in Il compleanno dell’imperatore, il pathos delle cose e altre esperienze giapponesi, 1977
Cerchi infiniti è un libro sul Giappone, quello storico e contemporaneo. È un libro che parla della società giapponese, ma raccontata dall’occhio esterno di un europeo. Quindi, in realtà, è il diario di viaggio di un uomo che in questa terra sconosciuta scopre qualcosa di nuovo su se stesso.
E al contempo impara a conoscere un mondo che prima aveva solo parzialmente immaginato.
Così anche il lettore è chiamato in causa, indotto a fare lo stesso: lo scrittore lo cerca per instaurare un dialogo, per guardare insieme il Giappone nelle sue contraddizioni e nei suoi contrasti.
Il Giappone nel tempo e nello spazio
Questo diario dell’interiorità è scandito dal tempo del viaggio e dell’incontro con l’arte. Ogni capitolo è una tappa del percorso che l’autore mette in piedi per poter raggiungere un’idea di Giappone.
Tutto inizia seguendo una rotta cronologica, dal primo ed emozionante viaggio compiuto nel 1977 fino alle riflessioni suscitate dall’antichissima Storia di Genji, riportate dall’autore nel 2012. Eppure il filo temporale si ingarbuglia di continuo, mettendo sullo stesso piano spaziale momenti storici del Giappone a volte distanti tra loro di secoli.
E qui vi è un grande punto di forza di tutto il diario.
Nooteboom, attraverso l’atavica necessità del viaggiatore di conoscere il luogo che visita, è in grado di sovrapporre la realtà con il passato che l’ha plasmata. Spesso si reca in luoghi, come Kyoto o come Nara, per la semplice necessità di osservare cosa è rimasto in quei posti della storia che hanno vissuto.
Altre volte è la letteratura ad ispirarlo, come quando, nel capitolo Zuihitsu, comprende che il suo diario di viaggio non è tanto diverso dalle Note del Guanciale scritte nel X secolo da una dama di corte giapponese, Sei Shonagon.
In questo capitolo l’autore si rende conto di voler cercare nel Giappone contemporaneo elementi che ormai non appartengono più alla realtà, eppure è proprio tale ricerca a rendere possibile un dialogo tra passato e presente.
Perchè cercare quello che non c’è più? Non ne avevamo già parlato?
Eppure, con la stessa convizione si può dire che un paese non cambia ogni momento, che c’è stata una continuità di tempo e di storia dalla corte imperiale di Heian ad oggi, che nella storia del Giappone esiste una serie di costanti e che il vecchio aiuta a comprendere il nuovo.
Cees Nooteboom, in Zuihitsu, 1987
Grazie all’acuta e profonda osservazione dell’autore, anche il lettore viene illuminato dalla realtà del Giappone: l’attualità non è altro che la serie di avvenimenti che l’hanno preceduta. Il presente è la somma degli eventi del passato e questo i giapponesi lo sanno bene.
Nell’arcipelago giapponese il culto delle tradizioni convive con l’innovazione che porterà ad un nuovo futuro. Per questo il filo della narrazione, o meglio della riflessione, avvolge insieme il presente e il passato: perchè il viaggiatore è in grado di scorgere nell’attualità i ricordi di un passato che non è andato in rovina, ma rimane intatto fondendosi alla realtà che cambia.
Uno stile rivelatorio
I lettori più appassionati di Nooteboom non faranno fatica a ritrovare il suo stile di sempre. In questo diario del Giappone la scrittura è una lama che definisce in incisi brevi e taglienti il discorso. La costruzione della narrazione lascia ampio spazio alla riflessione dell’autore, che rivela però il pensiero attraverso le immagini. All’inizio di un periodo queste sembrano precipitare una dopo l’altra in modo quasi casuale, ma diventano nitide e accuratamente scelte non appena si rivela il nodo centrale del ragionamento.
In effetti, si potrebbe dire che questo diario è ricco di rivelazioni, senza scomodare il termine epifania, che definiscono il modo in cui viaggia la mente del narratore.
Un viaggio dentro al viaggio. Perchè ogni immagine diventa simbolo e ogni simbolo nasconde una storia, personale o universale che sia.
Così i profili creati dall’autore finiscono nella valigia e attraversano il paese del Sol Levante attraverso gli occhi di Nooteboom.
Viaggi nella letteratura giapponese
Un libro che quando finisci di leggerlo vorresti passare un giorno chiuso da qualche parte con l’autore per riempirlo di domande o obiezioni, non potrà mai essere definito fugace.
Cees Nooteboom, in Il mistero nello specchio: le ossessioni di Ian Buruma, 1984
Questa una delle tante citazioni ad opere giapponesi e sul Giappone presenti all’interno del diario. Cees Nooteboom appunta per sè, o forse per i lettori, quei libri che gli hanno permesso di apprezzare in modo più profondo il mondo che sta esplorando.
Si affeziona particolarmente alle già menzionate Note del Guanciale di Sei Shonagon e dedica un capitolo intero all’opera di Ian Buruma e alle contraddizioni della società nipponica, i suoi lati più oscuri e scabrosi.
Poi si fa maniacale filologo di Storia di Genji, il primo romanzo della storia umana, scritto da Murasaki Shikibu. Studia tutte le traduzioni che riesce a reperire, in inglese, in olandese o tedesco che sia, suscitando la sorpresa negli amici giapponesi e ripercorrendo le fatiche del lontano collega Jun’ichiro Tanizaki.
Dunque i viaggi dell’autore olandese non si muovono solo nello spazio geografico e nel tempo della storia, ma anche secondo le coordinate della letteratura. In questo modo il lettore, soprattutto se amante del Giappone, si ritrova a vagare tra le informazioni alla ricerca delle fonti, per poter leggere di più, per conoscere in modo più profondo questo arcipelago quasi mistico.
Con Cerchi infiniti, viaggi in Giappone, Cees Nooteboom regala un biglietto al lettore. Un biglietto che lo porterà in una nuova dimensione, una matassa di letteratura, di tradizione e di innovazione, verso un paese che trasforma le sue stranezze in pura magia.
Molto interessante.
Ottima recensione.