Racconto a cura di Valentina Calissano
Illustrazione a cura di Eliana Guarino
L’ispirazione
Montagne, montagne altissime che nascondono l’orizzonte. Questa è stata la prima immagine che ha colpito la mia mente. Ascoltavo la chitarra di Tony Longheu nel suo nuovo album Points of View e il mio collo si allungava, nel mondo dell’immaginazione, per riuscire a scorgere qualcosa oltre quelle vette innevate.
All’improvviso il suono si dilata, si amplifica e occupa più tempo del dovuto: delay. L’occasione giusta per me di individuare un momento preciso nella storia, il presente, che tutto invade, inghiottendo un passo dopo l’altro ogni dimensione.
È ricco di intense emozioni questo Trip, perchè nota dopo nota le sovrapposizioni si sono sommate tra loro, aggiungendo le immagini più disparate. Non c’è una sola fonte di ispirazione a muovere il racconto, sono invece tanti flash di fotografie a formare un grande collage, una storia profonda.
Pace, guerra, il viaggio della vita, il viaggio che è già iniziato eppure sembra di non essere ancora partiti. Le montagne sono lontane, ma sono già vicine.
Tutto sembra confuso, poi le note si concentrano e si ripetono: loop. Compare la falena.
Ecco, questo Trip è dedicato a chi si sente un punto minuscolo nell’universo, più piccolo e silenzioso di un insetto, a volte impercettibile. Perchè possa imparare che anche nell’invisibile battito d’ali c’è possibilità di scelta: tra desiderio e verità.
Desiderio e verità
Aprile è il più crudele dei mesi, genera
Lillà da terra morta, confondendo
Memoria e desiderio, risvegliando
Le radici sopite con la pioggia della primavera.L’inverno ci mantenne al caldo, ottuse
Con immemore neve la terra, nutrì
Con secchi tuberi una vita misera.
da The Waste Land, di T. S. Eliot, trad. Roberto Sanesi
Le luci azzurre e bianche si rincorrevano convulsamente, nascoste e mal sepolte dal profilo dei picchi innevati. Come sbalzi di corrente si levavano in lampi uno di seguito all’altro. Bianco e azzurro. Azzurro. Azzurro, bianco.
Da quei colori pareva originarsi una sequenza cifrata in un codice segreto, che si traduceva poi in rombi e tonfi dal ritmo irregolare e imprevedibile. E forti. Sempre più forti.
Quell’immagine era rimasta impressa negli occhi di Nino. Quei rumori si erano incisi sul disco che continuava a girare nelle sue piccole e sottili orecchie maciullate.
Aveva guidato fino a notte fonda per arrivare lì sul posto. E poi, dal parabrezza grandangolare del suo furgonato, aveva visto tutto.
Registrato su pellicola. Riavvolto il nastro. Catalogato nella cineteca della mente.
E ora, quel film veniva proiettato sui suoi occhi celesti di continuo, senza sosta, in un ciclo infinito. Sembrava finto. Invece era successo davvero e davvero continuava a ripetersi quella storia.
Lontano dal suo sguardo, ma proprio in mezzo ai corpi delle vittime innocenti.
Per la prima volta, Nino aveva capito che c’era la guerra.
Due settimane prima, al suo paese gli avevano chiesto di partecipare in una staffetta di viveri.
Colto alla sprovvista, aveva accettato subito per la paura di apparire menefreghista e insensibile. Ma poi, si era reso conto di esserlo per davvero: non aveva idea di cosa stesse accadendo, nulla per lui giustificava la necessità di partire verso il confine con il camioncino carico di viveri.
La sera stessa si era fatto spiegare tutto dagli amici al bar.
Il conflitto era scoppiato in una notte, senza preavviso, e aveva in poco tempo raso al suolo città intere. Famiglie su famiglie erano dovute fuggire e molte vite erano state stroncate di netto.
Ma perché non aveva sentito le notizie? E come mai nulla di quanto gli era stato raccontato sembrava colpirlo? I compaesani apparivano davvero preoccupati, gli amici parlando avevano la pelle d’oca e le lacrime agli occhi. Lui invece aveva impiegato pochi minuti a tornare alla vita di tutti i giorni, alla sua normalità.
Un frigo si era rotto, servivano soldi per rimpiazzarlo. Si stava avvicinando un matrimonio, doveva comprare un abito nuovo. C’erano le commissioni da completare per il mercato del giorno dopo, era ora di mettersi all’opera. E dopo le innumerevoli fatiche quotidiane, magari meritava anche di svagarsi un po’: andare al cinema, bere in compagnia, organizzare una grigliata.
Guerra, carestia, profughi erano parole lontane che aveva già provveduto a cancellare. E invece arrivò il momento della partenza, un mattino fresco. Un gruppo di persone gli carica il furgone con viveri in barattoli e fustini, coperte, perfino libri e giocattoli. Hanno portato così tante cose che pure Nino si sente in dovere di dare qualcosa e aggiunge cassette di frutta e verdura finchè c’è spazio. Tanto guiderà un furgone frigo.
Gli danno una mappa e un numero di telefono. Via.
Ora che è tornato ripensa a quel momento. E quei suoni che, sebbene lontani oltre l’orizzonte, erano così forti, si confondono con il volo danzante di una falena nella notte.
Ronzando a destra e sinistra, prende la rincorsa e poi fa uno scatto. Va a sbattere contro una lampadina lunga, sottile e azzurra che produce un guizzo di fulmine bianco ogni volta.
Si farà male quell’insetto? Si chiede Nino, smontato dal furgone, appoggiato di spalle alla portiera chiusa. Guarda il suo porticato di legno illuminato solo da quella luce maligna.
Ma perché continua a sbattere la testa? Cos’è che la spinge a tornare verso la lampada?
Il suono sordo che produce tremola nell’aria, come una scossa che attraversa un corpo succhiandone l’energia.
Le ali, ad ogni colpo, si fanno sempre più sconquassate. La testa e l’addome sembrano piegati verso il basso, rammolliti dall’urto. Ma la farfalla insiste. Prende la rincorsa e atterra, con tutto il suo peso e con tutta la sua forza, in quel guizzo ceruleo di elettricità.
Nino, osservandola più intensamente, d’un tratto si fa falena e le sue ciglia iniziano a battere freneticamente come ali.
Il desiderio.
Quel desiderio, che è bene e male allo stesso tempo, anche lui lo conosce.
Lo ha già provato.
Ogni volta che qualcosa gli è stato sottratto e lui subito l’ha rivoluto indietro. Ogni volta che non ha potuto ottenere e quindi ha preteso. Senza attendere neanche un istante di più.
Però, cosa e quanto aveva ottenuto alla fine? Ben poco rispetto ai suoi desideri. E allora che diritto aveva di paragonarsi a quel lepidottero?
Nessuno.
Nessuno, fino a quella sera.
Nino andò a sedersi sulla cara vecchia panchina di pino grezzo ricoperto di mordente color noce, con i cuoricini scavati nello schienale tra due incavi bugnati di volute stilizzate.
La falena sopra alla sua testa ancora attentava alla propria vita con caparbia sofferenza.
Non era desiderio quello. Era un sogno.
Il sogno che un animale non può in alcun modo rivelare. Ma l’uomo si.
La pace. Io sogno la pace.
Quel ragazzetto minuto, nato e vissuto in un piccolo borgo al di qua delle Alpi si era alla fine reso conto di questa verità.
Era stato il chiasso delle bombe. Le luci a intermittenza, bianche e azzurre, che l’avevano risvegliato alla verità.
Era palese ormai di fronte ai suoi occhi che ogni film non è solo finzione e che quanto gli era stato raccontato esiste in questo mondo. Poco al di là delle sue amate montagne.
Tirò fuori dalla tasca un foglietto stropicciato.
Era la mappa che l’aveva guidato andata e ritorno nella staffetta dei viveri. Sul lato di fronte le strade bianche correvano tra geometrie verdi e marroni e ruscelletti celesti. Sul retro, le lettere d’inchiostro nero costruivano un reticolo leggibile grazie alla lanterna azzurrina per insetti.
«Tutto ciò che potrei fare a meno di desiderare è subito immediatamente disponibile. Posso avere tutto, tranne ciò che desidero più ardentemente. E nel momento in cui esprimo il mio desiderio, il mio sogno più intimo e profondo, subito vengo bombardato da comodità di cui non ho veramente bisogno, ma che d’un tratto sono essenziali. E belle.
Le voglio. Anche se non servono a nulla. Le voglio, perché sono una risposta futile e immediata al mio sogno irraggiungibile.
Sono un antidolorifico già confezionato e a rapida cessione da ingerire come una pastiglia per il mal di testa. Per qualche ora sto meglio, ma poi ho di nuovo un cerchio attorno al cranio.
Non c’è tempo, mi dico. Mi dicono. Mi sembra un’anestesia e mi distoglie dalle piaghe che intanto continuano a far marcire il mondo.
È possibile che il modo più veloce per trovare la pace sia scatenare una guerra?
Di questo non mi posso capacitare.
Di come il seme della discordia possa germogliare in un’eterna fratellanza.»
Finito di leggere tornò a fissare la falena.
Nel momento in cui Nino stava sollevando la fronte, in un ultimo tentativo disperato, quella andò a incastrarsi in uno dei lunghi specchi che coprivano la lampadina fluorescente. Le ali continuarono a tremare ancora per qualche istante, finchè non si sparse nel vento un odore di cereali bruciati.
Forse non era un sogno ad animare l’insetto alato.
Desiderio, sogno e infine illusione. Ecco le tre motivazioni che animano ogni essere vivente.
Nino scattò in piedi. No, la pace non è un’illusione. La pace è un sogno da tenere scolpito nel petto, accanto al cuore.
La pace è un sogno che merita di essere realizzato.
E ogni passo compiuto per allontare la guerra, ogni piede mosso oltre il futile desiderio è un seme di pace che, non c’è dubbio, è pronto a germogliare nel fiore più bello.
CREDITS
POINTS OF VIEW – TONY LONGHEU
Tracklist
Lucy and the pallet
Betelgeuse
Nubi Sparse
Blue, Grey and Delay
Patty has made a plumcake
Blues #58
A Moth’s Fly
IMPRO/RAGA #55
Mastro Birraio
Dal Molo
BIO
Tony Longheu è compositore, chitarrista, cantante e musicista sperimentale, appassionato di loops e accordature aperte, influenzato da vari generi come blues, rock, jazz, ambient e avantgarde, ha collaborato con musicisti di diversa estrazione musicale.
Per l’etichetta NOTA ha pubblicato tre CD: Lo-Fi Project: 0.1 nel 2006, nel 2008 0.2 (I Go Ahead!) e nel 2011 0.3 (Ambient / Noises), ognuno una tappa di viaggi musicali attraverso ambient, rock e sperimentazione.
A febbraio 2019 è uscito il disco BluesBeyond, per Aua Records, un viaggio musicale che parte dal blues delle origini fino ad arrivare a quello dei nostri giorni, con classici rivisitati e composizioni proprie.
Alla fine del 2021, è uscito Points of View, sempre per Aua Records, disco interamente strumentale dove Tony suona chitarre acustiche interfacciate ad effetti elettronici, con composizioni che omaggiano la chitarra acustica contemporanea, il filone che si ispira alla cosiddetta primitive guitar ideata da John Fahey.
Grazie. Davvero.
Grazie per questo viaggio emozionante