LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: SILVIO CAPECCIA

Intervista di Gianluca Cleri

Ce lo ricordiamo tutti quel Silvio Capeccia che con Enrico Ruggeri diede vita ai DECIBEL, la rivoluzione punk italiana che prese a sdoganarsi anche dentro i contenitori main stream dell’Italia degli anni ’80. Iniziavano così e così sono rimasti immortali… e quei DECIBEL a distanza di quasi 40 anni, hanno ritrovato voglia e passione per reinterpretarsi e dare alle stampe nuovi inediti e una reunion attesa da molti. Facciamo un passo a latere e prendiamo quella musica tra punk e nuovo pop e traduciamola per un piano solo. Ecco l’esperimento letterario musicale di Silvio Capeccia che pubblica due dischi a distanza di tempo dentro cui ritrovare proprio quel grandissimo viaggio punk tradotto per un pianoforte soltanto. Il suo. Ad un artista di così grande storia non potevamo esimerci dal fargli le consuete domande di Just Kids Society e magari rubargli fotografie per capirlo un po’ meglio questo strano tempo nostro.

Iniziamo sempre questa rubrica pensando al futuro. Futuro ben oltre le letterature di Orwell e dei film di fantascienza. Che tipo di futuro si vede oltre l’orizzonte? Il suono tornerà ad essere analogico o digitale?
Credo che l’onda digitale sia uno tsunami inarrestabile; la sua praticità è innegabile, e te lo dice un tastierista che è indissolubilmente legato al mondo vintage. L’analogico (penso al supporto vinile) resterà comunque e andrà ad occupare una nicchia sempre più rilevante nel panorama della distribuzione musicale.

I dischi ormai hanno smesso di avere anche una forma fisica. Paradossalmente torna il vinile. Ormai anche il disco in quanto tale stenta ad esistere in luogo dei santi Ep o addirittura soltanto di singoli. Anche in questo c’è un ritorno al passato. Restiamo ancora dentro al futuro: che forma avrà la musica o meglio: che forma sarebbe giusta per la musica del futuro?
Immagino nel prossimo futuro un rapporto con la musica a due vie: il digitale come mezzo immediato di veicolazione, l’analogico come mezzo di fruizione di qualità elevata. Quanto ai singoli, restano lo strumento più efficace per presentare un lavoro, ma solo in tale veste. La musica con la M maiuscola è storicamente legata agli album concept, ai progetti musicali di ampio respiro.

La pandemia ha trasposto il live dentro incontri digitali. Il suono è divenuto digitale anche in questo senso… ormai si suona anche per interposto cellulare. Si tornerà al contatto fisico o ci stiamo abituando alle nuove normalità?
Ascoltare la musica attraverso un cellulare è totalmente riduttivo: può avere valore solo come anticipazione del prodotto musicale vero e proprio. Che senso avrebbe suonare strumenti pregiati e registrare con mezzi sofisticati se poi l’ascolto finale avviene da un minuscolo speaker, magari anche in formato ridotto mp3! No, la musica si ascolta dal vivo (possibilmente non suonata in playback…) e la si ascolta a casa su speaker di buon livello. Altrimenti parliamo di “muzak”, che è altra cosa: musica di consumo immediato destinata ad un altrettanto rapido oblio.

Un lavoro antico nel modo di pensare alla musica, classico e anche moderno. Un disco di solo piano che merita contemplazione e tempo. Il tempo oggi quasi non esiste più e dunque ti chiedo: secondo te, questo disco come si inserisce dentro una scena ampiamente devota alla musica leggera digitale, immediata e quasi sempre densa di contenuti superficiali?
Nel progetto “Silvio Capeccia plays Decibel – Piano solo 1 e 2” ho riletto al pianoforte 28 canzoni, quasi la metà dell’intera produzione discografica dei Decibel, la storica band di cui faccio parte che ha fatto del punk rock e della new wave la sua bandiera. È un lungo viaggio che tocca brani famosi, un percorso attraverso varie stagioni del rock britannico ed italiano visti da una angolazione differente grazie alla magia del pianoforte. Un progetto che quindi vuole coinvolgere l’ascoltatore e trasportarlo in una dimensione senza tempo: l’antitesi del tipo di ascolto “mordi e fuggi” oggi così in voga.

E poi tutti finiamo su Spotify. Parliamo tanto di lavoro ma alla fine vogliamo finire in un contenitore in cui la musica diviene gratuita. Non sembra un paradosso? Come lo si spiega?
Spotify … non possiamo far finta che non esista. Entrare poi nel merito della ripartizione dei profitti tra multinazionale musicale ed artisti ci porterebbe lontano. Cerchiamo allora di sfruttare questa piattaforma al meglio, sapendo che è solo un mezzo per diffondere i nostri lavori e non il fine ultimo della nostra passione artistica.

Dunque apparenza o esistenza? Cos’è prioritario oggi? La musica come elemento di marketing pubblicitario o come espressione artistica di un individuo?
La musica è passione ed espressione della propria personalità, e questo concetto vale sia per chi suona che per chi ascolta. Nel mio profilo cito una frase di David Byrne (Talking Heads): “Making music is its own reward”,fare musica ha in sè la sua ricompensa. E’ il faro che da sempre mi ha guidato attraverso questa arte meravigliosa ed unica.

A chiudere, da sempre chiediamo ai nostri ospiti: finito il concerto di Silvio Capeccia, il fonico cosa dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
Concedimi una provocazione, rispettando l’anticonformismo dei Decibel. A fine concerto vorrei che al pubblico rimanessero in mente le note dei brani appena eseguiti, quindi chiederei al fonico di mandare “4 33”, il famoso spartito di John Cage, la personalità forse più significativa della musica moderna, che indica il silenzio per 4 minuti e 33 secondi.

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