Testo e grafica di Eliana Guarino
Quel Bacio sbagliato
Durante la notte, tutta la città venne svegliata da un primo rumore secco e forte, come un tuono. E poi da tanti rumori di macerie.
Come castelli di carta turbati da un soffio di vento.
Quella notte, un terremoto aveva turbato la città.
Quella notte, due donne rimasero intrappolate nella loro casa.
Una tragedia che nessuno sapeva quante ore sarebbe durata.
Un’infinità per loro due che erano rimaste l’una vicina all’altra in uno spazio ridotto, senza sapere se qualcuno le avesse cercate, salvate o le avessero date per morte.
Erano rimaste nel loro castello di carta. Lo stesso castello, che per loro significava tutto, riusciva ad essere tante cose:
una fortezza medievale che le proteggeva dalle minacce esterne;
una reggia, che agli occhi degli altri era piccola, ma loro vivevano come regine;
una capanna, il loro posto caldo, dove vivevano loro due, la loro famiglia;
una Casa, non intesa come costruzione per viverci, ma la loro Casa, dove sapevano che se tutto fosse andato male, sarebbero state accolte nella loro Casa.
Rimasero lì, per un tempo incalcolabile, a cercare di capire cosa fosse successo e una volta realizzato non potevano fare altro che rimanere vicine, l’una al fianco dell’altra, come da quando si sono conosciute.
Dopo vari silenzi fra una parola e l’altra dettatu della paura del non sapere se una parola di troppo avrebbe peggiorato la situazione, si baciarono.
Si baciarono.
Si baciarono, ma questa volta fu diverso.
Dopo anni di relazione, questo bacio fu diverso e non perché era un contesto nuovo. Il bacio stesso fu diverso.
E nel mentre, lei capì:
non era come la prima volta che prese un semplice caffè con Lei;
non era come la prima volta che Le tenne la mano;
non era come la prima volta che La abbracciò.
In questo, c’era solo la voglia di stare con Lei, nelle sue braccia e sentire il bacio. Non c’era paura. Era il suo primo vero bacio.
Mentre La baciava, cominciava a ricordarsi di quando ai pranzi di famiglia inventava tante relazioni finite sfortunatamente male. Era quella sfortunata in amore e mentre tutti si vantavano dei loro matrimoni in grande, i figli che crescevano, lei sorrideva, perché pensava a quando la sera sarebbe ritornata fra le braccia di Lei a ridere della loro monotonia, mentre loro due vivevano tutto diversamente.
Loro non avevano una vita monotona,
Loro vivevano come Roskolnikov: avevano un segreto che non potevano dire a nessuno, che le isolava da tutto il resto.
Progettavano tanti piani, tanti spostamenti, sembrava quasi una partita a scacchi, ma senza mai capire contro chi giocassero, o forse sì, ma erano solo loro due anche se avrebbero voluto che fosse diverso.
Quando alle riunioni con le rispettive famiglie dovevano raccontare dell’ennesima storia d’amore finita male per rispondere alle domande invadenti dei loro familiari, mosse solo dalla curiosità, volevano entrambe parlare della persona che le rendeva felici e che volevano al loro fianco per il resto della loro vita.
Da quando si conobbero, si sentivano sole. Una solitudine che le aveva seguite da quando scoprirono di amare una persona dello stesso sesso. Un segreto.
Decise di staccarsi, perché le sembrava tutto così sbagliato: Roskolnikov uccise due persone, aveva commesso due omicidi. Loro due si amavano.
Si guardarono negli occhi ed entrambe capirono.
Il loro primo vero bacio non doveva essere così.
Ma loro erano semplicemente parte di un meccanismo che non avevano scelto, un meccanismo che forse poteva essere cambiato, ma sembrava molto più grande di loro.