Intervista di Gianluca Cleri
Quando la contaminazione si rende libera, libera di esprimersi ma anche di avventurarsi dentro sentieri che poi, in qualche modo, sembrano tornare su se stessi, come anche ci pare conseguenza naturale affrontare direzioni quasi “pop” nonostante la ricerca visionaria sembri non avere fine. Un disco che troviamo anche in una bella release in vinile: “Shidoro Modoro” uscito per Soundinside Records e a firma dei FANALI, al secolo Caterina Bianco, Michele De Finis e Jonathan Maurano, lavoro ampiamente anticipato dai singoli (“ERA”, “ANCHE” e “DOVE”) e di un 45 giri digitale (impreziosito da un remix di Marco Messina dei 99 Posse). La sospensione e le voci, le visioni di Sabrina Cirillo che sofferma la luce e l’attenzione sui dettagli, così come ogni costruzione del suono e della forma. Esiste un’evoluzione che diviene personale dentro ogni angolo di un disco che richiede più tempo e più ascolti per essere metabolizzato. Noi indaghiamo da vicino…
L’impatto visivo di questo progetto è notevole e io partirei da qui. La copertina del disco quasi non somiglia al suono… come la leggiamo?
Innanzitutto ti ringrazio del punto di vista, io non so se quella copertina “non somiglia al suono”.
Di certo è “banalmente” uno scatto tratto dagli studi che Sabrina stava facendo per realizzare il video di “ANCHE”. Ci sembrano scatti meravigliosi, “il più votato” è finito in copertina.
E poi i video e dunque la firma di Sabrina Cirillo. Che matrimonio è stato e a cosa ha portato? Avete cercato altre letture o avete chiesto una lettura ben precisa del vostro lavoro?
Sabrina è “gli occhi di FANALI”, cura l’intero output visivo del progetto. Quando abbiamo pensato la nostra musica come inscindibilmente legata a delle immagini il suo nome era già sul tavolo. La conosciamo da anni e siamo sempre stati fan di quel che fa. Ha totale carta bianca.
Il corpo nei suoi dettagli è un vero protagonista. Ho quasi l’impressione che ci sia anche questo dentro il suono… cosa ne pensate voi?
Anche questa è interessante. Forse dovremmo parlarne coi nostri terapisti 🙂
E poi questo titolo che sembra parlarmi di una demenza, di una limitazione… come cercare il proprio spazio dentro i limiti che si hanno…?
Rischio di essere deludente, è solo un gioco. Cerchiamo spesso parole solo per il loro suono o come risposta nonsense random. Su Google ci siamo imbattuti non ricordo come in questa espressione assurda la cui traduzione parlava di difficoltà a comunicare a parole. Ci sembrava una bella metafora per un gruppo prevalentemente strumentale…
Parlateci dei Remix a firma di Salvio Vassallo. Come nasce questa collaborazione? Perché proprio lui… ?
Di Salvio, del suo modo di lavorare e del suo talento abbiamo grande stima da sempre. Ci ha invitati a finalizzare il disco da lui e ci siamo trovati benissimo. È stato tutto molto spontaneo.
Ma soprattutto perché un remix? Quale necessità c’è alla base?
Più che “remix” li chiamerei “rework”; sono vere e proprie reinterpretazioni dei brani, performance istantanee in analogico con la loro unicità. Un “regalo” che ci siamo fatti.