LE INTERVISTE DI JUST KIDS SOCIETY: DELAHIA

Intervista di Gianluca Clerici

Decisamente un esordio interessante quello della giovanissima Giulia Ardovini in arte Delahia, classe 2004. Interessante nei suoni, nel modo di star dentro la forma, interessante l’emancipazione che si respira e che mette in scena presupposti assai gustosi per un futuro prossimo ricco di un pop dal piglio internazionale e per niente scontato. “Voodoo Doll” uscito per etichetta Richveel e edizioni Thaurus Publishing, sembra essere un inizio in piena salita a cui avremmo voluto associare anche un video… ma di questi tempi, nel marasma delle tante rivoluzioni, direi che anche questo approccio sta passando “di moda”. L’amore tossico, cantato e denunciato, quello purtroppo resta.

Questa stagione di Just Kids Society vuol parlare di futuro. Una cosa incerta sotto tanti punti di vista. Parliamo del suono tanto per cominciare. Ormai i computer hanno invaso ogni cosa. Si tornerà a suonare la musica o si penserà sempre più a come comporla assemblando format pre-costituiti?
Per quanto possano piacermi i suoni dei format pre-costituiti per creare canzoni electro pop come il mio singolo Voodoo Doll, rimpiango molto i tempi in cui la musica veniva realmente suonata e non posso fare a meno di sperare che torni presto indietro quel modo di viverla. Ma sono sicura che la musica continuerà ad evolversi attraverso il mondo tecnologico.

Sempre più spesso il mondo digitale poi ha invaso anche la forma del disco. Ormai si parla di Ep, di singoli. Di opere one-shot dal tempo limitato. Qualcuno parla di jingle come forma del futuro. E dunque? Se da una parte c’è maggiore diffusione, dall’altra c’è maggiore facilità di produzione. Dunque… chiunque può fare un disco. Un bene o un male?
Sicuramente il mondo digitale ha facilitato l’accesso alla musica. Per decenni è stato infatti considerato come un hobby proprio quello dell’ascoltatore, poiché acquistare dischi e cassette era decisamente costoso e questa evoluzione ha ovviamente portato molti lati positivi, anche se tenere in mano uno smartphone che produce musica tramite un digital store non ha lo stesso effetto che ha l’ascoltare il suono un po’ imperfetto del vinile sul giradischi. Ciò però non toglie che ognuno può scegliere il modo che preferisce per ascoltare il proprio cantante preferito. Per quanto riguarda invece la produzione in effetti è diventata accessibile a tutti, anche se ovviamente si debbono possedere certe abilità nel campo. È qualcosa di positivo secondo me, perché molti artisti indipendenti sono nati così, sperimentando un po’ con i diversi programmi. Ciò non toglie che non tutti ovviamente hanno quello che si cerca ed è un po’ un tentativo che si fa, ma ha permesso a molte più persone di realizzare i propri sogni o comunque di sperimentare questo campo.

La pandemia ha ispirato e condizionato molta parte dell’arte di questo tempo. Ma sempre più spesso gli artisti inneggiano ad un ritorno a cose antiche, ataviche, quasi preistoriche come certe abitudini, come un certo modo analogico di fruire la musica. Insomma, ha senso pensare che nel futuro si torni a vivere come nel passato?
Beh, parlando proprio di stile di vita diventerà necessario secondo me degredire un po’, per le mancate risorse ambientali che l’uomo nei secoli ha distrutto e sperperato a piacimento, sperando però che ciò non capiti dal punto di vista delle conquiste sociali e dei diritti acquisiti.
Parlando della musica o anche dello spettacolo, tornando anche un po’ alla prima domanda, mi sento di dire che non si sa mai, certamente può sempre esserci una possibilità di ritorno a generi o modi di produrre suoni che ad oggi possono essere visti un po’ all’antica, ma anche nel dipingere un quadro, utilizzando materiali presi proprio dalla natura.

Certamente un esordio assoluto porta con se ingenuità ed errori ma anche tanta di quella libertà che in futuro mancherà. Secondo te questo brano parla alle nuove generazioni?
Oppure sta cercando un gancio verso un passato recente?
Questo brano parla assolutamente alle nuove generazioni, ma anche alle vecchie. In qualche modo è importante coinvolgere quelle meno recenti all’interno nel presente e nel futuro, per evitare che ostacolino il progresso dal punto di vista negativo.

Anche in questa stagione riproponiamo una domanda che sinceramente non passerà mai di moda anche se le statistiche un poco stanno dando ragione a tanti come noi. Parliamo tanto di lavoro ma alla fine vogliamo finire in un contenitore in cui la musica diviene gratuita. E Spotify è uno di questi. Non sembra un paradosso? Come lo si spiega?
Questo è un argomento un po’ complicato, con cui però mi sono trovata spesso a interfacciarmi.
Dal punto di vista di un ascoltatore è ovviamente più conveniente avere a propria disposizione musica gratuita, per poter ascoltare ciò che si vuole quando si vuole. Dal punto di vista di un artista emergente ovviamente se si vuole intraprendere questa strada e dedicarsi completamente alla musica si deve in qualche modo avere un qualcosa in mano. La musica non creandosi da sola ha un lavoro davvero grande dietro che, si voglia o no, deve essere sostenuto economicamente, altrimenti un cantante, un produttore o un musicista non potrebbe esercitare questo come un mestiere vero e proprio.

Siamo nel tempo dell’apparire. Come ci si convive? Si esiste solo se postiamo cose? E se non lo facessimo?
È il tempo dell’apparire certo, ma ormai se non si posta nulla sui social di conseguenza diventa quasi impossibile essere conosciuto anche al di fuori della nostra cittadina. Se un artista non lo facesse sicuramente non ci sarebbe nulla di male, ma non sarebbe conosciuto come un artista che posta spesso sulle piattaforme digitali.

A chiudere, da sempre chiediamo ai nostri ospiti: finito il concerto di Delahia, il fonico cosa dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
Per quanto riguarda canzoni non mie, sicuramente “Purge The Poison” di MARINA oppure “Dollhouse” di Melanie Martinez, ma ne avrei così tante in mente.

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