Live report di Elisa Rossi
Photo report di Emiliano Melone
Teatro di grande prestigio, quello di Tordinona, nel cuore della città eterna, dove io ed un mio amico, siamo andati a vedere lo spettacolo nato dall’ispirazione del libro Lettere da Pandataria di Rita Bosso, adattato e diretto dalla regista Mariella Pizziconi.
La pièce ha come protagonista Julia, figlia dell’imperatore Ottaviano Augusto.
Lo spettacolo si apre con la narrazione di due pescatrici dell’isola di Ventotene: Tecla, interpretata magnificamente da Noa Persiani e Vittoria Vitiello, aiuto pescatrice, sempre a fianco di Tecla e schiava di Julia.
Le due protagoniste, in questo viaggio ci aprono a una duplice verità, quella che definivano la verità di Roma e quella che definivano la verità di Ventotene, inizia così il racconto che introduce Julia, protagonista e figlia dell’imperatore di Roma, costretta a vivere una vita lontana da tutto quello che aveva costruito.
Tecla narra le pene, le insidie e le storie di Julia, ma il portavoce dei racconti di Julia sarà Paullo, interpretato da Jonathan Kristian Maroncelli, che porterà nella capitale le lettere che Julia scrisse per i propri cari.
Paullo, confidandosi con il soldato che lo accompagna, inizia a raccontare l’incontro con la donna, dalla quale lui, ne rimane affascinato.
D’altronde come non poteva? Julia rappresentava bellezza, cultura, indipendenza e amore.
Julia, eccezionalmente interpretata da Serena Canali (solitamente aiuto regia), si trova a ripercorrere tutti i sogni, le speranze e le mancanze che narra nelle lettere. Parla ai suoi figli soffrendo, chiedendo scusa e suggerendo amore per le loro vite, mentre soffre per la propria.
Una donna, figlia di un Imperatore, anzi dell’Imperatore, che più di una volta fu utilizzata per la pacifatio e perché giovane, bella e fertile. Un racconto, quello di Julia, dove si può anzi si deve riflettere sugli usi e i costumi di una realtà che noi conosciamo come storia.
Massimo Napoli, interpreta Ottaviano Augusto, austero, severo e combattuto nei confronti della propria figlia.
Il racconto si esaurisce con la rabbia che esplode tra un padre politico e una figlia ferita, madre a sua volta, strappata via dai suoi figli ma pur sempre fiera delle proprie scelte.
Novanta minuti di storia romana, intrighi di corte e strazianti sotterfugi, interpretati da attori a dir poco perfetti.
Io ho avuto la fortuna di vederlo alla prima e confermo di aver vissuto le stesse emozioni e la stessa intensità emotiva dell’autrice dell’articolo.
L’argomento è così forte che ti trasporta e avvolge per tutta la durata dello spettacolo come ce l’ha brillantemente descritto Consuela Pinna.