A cura di Martina D’Onofrio
Ebbene sì, il dissing c’è sempre stato. Anche nel passato. Anche tra i migliori scrittori. Charlotte Brontë ne è un esempio. L’autrice di romanzi importanti come Jane Eyre, Il professore, Villette e Shirley, disse la sua su Jane Austen senza troppi giri di parole. Infatti, in sue tre lettere la critica duramente, senza risparmiare mezzi termini e definendola addirittura superficiale! Vanno considerati anche i destinatari di queste missive: due erano indirizzate a George Lewes, un grande ammiratore della Austen; una scritta a William Smith Williams, lettore presso Smith & Elder, la casa editrice che aveva pubblicato il romanzo nel 1847.
《[…] Perché vi piace così tanto Miss Austen? Su questo sono perplessa. Che cosa vi ha indotto a dire che avreste preferito scrivere “Orgoglio e pregiudizio” o “Tom Jones” più di uno qualsiasi dei romanzi di Waverley? Non conoscevo Orgoglio e pregiudizio prima di aver letto quella vostra frase, e allora mi sono procurata il libro e l’ho studiato. E che cosa ci ho trovato? Un accurato e minuzioso ritratto di un volto ordinario; un giardino ben recintato e accuratamente coltivato, con confini ben delimitati e fiori delicati – ma nessun accenno a una fisionomia brillante, vivida – niente spazi sconfinati – niente aria aperta – nessuna collina azzurra – nessun torrente impetuoso. Non mi piacerebbe certo vivere con le sue dame e gentiluomini nelle loro case eleganti ma limitate. Queste osservazioni probabilmente vi irriteranno, ma correrò il rischio. Posso capire l’ammirazione per George Sand, poiché, sebbene non ci sia nessuna delle sue opere che mi piaccia totalmente (anche “Consuelo”, che è la migliore, o almeno la migliore di quelle che ho letto, mi sembra mettere insieme un’insolita stravaganza e una straordinaria eccellenza) ha una padronanza intellettuale che, se non riesco a comprendere appieno, sono in grado di rispettare pienamente; è sagace, è profonda; miss Austen è solo pungente e osservatrice. Mi sbaglio io, o siete stato troppo frettoloso in quello che avete detto? Se avrete tempo, sarei lieta di sentire altro su questo argomento; se non è così, o se ritenete che siano questioni poco interessanti, non prendetevi il disturbo di rispondere.
Sono, rispettosamente, la vostra
C. Bell. 》
Scrive nella prima lettera datata 12 gennaio 1848…
《[…] Dite che debbo abituarmi al fatto che “Miss Austen non è una poetessa, non ha ‘sentimento’ (racchiudete sdegnosamente la parola tra virgolette), non ha eloquenza, nulla dell’inebriante entusiasmo della poesia”, e poi aggiungete che devo “imparare a riconoscerla come uno dei più grandi artisti, dei più grandi pittori della natura umana, e uno degli scrittori con il più raffinato senso della misura circa i mezzi per raggiungere i fini che sia mai esistito. Ammetterò solo l’ultimo punto. Può mai esserci una grande Artista senza poesia? Quello che io chiamo… quello a cui mi inchino come un grande Artista, non può essere privo di quel dono divino. Ma per poesia sono certa che voi intendete qualcosa di diverso da quello che intendo io, così come per il “sentimento”. È la poesia, così come la intendo io, che eleva la mascolina George Sand, e trasforma qualcosa di rozzo in qualcosa di simile al divino. È il “sentimento”, nel senso che do io alla parola, un sentimento gelosamente nascosto, ma genuino, che estrae il livore dal terribile Thackeray, e trasforma quello che potrebbe essere solo un veleno corrosivo in un purificante elisir. Se Thackeray non nutrisse il suo grande cuore con una profonda compassione per i suoi simili, si delizierebbe nell’annientarli; così come stanno le cose, credo che desideri solo correggerli. Miss Austen, essendo, come dite voi, senza “sentimento”, senza poesia, può essere… è dotata di buonsenso, concreta (più concreta che vera), ma non può essere grande. Mi sottometto alla collera che ho ormai provocato (non ho forse messo in discussione la perfezione della vostra prediletta?), la tempesta incombe sul mio capo. Nondimeno, ho intenzione (non so quando, dato che non ho accesso a una biblioteca circolante) di leggere attentamente e con diligenza tutte le opere di Miss Austen, come mi avete raccomandato. Ho qualcos’altro da dire. Menzionate l’autrice di “Azeth l’egiziano”; dite di credere che apprezzerei “la sua audace immaginazione e la sua pittoresca fantasia”. Lasciate che vi disilluda: posso apprezzare infinitamente di più il trasparente buonsenso e il sottile acume di Miss Austen. Se è vero che non si trova ispirazione nelle pagine di Miss Austen, non ci si trova nemmeno vuota prolissità; per usare le vostre parole, adatta in modo squisito i mezzi ai fini; entrambi sono controllati, un po’ limitati, ma mai assurdi. Non ho letto “Azeth”, ma ho letto, o cominciato a leggere, un racconto della stessa penna nel “New Monthly”, e per quanto aspra possa sembrarvi la mia opinione, devo candidamente ammettere di averlo trovato ampolloso e fiacco; mi ha ricordato qualcuno dei più tronfi e vuoti romanzi di Bulwer; non vi ho trovato né forza, né buonsenso, né originalità. Dovete perdonarmi per non riuscire sempre a pensarla pensare come voi, e credetemi comunque
La vostra riconoscente
C. Bell.》
《 […] L’attenta lettura della vita di Southey mi ha di procurato di recente molto piacere; l’autobiografia con la quale comincia è estremamente interessante, e le lettere che seguono non lo sono di meno, visto che rivelano un carattere molto stimabile nella sua integrità e un’indole molto amabile nella sua generosità, così come una mente dal talento ammirevole. Qualcuno asserisce che il Genio è incompatibile con la felicità domestica, eppure Southey è stato felice in famiglia e ha reso la sua famiglia felice; non solo ha amato la moglie e i figli pur essendo un poeta, ma li ha amati di più perché era un poeta. Sembra essere stato immune dalla mondanità; Londra, con i suoi fasti e le sue vanità, le consorterie di eruditi con la loro caustica pedanteria, lo spaventava invece di attirarlo; la sua gloria maggiore era nel suo genio, e la principale felicità negli affetti familiari. Southey mi piace. Con la stessa attenzione ho letto una delle opere di Miss Austen, “Emma”; l’ho letta con interesse e con quel giusto grado di ammirazione che la stessa Miss Austen avrebbe ritenuto ragionevole e appropriato; qualsiasi cosa simile al calore o all’entusiasmo, qualsiasi cosa di vigoroso, intenso, che viene dal cuore, sarebbe assolutamente fuori posto nell’elogiare queste opere; dimostrazioni del genere l’autrice le avrebbe accolte con educato sarcasmo, le avrebbe pacatamente derise come eccentriche e stravaganti. Lei svolge curiosamente bene la sua missione di delineare la superficie della vita della piccola nobiltà di campagna inglese; c’è una fedeltà simile alle porcellane cinesi, una minuziosa delicatezza nel tratto; non turba il lettore con nulla di veemente, non lo disturba con nulla di profondo; le passioni le sono completamente sconosciute; respinge persino un’amicizia superficiale con quella focosa emozione; persino i sentimenti si degna di concederli con non più di un garbo occasionale, ma tenendoli a distanza; una frequentazione eccessiva con essi turberebbe la levigata eleganza dei suoi sviluppi. Ha poco a che fare con il cuore degli uomini, e molto con gli occhi, le bocche, le mani e i piedi; guardare con perspicacia, parlare in modo appropriato, muoversi con duttilità è quanto le interessa studiare, ma ciò che palpita con impeto, anche se nascosto, ciò che rimescola il sangue, ciò che è l’invisibile fondamento della vita e il consapevole traguardo della morte… questo Miss Austen lo ignora; con lo sguardo del suo intelletto, non guarda ai cuori dei suoi simili più di quanto ogni uomo veda, con gli occhi della concretezza, il cuore battergli in petto. Jane Austen era una signora perfetta e molto sensibile, ma una donna molto imperfetta e piuttosto insensibile (non insensata); se questa è eresia… non posso farci niente. Se lo dicessi a certe persone (a Lewes per esempio) mi accuserebbero subito di difendere la magniloquenza esagerata, ma non temo che voi cadiate in un errore così grossolano.
Credetemi
la sinceramente vostra
C. Brontë》
Ma non la pensa come lei la scrittrice Virginia Woolf la quale, la descrive così, secoli dopo:
“Affascinante ma rigida, amata in famiglia ma temuta dagli estranei, di lingua biforcuta ma tenera di cuore; lei è la più perfetta artista tra le donne, la scrittrice i cui libri sono tutti immortali”.