Live report di Francesca Vantaggiato
Photo report di Maria Elisa Milo
Prima di tutto UN APPLAUSO ALL’ORGANIZZAZIONE del Forest Summer Fest: questi ragazzi e ragazze hanno messo in piedi un’iniziativa durata tre giorni, portando in un paesino del bergamasco tanti gruppi validi, divertenti e di qualità che hanno suonato su due bei palchi da cui il suono usciva bene e a grandi volumi. Hanno pensato a tutto, al mangiare, al bere, ai celiaci, ai campeggiatori e c’erano persino un sacco di bagni! IL TUTTO GRATUITO. Profonda stima per tutti coloro che hanno reso possibile quest’incontro carico di bei momenti e di bella musica. Adesso, dopo la quasi sviolinata (meritatissima), vi raccontiamo un po’ com’è andata la giornata conclusiva (scusate, ci siamo perse nella ricerca di Foresto Sparso e non abbiamo fatto in tempo a sentire Johnny Mox, ma conto di rifarmi:
Quando ha iniziato a cantare, sotto al palco si è raccolto un bel mucchio di gente molto felice di vederlo dal vivo: c’erano soprattutto giovani che conoscevano tutti i testi e battevano le mani a tempo. Quando è partita Hai messo incinta una scema, la risata collettiva è stata irrefrenabile. Con Ti voglio bene Sabino, le urla salivano al cielo all’unisono. Con La domenica, sono scattati gli abbracci e si sono alzate le mani al cielo. Quando è iniziata Lettera a Papa Francesco, tutti si sono messi a cantare ed era proprio evidente che condividevano in pieno il suo messaggio. Per me è stata un’emozione vederlo al Forest Summer Fest, perché al MI AMI mi sono persa il suo concerto per una serie di circostanze sfigatissime, e se eravate lì tra il pubblico avrete sicuramente visto quella lacrimuccia di commozione che brillava sul mio bel viso sfatto. Per me, avrebbe potuto suonare altre cinque ore: di lacrimucce ne avreste viste di più
Che suono devastante! Sono grezzi, ruvidi, impattanti, taglienti nei testi. La gente saltava e scuoteva la testa perché era impossibile restare fermi, nonostante il caldo (ancora mi chiedo come fosse possibile che Andrea Volontè, il cantante, suonasse in maglioncino a maniche lunghe) e la loro House in affitto ha fatto il botto col suo funk in levare e le sferzate di chitarra. Hanno cantato i brani dell’ultimo disco Prove complesse (Woodworm Label, 2015) e, devo dire, non suona proprio niente male anche nel live. Mi sa che me lo compro
Paolo Benvegnù è una vecchia conoscenza per Just Kids (già sulla copertina del cartaceo #14 e protagonista di taaanti report che trovate sul sito), quindi diciamo che mi aspettavo uno spettacolo toccante, emozionante e coinvolgente. E così è stato. Le sue canzoni, nei testi e nelle musiche, sono cariche di umanità, preziose nella loro delicatezza anche quando esprimono dolore e tormento. Mi ha fatto davvero un gran piacere vedere che davanti al palco si erano riunite decine di persone che seguivano il concerto alternando silenzi rapiti a momenti di canto collettivo sulle note della band. Davvero emozionante.
Appino io lo vedo come il tormentone dell’estate 2015: è ovunque, su ogni palco, ad ogni festival, in ogni bar delle aree ristoro. Sta macinando chilometri tenendo un concerto dietro l’altro senza sosta, cantando all’impazzata e dicendo tutto quello che gli passa per la testa fra una canzone e l’altra (una tipa affianco a me ha detto che va ai suoi concerti solo per quello, per sentire che cazzo dice nella pausa tra un brano e l’altro). La gente era impazzita, soprattutto i giovanissimi: hanno pogato, hanno saltato, gli hanno urlato contro, sono esplosi quando è partita Grande Raccordo Animale. A me non riesce a piacere, mi sembrano cose già sentite e di cui non ne ho più bisogno, ma devo proprio ammettere che è un animale da palcoscenico e che si diverte un casino. E poi fa proprio tutto quello che gli pare e per questo non posso che invidiarlo. Comunque lo ritroveremo più avanti, sempre per il discorso che facevo prima sul tormentone 2015…
Questi ragazzi sono fuori di testa. Sembra che abbiano preso la scossa, ma tipo mezz’ora al giorno, tutti i giorni, negli ultimi cinque anni. Appena hanno iniziato, dopo un nano secondo, m’è presa la smania e il desiderio impellente di fare casino! Sono rabbiosi, cattivi, incazzati ma sono anche tanto, indissolubilmente uniti come una legione spartana: fanno gruppo, stanno compatti, agiscono insieme e ti attaccano con la loro musica finché non ti abbattono. Al che ti rialzi e gli stringi la mano dicendogli: “è stata una figata!”. In più, hanno quell’umiltà che già da sola basta per farmeli vedere più alti di una spanna. Se non li avete mai visti dal vivo CI DOVETE ANDARE ASSOLUTAMENTE, MA CHE SIETE MATTI? E verso la fine del concerto, sale sul palco il mitico Appino, colui che ha avuto la grande intuizione di prenderli sotto la sua ala protettrice quando erano ancora degli sbarbi in fasce. Ci ha visto lungo: GRAZIE APPINO!
Proprio un bel festival.