Intervista di Francesca Vantaggiato
Photo report di Maria Elisa Milo
Ironici, allusivi, onirici e vagamente decadenti: i Disco Noir hanno portato il loro ultimo lavoro Aware fin sotto al Duomo milanese. Prima del concerto ci siamo fatti una chiacchierata dal tono decisamente beffardo. Quindi buon divertimento a chi legge.
Cosa facevate prima di essere i Disco Noir?
Giovanni (G): Iniziamo con Alessandro (chitarra) che si è presentato una sera con le Silver ai piedi e il dente di squalo al collo!
Alessandro G. (AG): Ma quelle le avevo perché mio nonno ha mal di schiena e compra le scarpe alte, come quelle della Nike
Quindi prima andavate vestiti con le Silver?
Teo (T): Io sempre avuto le Converse!
G: Io sempre in canotta
Dopo invece cosa è cambiato nella vostra vita, a parte il guardaroba?
T: Ci siamo conosciuti tutti tramite il gruppo, non eravamo amici prima di avere la band. A pensarci bene non siamo amici neanche adesso! Giovanni è stato reclutato addirittura tramite MySpace
Alessandro M. (AM): Io sono andato a vedere un loro concerto all’Alcatraz, ho preso una multa da 250€ e mi hanno detto che avevano bisogno di un bassista. Ho fatto un provino e ovviamente mi hanno preso!
T: L’ingresso nella band insomma gli è costato solo 250€ di multa!
AG: Avevamo lo stesso maestro di chitarra e quando ho sentito che gli mancava un chitarrista mi sono proposto
Avete fatto tanta strada e siete arrivati al disco, il vostro primo LP.
T: Quando hai soldi fai l’EP, quando sei ricco fai l’LP. Ma noi non siamo ricchi quindi come sarà nato questo disco? BOH!
Ho notato che nel vostro disco citate spesso Gesù Cristo. È perché siete credenti?
(AHAHAH risata generale)
T: No, penso che nessuno di noi sia credente… I testi li scrivo io e ogni tanto ne parlo perché Gesù Cristo è un personaggio importante nell’immaginario popolare. Un po’ come Topolino!
Altre volte invece parlate di droghe, dalla mescalina al lexotan. Come mai?
T: Secondo te?! Beh, la canzone Lexontan ricorda le sensazioni che si provano quando lo si usa, mentre in La domenica parliamo dell’unione mescalina e David Lynch, ma è una droga che non ho mai provato. Parla piuttosto di una sensazione che trovo sia ben associata a Lynch.
Questa passione per David Lynch è condivisa da tutto il gruppo?
AM: Io non ho mai visto Twin Peaks!
T: Io invece ho anche la maglietta col nano che balla! Siamo tutti dei gran fruitori di serie tv e Twin Peaks è la base di tutto
G: Senza il padre di Laura Palmer non si andava da nessuna parte
Se vi chiamasse David Lynch per chiedervi di suonare la colonna sonora per un suo film, vi sentireste all’altezza?
T: Si, certo! Gli abbiamo anche mandato il disco a L.A! Io sono andato a vedere la sua conferenza l’anno scorso e gli volevo lasciare una copia del disco, ma non sono riuscito ad avvicinarlo. Mi ha intimorito!
Com’è suonare un disco pieno di effetti, di elettronica, di tracce prese da film su un palco live? Avete difficoltà nel farlo?
AG: Ci sono un sacco di sovra-incisioni nel disco che non possono essere riprodotte uguali, quindi ricorriamo a basi o suoniamo qualcosa di leggermente diverso dal registrato in studio.
Non avete paura che il pubblico che ha ascoltato il disco venga al concerto e rimanga stranito nel sentire qualcosa di diverso dall’album?
T: No, perché il disco non l’ha sentito nessuno!
Io ho ascoltato il disco e penso che abbiate una vena ironica molto marcata e divertente, che è evidente nel primo singolo uscito, Amore Demodé. Oggi ragionavo sul fatto che nella canzone citate Myspace, ma tra vent’anni, quando qualcuno ascolterà la canzone, non capirà assolutamente niente di quello di cui state parlando! La vostra canzone diventerà inevitabilmente demodé!
T: Beh questo è il paradosso intrinseco in questa canzone. Infatti abbiamo fatto in modo che uscisse il prima possibile perché tra un po’ non avrebbe più avuto senso!
Potevate fare una canzone su Tinder, non ci avete pensato? In Amore demodé parlate della visione dell’amore in generale, oppure fate riferimento ad una storia precisa, a qualcosa che vi è successo personalmente?
T: No, niente di particolare, c’è un concetto di amore abbastanza generale. È un po’ spuntare nel piatto in cui si ha mangiato, visto che il nostro batterista viene da Myspace! Le mode si muovono in fretta, bisogna stargli dietro. Il paragone con la storia d’amore di cui parliamo sta nel fatto che questa è talmente impossibile che risulta anacronistica!
Che mi dite del video? Lo avete ideato voi o vi siete fatti aiutare?
T: In parte lo abbiamo pensato noi e in parte il regista Luca Giazzi. Lo abbiamo realizzato insieme a Giulia Valerio, una nostra amica che vive a Londra. Luca in quel periodo era lì, così abbiamo preso due piccioni con una fava.
Ma la vera domanda è: nel video, è lei che va controsenso o è il resto del mondo che cammina al contrario?
T: Non si sa! L’obiettivo è porre delle domande, poi è chi lo guarda e trovare la sua risposta. E se non le trova… sono fatti suoi!
Li avete visti i commenti al video? C’è di tutto: chi vi osanna per immagini e musica, chi critica il primo ma non la seconda e chi, invece, dice che entrambi sono pessimi. Come avete reagito e come reagite in generale alle critiche?
T: È giusto. La democrazia è questo, lo dobbiamo accettare. È il potere di internet: tutti possono dire quello che pensano.
AM: Io preferisco una critica sincera da un amico, piuttosto che qualcuno che mi fa i complimenti ma poi pensa il contrario. E si capisce se una persona mente.
Come fai a capirlo? Magari qualcuno ti fa un falso complimento solo per avere il disco gratis da portare a casa
AM: Togliamo questa speranza: non è vero che regaliamo dischi!
T: Lavorando in ufficio stampa ti posso dire con sicurezza che, se nelle recensioni vogliono essere spietati, riescono a farlo. Quindi non ci sono gran motivi per mentire, anche se gli regali il disco. Comunque, l’importante è che se ne parli, come diceva Oscar Wilde
Sempre parlando dei commenti e delle visualizzazioni del video, com’è fa sapere che ci sono persone nel mondo ad averlo visto e ad aver ascoltato il vostro pezzo? Così come vedere gente sotto al palco ad un vostro concerto che magari canta anche le canzoni. Che effetto fa?
AG: Beh, calcolando che la maggior parte del tempo hai la luce negli occhi e questa cosa non la percepisci…
T: È bello vedere MIGLIAIA di visualizzazioni! Se al concerto c’è casino lo percepisci ed è una figata. Poi se becchi anche qualcuno che canta tra il pubblico, lì sei arrivato in cima proprio!
Vi è successo invece di toppare qualche live? Che si fa in quei casi? Si torna a casa e si discute per capire quale sia stato il problema?
T: In quei casi si suona, perché siamo dei professionisti! Come fosse una prova, ma in pubblico. Le discussioni capitano raramente, perché la maggior parte delle volte non è colpa nostra! E poi è raro che la gente venga al locale per sentire proprio noi, perché non siamo nessuno e, a parte gli amici, non è che siamo così conosciuti…
Beh scusate, ma se la pensate così, che cazzo suonate a fare?
AM: Non possiamo decidere di suonare solo davanti a 100.000 persone! Si comincia così, con un pubblico fatto di amici e amici di amici che se va bene son contenti, altrimenti dici: “meno male che non ce n’erano 100.000!”
E come si fa a crescere, a salire?
AG: Il primo album è un trampolino; dal secondo magari cominci ad avere un po’ di seguito
Quindi state già pensando al secondo disco?
T: Si, si! Stiamo lavorando ai pezzi nuovi, ne abbiamo 5/6 in cantiere
Avete già delle prossime date?
T: Manda una letterina Papa Francesco per farci suonare a Roma! Comunque no, perché passeremo l’estate a provare i nuovi pezzi, ma magari per agosto salta fuori qualche data
Solitamente io chiudo le interviste chiedendo qual è l’ultimo concerto a cui siete andati. Nel vostro caso, vista la forte passione per il cinema, vi chiedo anche qual è l’ultimo film che avete visto.
T, AC: Bluvertigo a Monza. Bello!
AM: Io non sono un grande fan dei concerti, devo dire la verità, perché odio la massa, sono agorafobico!
G: Io dico un film a sto punto, anche perché sarà un anno che non vado ad un concerto, tranne che per il live dei The Giornalisti. Ultimo film: Interstellar. Ho pianto dall’inizio alla fine; il pezzo in cui torna dopo vent’anni è struggente!