di Gianluca Clerici
Si chiama Beppe Tranquillino. Si chiamano Misero Spettacolo. Quando la canzone d’autore allenta la presa sul romanticismo canonico di belle donne e virtù nobili, di vita insieme e fiori regali. Insomma quando la canzone d’autore diventa canzone di popolo, canzone partigiana, canzone che canta il giorno che incontriamo ogni giorno. La società, quella comune, il nostro governo, il consumismo, le costrizioni e le manipolazioni. Il pensiero di Piero Paolo Pasolini in bella mostra dietro il grande mosaico di questo nuovo disco dal titolo “Porci, Pecore e Pirati”. Aspettando un video ufficiale fermiamo Beppe Tranquillino e chiediamo a lui il punto di vista sulle domande di Just Kids Society:
Fare musica per lavoro o per se stessi. Tutti puntiamo il dito alle seconda ma poi tutti vorremmo che diventasse anche la prima. Secondo te qual è il confine che divide le due facce di questa medaglia?
Credo sinceramente che il confine sia molto labile. Fare qualcosa per se stessi significa fare qualcosa che amiamo fare e che ci fa star bene. Star bene significa essere in armonia con se stessi in tutto ciò che facciamo durante la nostra quotidianità. Il nostro lavoro è parte della quotidianità, viene fortemente influenzato da tutto ciò che appartiene alla nostra quotidianità e quindi riuscire a vivere di ciò che amiamo fare è una condizione necessaria per star bene con se stessi. Fare musica è a tutti gli effetti un lavoro anche se ha a che fare con la sfera artistica. La musica è comunicazione, cultura e quindi appartiene alla quotidianità di tutti gli esseri umani. C’è chi ne fruisce e chi anche la fa.
Crisi del disco e crisi culturale. A chi daresti la colpa? Al pubblico, al mercato, alle radio o ai magazine?
Questo è un tema molto vasto e difficile da sintetizzare in poche righe. Personalmente credo che la colpa sia di tutti e di nessuno. E’ senz’altro un problema di formazione culturale che andrebbe scovato in radici troppo profonde: la mancanza di curiosità è figlia di una mancata educazione alla curiosità. Questa potrebbe essere una colpa imputabile al pubblico ma c’è anche un rovescio della medaglia. “El pueblo entiende la poesia… purchè ce ne sia” cantavano i Mercanti di Liquore. Sinceramente credo che di “poesia” ce ne sia un bel po’. Troppa poesia rimane nascosta e confinata tra cantine e underground, viene dato poco spazio alle realtà piccole, popolari ed indipendenti che molte volte hanno da dire molto di più del mainstream e lo fanno anche molto bene. Ma detto ciò, anche se è palese uno sforzo da parte di molti magazine e radio, la colpa resta radicata in un ambiente culturale asettico e spesso pilotato verso un’omologazione culturale. Detto ciò non sono un cinico catastrofico ma, al contrario, credo che potrebbe esserci presto un terreno fertile per una vera e propria inversione di marcia
Secondo te l’informazione insegue il pubblico oppure è l’informazione che cerca in qualche modo di educare il suo pubblico?
In relazione a tutto ciò che ci siamo appena detti, credo si tratti di un cane che tenta in qualche modo di acchiapparsi la coda tra i denti. L’informazione cerca di educare il suo pubblico a monte; il pubblico, convinto della sua libertà di pensiero, si illude di carpire e cercare informazioni libere e vere e a sua volta l’informazione, dopo aver formato culturalmente il suo pubblico, lo insegue fornendogli quella cultura che lo stesso pubblico, ormai omologato ed ignaro delle strategie, richiede.
La tua e al vostra musica, un bel folk d’autore tinto di pop. Al di la delle etichette, pensiate che la sua forma stilistica si arrende al mercato oppure cerca altrove un senso? E dove?
Mi auguro di cuore che la nostra “forma stilistica” non si arrenda mai al “mercato” inteso nel suo senso lato. Spero non passi mai, per quanto ci riguarda, l’idea che la nostra musica segua le logiche di domanda e offerta, di acquirenti e venditori, ma che invece tocchi e faccia vibrare delle corde invisibili e profonde dell’essere umano. Che solleciti il pensiero, il piacere sensoriale e non il piacere del banale edonismo commerciale e consumistico.
Naturalmente facciamo musica perchè vorremmo che tutti ascoltassero quello che abbiamo da dire, ci piacerebbe arrivare nelle orecchie e nei pensieri di più gente possibile ma posso assicurarti che lo facciamo con purezza e convinzione, lontani da qualsiasi strategia immaginabile. Ci piace fare quello che facciamo e come lo facciamo, senza nessun tipo di strategia a monte! Ci piace fare musica, non calcoli o statistiche!
Ormai di carriera alle spalle c’è ed è anche ricca di riscontri. La vera grande difficoltà di questo mestiere?
In realtà penso che la vera grande difficoltà sia per l’appunto, come dicevamo prima, un insieme di cose. Difficile da ammettere, ma la verità è che per fare musica ed arrivare al pubblico, non basta fare musica e aspettare che qualcuno si incuriosisca e ti cerchi in rete. Ahimè essere oggi musicisti richiede molto tempo, sacrifici e notevoli investimenti economici. Prima di tutto bisogna coltivare la propria formazione, non smettere mai di studiare, preservare e fare manutenzione dei propri strumenti di lavoro. Poi bisognerebbe cercare tempo, voglia e stimoli per creare e ahimè tutto ciò necessita altri investimenti. Ambire ad una qualità ha un suo ulteriore costo. Ogni step raggiunto svela nuovi step e nuovi costi. La promozione stessa ha un costo ed è proporzionale rispetto all’investimento. Insomma, oggi i musicisti, e non solo, hanno troppe spese vive da sostenere… e purtroppo lavorativamente è un “mestiere/arte” sottostimato e sottopagato tanto da rischiare che l’investimento spesso e volentieri risulti più alto del mero guadagno!
E se avessi modo di risolvere questo problema, pensi che basti? Nel tuo e nel vostro caso specifico?
No, non credo che basti risolvere le difficoltà economiche. Senza dubbio devi piacere al pubblico, devi avere qualcosa da dire, lo devi fare bene e soprattutto lo devi fare con il cuore. Insomma devi farlo perchè è necessario per te e non solo. Lo devi fare solo se è una tua esigenza viscerale e solo se hai davvero qualcosa da dire per cui ne valga la pena ascoltarti. Tutto questo credo sia necessario per arrivare dritti al cuore delle persone senza sovrastrutture. Puri e veri!
Nel nostro caso specifico? L’ardua sentenza a chi ci ascolterà!
Finito il concerto di Misero Spettacolo: secondo te il fonico, per salutare il pubblico, che musica di sottofondo dovrebbe mandare?
Di sottofondo potrebbe mandare qualunque musica purchè sia Musica. E’ davvero tanta la musica che ammiriamo, ascoltiamo e sentiamo vicina al nostro mondo. Se fosse più presente di un sottofondo, chiederei della musica con dei forti contenuti letterari che sentiamo più vicini a noi in questo momento… ma anche qui sarebbero troppi i nomi da elencare!… Se avessimo invece fatto uno dei nostri spettacoli più musico-teatrali, magari chiederei di salutare il pubblico con degli omaggi al cinema e alle colonne sonore che lo hanno commentato, magari con dei chiari riferimenti alle musiche che Pasolini sceglieva di sincronizzare sui suoi film, dal momento che l’intero ultimo nostro disco è una rilettura del pensiero pasoliniano in chiave Misero Spettacolo. Perchè no?
Ma francamente… l’importante è che sia musica… o perchè no, che sia silenzio, necessario al pubblico per poter pensare o anche chiacchierare dopo aver visto un concerto… Così poi magari, alla fine potrebbero sentire nostalgia della nostra musica e accorrere subito al nostro prossimo concerto!!! … hi hi hi hi… Scherzo… ma non troppo!!!